Il diabete in città grandi è più diffuso che nelle campagne e nei piccoli centri: si tratta di una tendenza che riguarda non soltanto l’Italia, ma tutto il mondo, e che dipende non semplicemente dalla concentrazione di popolazione da un punto di vista quantitativo numerico, ma anche, in larga parte, dai modi di vita prevalenti nelle realtà urbane. Questo per ciò che concerne la forma di diabete più frequente, il diabete di tipo 2, la cui insorgenza è legata anche ad abitudini, comportamenti e stili di vita non corretti. È un fenomeno che viene definito “diabete urbano” (ne abbiamo parlato ampiamente qui).
L’Organizzazione mondiale della sanità sottolinea che le patologie non trasmissibili -tra cui il diabete è una delle più importanti- sono la causa di oltre i due terzi delle morti nel mondo (circa 36 milioni di persone) e che una buona parte di queste è riconducibile a rischi legati all’urbanizzazione, a causa di stili di vita scorretti tipici della vita cittadina, come l’inattività fisica, responsabile di obesità e diabete, correlati al rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e tumori. Da qualche anno la popolazione mondiale urbanizzata ha superato quella non urbanizzata e oltre tre miliardi di persone vivono in grandi metropoli e, secondo l’Oms, la tendenza è verso un aumento ulteriore nei prossimi anni.
In Italia il 52% delle persone con diabete vive nelle quattordici città metropolitane. Le percentuali più alte rispetto alla popolazione totale si riscontrano a Napoli e a Roma.
Anche in Italia risulta confermata la problematica della vita urbana poco salutare, in particolare in relazione al diabete. Secondo dati Istat, elaborati dall’Health City Institute (un istituto no profit specializzato che si occupa appunto della salute nelle città), infatti, in Italia il 52% delle persone con diabete risiede nelle 14 città metropolitane, cioè nelle realtà urbane più grandi. Si tratta di Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Bari, Catania, Firenze, Bologna, Venezia, Genova, Messina, Reggio Calabria e Cagliari.
In cifre assolute le città più colpite sono Roma, con oltre 286mila persone con diabete, e Napoli, con oltre 208mila. Milano è la città con il maggior numero di diabetici dell’Italia settentrionale con oltre 144mila pazienti, mentre Torino ne conta 120mila.
Un’idea più precisa della diffusione è data dalle percentuali, che ci rivelano come a Napoli si registri il livello più alto, con il 6,7% degli abitanti affetti da diabete. A Roma è il 6,6% dei residenti nella città e nell’area metropolitana. A Torino si arriva al 5,2%, a Milano al 4,5%.
I dati di Napoli e Roma sono superiori alla media nazionale di diabete noto ricavata su base Istat (5,4%), ma anche a quella, più elevata (6,34%), stimata da indagini citate dal Rapporto Arno-Diabete 2017 di Cineca e Sid.
Il problema diabete urbano è quindi di crescente rilevanza: a questo è stato dedicato recentemente un convegno a Roma, il terzo Health City Forum, promosso da Italian Barometer Diabetes Observatory (Ibdo) Foundation, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Health City Institute, Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, I-Com – Istituto per la Competitività e Cities Changing Diabetes, allo scopo di studiare la situazione e i modi di farvi fronte.
Purrello (Sid): “Il diabete e l’obesità, responsabili anche di un aumento del rischio cardiovascolare, costituiscono un serio problema per le città. Basti pensare al fatto che il 65% delle persone con diabete vive in ambiente urbano e ben il 44% di tutti i casi di diabete tipo 2 è attribuibile proprio all’obesità e al sovrappeso”.
Il presidente della Sid Francesco Purrello inquadra così la questione: “Patologie come il diabete e l’obesità, responsabili anche di un aumento del rischio cardiovascolare, costituiscono un serio problema per le città. Basti pensare al fatto che il 65% delle persone con diabete vive in ambiente urbano e ben il 44% di tutti i casi di diabete tipo 2 è attribuibile proprio all’obesità e al sovrappeso, malattie legate soprattutto agli stili di vita scorretti. Questi dati sono ancora più preoccupanti se si considera che il rischio complessivo di morte prematura raddoppia ogni 5 punti di crescita dell’indice di massa corporea: una persona con diabete e sovrappeso ha quindi un rischio raddoppiato di morire entro 10 anni, rispetto a una persona con diabete di peso normale, e una persona con diabete e obesa addirittura un rischio quadruplicato. Per non parlare poi del fatto che quella che viene definita diabesità è strettamente legata alla principale causa di morte in assoluto: le malattie cardiovascolari. Infatti, la prevalenza delle malattie cardiovascolari nel diabete, ossia il numero di persone con diabete che vanno incontro nella loro vita ad almeno un evento cardiovascolare, è del 23,2%: in pratica una su 4”.
Secondo Domenico Mannino, presidente della Associazione medici diabetologi (Amd), “il problema non può più essere sottovalutato, tanto più considerando la crescita costante della popolazione urbana mondiale, che ogni anno aumenta di circa 60 milioni di persone. Secondo l’International diabetes federation, nei prossimi 25 anni 3 persone con diabete su 4 vivranno nelle città. È tempo quindi di pensare diversamente la nostra vita e di cambiare i nostri comportamenti come cittadini, ma anche di fare in modo che i centri urbani siano più salutari”.
Uno dei problemi cruciali della vita in città è che non incoraggia l’esercizio fisico regolare, che può essere considerato come un’attività essenziale per mantenere buona salute, prevenire patologie e, nel caso del diabete, come uno strumento terapeutico. Una delle prime sfide da affrontare è far sì che le persone che vivono in città possano e riescano a fare più movimento nella loro vita di tutti i giorni. Un impegno tutt’altro che facile, che coinvolge singoli, comunità e istituzioni, che implica cambiamenti strutturali e sociali, ma assolutamente necessario.