Il diabete in Italia riguarda il 5,8% della popolazione: la percentuale era del 3,8% vent’anni fa. Queste prime cifre già danno l’idea di quanto la diffusione della patologia proceda a passo veloce (e si tratta di dati che riguardano il diabete accertato e diagnosticato e non comprendono il fenomeno del diabete ignoto, non precisamente quantificabile, ma rilevante secondo attendibili stime).
In vent’anni la diffusione del diabete in Italia è passata dal 3,8% al 5,8% della popolazione. Calabria, Sicilia e Campania le Regioni più vulnerabili. I dati del XIV rapporto Ibdo.
La quattordicesima edizione dell’Italian Diabetes Barometer Report, realizzato da Italian Barometer Diabetes Observatory (Ibdo) Foundation, in collaborazione con Istat e Coresearch, documenta la situazione del diabete in Italia, evidenziando che dal 2000 al 2019 le persone con diabete sono aumentate di circa il 60%. Siamo arrivati quindi a oltre tre milioni e mezzo di casi (a cui si dovrebbe aggiungere almeno un milione e mezzo di situazioni di diabete non diagnosticato).
L’espansione del diabete di tipo 2 è dovuta a molti fattori concomitanti
Perché in Italia e nel mondo il diabete si diffonde tanto facilmente e rapidamente? Il Rapporto Ibdo indica alcuni fattori determinanti nell’espansione del diabete di tipo 2, che costituisce la grande maggioranza dei casi: sedentarietà. obesità, poca attenzione a stili di vita salutari, invecchiamento della popolazione.
Sono concause che si riscontrano un po’ dappertutto in Italia, ma, ciononostante, permangono differenze regionali significative. Infatti, per esempio, alcune zone dell’Italia del sud sembrano più vulnerabili, come la Calabria, la Sicilia e la Campania.
Tasso di mortalità più elevato al Sud che al Nord
Osserva infatti Roberta Crialesi, dirigente del Servizio Sistema integrato salute, assistenza, previdenza e giustizia dell’Istat: “L’aumento della popolazione con diabete si riscontra in tutte le Regioni d’Italia, ma gli incrementi non sono stati omogenei su tutto il territorio. In particolare, rispetto al 2000, le prevalenze standardizzate aumentano maggiormente nelle regioni del Nord e del Centro (escluso il Lazio), che partivano da livelli più bassi. Per il Mezzogiorno fa eccezione la Sicilia, che passa dal 4,4% nel 2000 al 6,9% nel 2019. Le differenze regionali si mantengono particolarmente elevate nella popolazione anziana, oltre 15 punti percentuali la distanza tra Bolzano e la Calabria, dove la quota di anziani con diabete supera il 25% e il tasso di mortalità per diabete è superiore alla media nazionale”.
In generale, risulta che il tasso di mortalità per cause riconducibili al diabete sia più elevato al Sud che al Nord.
Un altro elemento interessante messo in luce da Ibdo è che la mortalità per diabete in Italia si caratterizza per un differente grado anche tra province di una stessa Regione. Infatti, in Piemonte i decessi per diabete rappresentano il 2,9% del totale, sotto la media nazionale del 3,5%, ma nella provincia di Vercelli il dato sale al 4,1% mentre a Torino scende al 2,5%. In Puglia, che ha una media regionale del 4,6%, si passa dal 5,6 di Taranto al 3,6 di Lecce.
Cucinotta (Ibdo): “Troppa disparità nell’accesso alle cure e ai trattamenti tra le varie Regioni italiane, ma anche tra le singole province di una stessa Regione”.
Una spiegazione di queste differenze la dà Domenico Cucinotta, coordinatore e editor dell’Italian Diabetes Barometer Report: “Questi dati indicano come ci sia ancora troppa disparità nell’accesso alle cure e ai trattamenti tra le varie Regioni italiane, ma anche tra le singole province di una stessa Regione, finendo per fornire un quadro non accettabile all’interno di un Servizio sanitario nazionale universalistico”. Purtroppo questa mancata omogeneità in materia di sanità in generale e di diabete in particolare è un problema che si trascina da anni, più volte denunciato (si veda, per esempio, qui) ma ancora irrisolto.
Nicolucci (Coresearch): “Un investimento nell’appropriatezza terapeutica e nell’assistenza specialistica ambulatoriale può rappresentare la chiave di volta per ridurre gli ingenti costi delle ospedalizzazioni, indice di complicanze del diabete. Solo il 9% della spesa riguarda i farmaci antidiabete; il 31% è legato alle terapie per le complicanze e le patologie concomitanti, mentre oltre il 40% è relativo al ricovero ospedaliero”.
Se aumentano le persone con diabete, cresce inevitabilmente il costo per le cure a carico del Servizio sanitario nazionale. Ma, come non si stancano di ripetere le associazioni dei diabetologi, il maggiore peso economico è attribuibile al trattamento delle complicanze e soprattutto ai ricoveri in ospedale. La prevenzione delle complicanze, ottenibile con diagnosi precoci e stretto controllo del compenso glicometabolico del paziente tramite la corretta terapia, non rappresenta in sé una forte spesa, specialmente se si riflette su quanto consente di risparmiare evitando le conseguenze di una patologia ignorata o trascurata.
Lo conferma Antonio Nicolucci, direttore di Coresearch: “Un investimento nell’appropriatezza terapeutica e nell’assistenza specialistica ambulatoriale può rappresentare la chiave di volta per ridurre gli ingenti costi delle ospedalizzazioni, a loro volta indice di complicanze del diabete. Solo il 9% della spesa riguarda i farmaci antidiabete; il 31% è legato alle terapie per le complicanze e le patologie concomitanti, mentre oltre il 40% è relativo al ricovero ospedaliero”.