“Stiamo vivendo un momento estremamente rilevante per il diabete autoimmune, grazie alla grande quantità di dati che stanno emergendo sulla prevenzione, sull’immunoterapia e sul beta cell replacement”: ad assicurarlo è la Prof.ssa Raffaella Buzzetti, Presidente della SID, la Società Italiana di Diabetologia. Non è un caso, dunque, se quest’anno il diabete di tipo 1 abbia occupato un ruolo da protagonista nel programma scientifico del Congresso EASD. L’appuntamento scientifico, infatti, ha evidenziato come la ricerca stia accelerando verso strategie innovative non solo per prevenire la malattia, ma anche per migliorare concretamente la vita quotidiana di chi convive con la diagnosi.
INNODIA E LA COORDINAZIONE DEGLI STUDI CLINICI
Un’intera giornata è stata dedicata a INNODIA, il consorzio internazionale che riunisce università, ospedali, aziende farmaceutiche e associazioni di pazienti. “INNODIA svolge un ruolo fondamentale nel coordinare gli studi clinici sul diabete di tipo 1 – spiega Buzzetti – e quest’anno ha presentato diversi trial clinici di fase 2 e 3 che aprono prospettive molto interessanti”. L’immunoterapia è uno dei campi più promettenti. “Oltre al teplizumab, utilizzabile come uso compassionevole nello stadio 2 della malattia, caratterizzato da disglucemia e presenza di almeno due autoanticorpi, ci attendono novità importanti”, sottolinea la Presidente SID.
I TRIAL ‘PROMETTENTI’
Nel corso del Congresso si è svolto un simposio dedicato a due trial di immunoterapia commentati dal Prof. Francesco Dotta: MELD-ATG, con anti-thymocyte globulin a basso dosaggio, e VER-A-T1D, che impiega il verapamil, un calcio-antagonista già utilizzato in cardiologia. “Entrambi i trial hanno mostrato risultati promettenti per le persone con una recente diagnosi di diabete di tipo 1”, commenta Buzzetti. Un altro tema chiave è il beta-cell replacement, il trapianto di cellule β. “I progressi compiuti rappresentano un vero cardine e una speranza concreta per chi convive già con il diabete tipo 1 – spiega la Prof.ssa Buzzetti – il prossimo obiettivo è ridurre fino a sospendere la necessità di immunosoppressione”.
SGLT2-INIBITORI E GLP1-AGONISTI NEL DIABETE TIPO 1
“Con l’incremento del sovrappeso e dell’obesità in questa forma di diabete autoimmune – continua Buzzetti – SGLT2-inibitori e GLP1-agonisti possono avere un impatto positivo, contribuendo anche a ridurre le complicanze macrovascolari“. Sul tema è stata dedicata una spotlight session del congresso, che ha evidenziato come questi farmaci possano integrare le terapie tradizionali.
LADA, IL DIABETE AUTOIMMUNE DELL’ADULTO
Una sessione moderata dalla Prof.ssa Buzzetti ha affrontato LADA (Latent Autoimmune Diabetes in Adults). “Il diabete autoimmune dell’adulto riguarda circa il 50 per cento delle persone con diabete autoimmune, ossia quelle con diagnosi dopo i 30 anni – spiega Buzzetti – i criteri diagnostici attuali risalgono a diversi anni fa e vanno aggiornati alla luce delle evidenze più recenti”. La Prof.ssa Tuomi, dell’Università di Helsinki, ha rappresentato LADA come una pecora “mezza bianca e mezza nera, a metà strada tra diabete tipo 1 e tipo 2”, sottolineando la complessità e la variabilità della patologia.
SCREENING E GESTIONE NELL’ADULTO
Il congresso ha dedicato spazio anche alla gestione del diabete tipo 1 nell’adulto, con centralità del dosaggio del C-peptide e l’annuncio di una nuova pubblicazione ADA/EASD prevista per l’inizio del 2026. Inoltre, più sessioni hanno trattato lo screening del diabete di tipo 1 nei bambini, ambito in cui l’Italia è pioniera grazie alla Legge 130. “Siamo in attesa dei decreti attuativi – conclude Buzzetti – e presto lo screening sarà implementato su tutto il territorio nazionale”.
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