Per la prima volta, il diabete colpisce più gli uomini che le donne. Secondo i dati diffusi da Istat, nel 2023 la prevalenza della malattia è risultata maggiore nel genere maschile in tutte le fasce d’età a partire dai 45 anni, con un divario particolarmente evidente tra i 65 e i 74 anni (19 per cento contro 12,2 per cento). Un’inversione netta rispetto a vent’anni fa: nel 2003 il 13,1 per cento degli uomini e il 14,9 per cento delle donne aveva il diabete, mentre nel 2023 le percentuali sono salite al 20,5 e al 15,6 per cento rispettivamente. Secondo gli esperti, questo cambiamento riflette diversi fattori, tra cui la maggiore aspettativa di vita maschile e l’aumento di obesità e sovrappeso tra gli uomini.

OBESITÀ E SEDENTARIETÀ: IL BINOMIO PIÙ PERICOLOSO

Sedentarietà e obesità continuano a rappresentare le due principali minacce per la salute metabolica. Tra le persone che presentano entrambe le condizioni, il 21,8 per cento è anche affetto da diabete. La percentuale scende al 12,5 per cento tra chi è sedentario ma non obeso, e al 9,3 per cento tra chi conduce una vita attiva e ha un peso nella norma. Numeri che confermano quanto gli stili di vita contino nella prevenzione e nella gestione della malattia.

PIÙ ANZIANI, MA ANCHE PIÙ CASI TRA I GIOVANI

In Italia si stimano circa 3,7 milioni di persone con diabete, pari al 6,3 per cento dell’intera popolazione e al 7,7 per cento degli adulti. Come noto, la prevalenza cresce con l’età: raggiunge il 15,5 per cento tra i 65 e i 74 anni e supera il 20 per cento tra gli over 85. Tuttavia, non è solo l’invecchiamento a spiegare la crescita dei casi: anche standardizzando per età, si registra un aumento del 27 per cento rispetto all’inizio degli anni Duemila. Allarmante è anche l’incremento tra i giovani adulti, un segnale che invita a rafforzare le strategie di prevenzione precoce.

LE DISUGUAGLIANZE CHE PESANO SULLA SALUTE

Il Report “Dati in Italia: dati, disuguaglianze, azioni”, presentato all’Italian Barometer Diabetes Summit, evidenzia come il diabete sia strettamente legato anche ai fattori sociali. Condizioni economiche, livello di istruzione e area geografica influenzano in modo significativo la diffusione e la gestione della patologia, disegnando un’Italia ancora divisa. Servono quindi interventi mirati e politiche sanitarie inclusive, capaci di ridurre i divari e garantire equità di accesso alle cure e alla prevenzione.

PREVENIRE LE COMPLICANZE SI PUÒ

Il diabete può causare gravi complicanze cardiovascolari, renali, oculari e neurologiche, ma la prevenzione resta la prima difesa. Come sottolinea Paolo Sbraccia, presidente dell’IBDO Foundation, “la prevenzione, la diagnosi precoce e l’educazione dei cittadini sono strumenti chiave per contrastare la malattia, in gran parte legati all’impegno individuale negli stili di vita”. Un messaggio che ribadisce l’importanza di promuovere comportamenti salutari fin dall’età giovanile.

IL QUADRO MONDIALE

Anche a livello globale il diabete continua a crescere: la prevalenza è passata dal 7 per cento nel 1990 a oltre il 14 per cento nel 2022, e quasi la metà dei casi non viene diagnosticata. In Italia, circa il 90 per cento delle diagnosi riguarda il diabete di tipo 2, che oggi colpisce non solo gli anziani e le persone con obesità o sindrome metabolica, ma anche adolescenti e giovani adulti.

UNA SFIDA COLLETTIVA

I rappresentanti delle istituzioni e delle società scientifiche intervenuti al Summit – tra cui Roberto Pella e Daniela Sbrollini – hanno ribadito che diabete e obesità sono vere emergenze sociali, oltre che sanitarie. Servono alleanze tra politica, sanità e cittadini per promuovere una cultura della prevenzione, ridurre le disuguaglianze e costruire un sistema più equo e sostenibile. Anche il contributo delle aziende è fondamentale, come sottolinea Alfredo Galletti di Novo Nordisk Italia, “l’obiettivo è portare un cambiamento concreto nella cura del diabete e migliorare la qualità della vita delle persone”.

 

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