In Italia la cura del piede diabetico, una delle principali complicanze della patologia, non è fornita in modo uniforme sul territorio nazionale. La Società italiana di diabetologia ha svolto un’indagine specifica sui centri per la cura del piede diabetico, verificando che esistono ancora troppe differenze tra una Regione e l’altra.
Purrello (Sid): “La presenza di ambulatori dedicati alla prevenzione e al trattamento del piede diabetico è molto disomogenea nel nostro Paese. Sono poche le Regioni in cui i team sono completati dalla presenza del podologo. Queste differenze regionali dovrebbero essere eliminate”.
Commenta il presidente della Sid Francesco Purrello: “La presenza di ambulatori dedicati alla prevenzione e al trattamento del piede diabetico è molto disomogenea nel nostro Paese. Sono poche le Regioni in cui i team sono completati dalla presenza del podologo. Queste differenze regionali dovrebbero essere eliminate”.
In particolare, l’inchiesta condotta dalla Sid ha rilevato queste situazioni.
• Allo stato attuale, nonostante la sindrome del piede diabetico sia una complicanza che colpisce fino al 15% della popolazione diabetica, la distribuzione di ambulatori podologici nei Centri di diabetologia italiani è tuttora a macchie di leopardo, anche se in lieve aumento rispetto alla precedente indagine Sid del 2016
• Dai dati raccolti è emerso che nelle Regioni Friuli Venezia Giulia e Liguria il 100% dei centri diabetologici effettua ambulatorio podologico; nelle Regioni Marche, Piemonte, Valle D’Aosta, Toscana e Umbria il 75% del totale; in Emilia Romagna il 50%; le restanti Regioni, infine, hanno un ambulatorio podologico dedicato solo nel 25% dei centri di diabetologia
• Per quanto riguarda la presenza del podologo all’interno dei servizi, dodici Regioni su venti (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Marche, Umbria, Lazio, Toscana e Sicilia) dichiarano di avere un podologo dedicato part time o full time, ma solo nella minor parte degli ambulatori di diabetologia; mentre la maggior parte dei centri non presenta questa figura professionale all’interno del team multidisciplinare; solo nelle Regioni Liguria e Umbria nella totalità degli ambulatori podologici è presente un podologo dedicato.
Sono carenze che andrebbero superate, perché riguardano una complicanza del diabete grave e frequente, che può e deve essere affrontata tempestivamente e sistematicamente da un team diabetologico multidisciplinare, senza disparità tra i cittadini.
Gli “Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018”, redatti dalla Società italiana di diabetologia e dalla Associazione medici diabetologi, ricordano che il piede diabetico (caratterizzato da “ulcerazione o da distruzione dei tessuti profondi che si associa ad anomalie neurologiche e a vari gradi di vasculopatia periferica”) è la prima causa di amputazione non traumatica degli arti ed è un frequente motivo di ricovero in ospedale per il paziente con diabete e che le amputazioni degli arti inferiori nell’85% dei casi sono precedute da un’ulcera.
Gli Standard per la cura del diabete mellito 2018 di Sid e Amd sottolineano che un accurato screening per il piede diabetico, che consenta di trattare precocemente eventuali lesioni, riduce il rischio di amputazioni.
Gli Standard riportano inoltre che, secondo le stime dell’Internationa working group on diabetic foot, la probabilità di un soggetto con diabete di incorrere in una lesione al piede nell’arco della propria vita è del 15%. I dati dicono inoltre che soltanto i due terzi delle ulcere del piede guariscono, mentre il 28% può comportare la necessità di amputazione, minore o maggiore.
D’altra parte, sottolinea il documento delle due società scientifiche, “un accurato screening per il piede diabetico, che consenta di trattare precocemente le lesioni eventualmente presenti, è in grado di ridurre il rischio di amputazioni maggiori”.
Fondamentale è quindi che siano fatti visite ed esami regolari e accurati con la opportuna frequenza e in strutture adeguatamente predisposte, tenendo particolarmente sotto controllo i soggetti più a rischio: se, per esempio, (come indicano le linee guida dell’Internationa working group on diabetic foot, citate dagli Standard) il rischio è considerato “basso” (in assenza di neuropatia sensitiva), i controlli possono essere fatti una volta l’anno (ogni dodici mesi); quando è “medio” (in presenza di neuropatia sensitiva) l’indicazione è di controlli ogni sei mesi; se è definito “alto” (quando il paziente ha neuropatia sensitiva, segni di arteriopatia periferica e/o deformità ai piedi) si scende a tre mesi; se invece il rischio è “altissimo”, come nel caso di pazienti che abbiano già avuto un’ulcera, i controlli devono essere frequenti, ogni 1-3 mesi.
Gli Standard informano che i dati epidemiologici indicano che i pazienti a maggiore rischio di lesioni al piede sono di sesso maschile, fumatori, con diabete di tipo 2, età più avanzata, minor grado di obesità e maggiore durata del diabete.
Ulteriori fattori di rischio sono neuropatia somatica e/o con arteriopatia obliterante agli arti inferiori, ipertensione, retinopatia e nefropatia diabetica, scarso controllo glicemico, pregresse ulcerazioni, presenza di callosità ai piedi e uso di calzature inappropriate.
Di piede diabetico abbiamo parlato più volte sul nostro sito, per esempio qui.
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