Nel diabete post-Covid cambieranno le strategie di assistenza e cura? La tecnologia giocherà un ruolo maggiore proprio sulla scia delle problematiche poste dall’epidemia? Di questo tema ha discusso il recente webinar (convegno via internet) promosso da Motore sanità, dedicato proprio alla necessità di nuovi modelli di assistenza nelle malattie croniche e in particolare nel diabete, che della cronicità rappresenta un paradigma.
Diabete post-Covid: come cambieranno assistenza e cura? Esperti a confronto in un webinar promosso da Motore Sanità: il parere dei diabetologi.
All’evento hanno partecipato molti esperti per fare il punto su una situazione in evoluzione, nella quale la pandemia ha giocato un ruolo pesante: basti pensare alle oltre cinquecentomila visite diabetologiche che ha fatto saltare, come denunciato da Amd e alle probabili conseguenze negative sulla aderenza dei pazienti alla terapia (di questi temi abbiamo parlato, per esempio, qui)
Il diabete post-Covid si trova quindi di fronte ai problemi che aveva prima, ma accresciuti dall’effetto Coronavirus. Lo ha spiegato, intervenendo nel corso del webinar di Motore Sanità, il diabetologo Agostino Consoli (Sid), ordinario di Endocrinologia al Dipartimento di Medicina e Scienze dell’Invecchiamento dell’Università Chieti-Pescara.
Consoli (Sid): “È ora di abbattere completamente le barriere tra la medicina generale e la medicina specialistica, realizzando nei fatti e nella pratica (e non solo nelle parole), attraverso la piena e intelligente utilizzazione di tutti i mezzi tecnologici e informatici disponibili, quella gestione integrata che è l’unica risposta possibile alle necessità contingenti”.
“Lo tsunami della pandemia non solo non ha, ovviamente, cancellato le ingenti problematiche delle malattie croniche, ma le ha pesantemente aggravate. Se prendiamo specificamente l’esempio della malattia diabetica, già in epoca pre-pandemia la crescente prevalenza della malattia aveva messo a nudo la impellente esigenza di “inventare” e sperimentare nuove forme di presa in carico e di assistenza. Questa esigenza è divenuta ora necessità imprescindibile e a essa ci stiamo faticosamente ma rapidamente adeguando. È ora quindi di rompere gli indugi e abbattere completamente le barriere tra la medicina generale e la medicina specialistica, realizzando nei fatti e nella pratica (e non solo nelle parole), attraverso la piena e intelligente utilizzazione di tutti i mezzi tecnologici e informatici disponibili, quella gestione integrata che è l’unica risposta possibile alle necessità contingenti. Tra i pilastri di questa gestione integrata va annoverato anche un sapiente uso della telemedicina, “ritagliato” sulle necessità e sulle attitudini della persona con diabete. Con il virus stiamo imparando a convivere, e forse, purtroppo, dovremo convivere per diverso tempo. È imperativo ridurre gli spostamenti e aumentare le distanze: ma facendo viaggiare i dati e non i pazienti stiamo riuscendo a restare ‘vicini’ (come impone la cura di una malattia come il diabete) senza sacrificare la sicurezza”.
Di Bartolo (Amd): “In questi mesi c’è stato un forte ricorso alla telemedicina e quindi all’uso di teleconsulti. Questa sarà un’opzione che dovremo continuare a utilizzare e implementare, ma non può essere l’unica opzione”. La telemedicina “è parte di un percorso ben più ampio che deve prevedere la ripresa delle visite erogate anche in presenza”.
Anche il presidente dell’Associazione medici diabetologi Paolo Di Bartolo, è intervenuto al webinar. di Motore Sanità.
“È necessaria -ha detto- una piena ripartenza dell’assistenza sanitaria per le persone che vivono con cronicità, anche se la diabetologia non ha di fatto interrotto la continuità assistenziale, ma è riuscita, con risposte diverse nel territorio nazionale, a garantire una presenza e quindi un flusso di assistenza che è continuato, seppur rallentato. In questi mesi c’è stato un forte ricorso alla telemedicina e quindi all’uso di teleconsulti. Questa sarà un’opzione che dovremo continuare a utilizzare e implementare, ma non può essere l’unica opzione, perché ci siamo accorti come questo tipo di assistenza ponga delle difficoltà e abbia dei limiti, come il rischio dell’inerzia terapeutica. Non dimentichiamoci che la telemedicina è parte di un percorso ben più ampio che deve prevedere la ripresa delle visite erogate anche in presenza. Importante per il percorso di cura del diabete sono poi i nuovi farmaci. Si tratta di farmaci che hanno mostrato sicurezza, ma anche la capacità di cambiare la storia del diabete di tipo 2. Sono farmaci che fino a oggi sono stati prescritti con piani terapeutici che solo lo specialista poteva erogare e questo è un tema che deve essere velocemente affrontato. Non possiamo chiedere a pazienti fragili di frequentare i luoghi di cura, ove il rischio di contagio è elevato, solo per atti amministrativi quali il rinnovo o rilascio del piano terapeutico”.