Per le sue ricerche su cellule staminali e complicanze del diabete il professor Gianpaolo Fadini dell’Università di Padova ha ottenuto il Premio Minkowski, considerato il più importante riconoscimento europeo nell’ambito della ricerca sul diabete

Il professor Gianpaolo Fadini dell’Università di Padova ha ottenuto il prestigioso Premio Minkowski 2020 per le sue ricerche nell’ambito del diabete e in particolare del rapporto tra cellule staminali e complicanze del diabete.

Il Premio Minkowski (dal nome del medico lituano Oskar Minkowski) viene assegnato a Fadini in occasione del 57° congresso della Easd, European Association for the Study of Diabetes (il cui attuale presidente è il diabetologo italiano Stefano Del Prato), in corso in questo settembre in versione virtuale a causa del Coronavirus. La relazione (lettura) presentata da Fadini al congresso si intitola Should I stay or should I go? The bone marrow and stem cell traffic in diabetes’.

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Fadini (nella foto) si occupa di ricerca sul diabete da oltre vent’anni e ha in particolare approfondito il tema del ruolo delle alterazioni delle cellule staminali nelle complicanze vascolari del diabete.

Il frutto del lavoro suo e dei suoi collaboratori è descritto dallo stesso professor Fadini nei materiali diffusi alla stampa dalla Società italiana di diabetologia (Sid) in concomitanza con il congresso di Easd, ai quali qui facciamo riferimento.

Vi è una relazione tra alterazione delle cellule staminali e complicanze del diabete. Alcune cellule staminali possono trasformarsi in cellule ‘ripara-arterie’ e quindi rigenerare i vasi danneggiati, ma, spiega Fadini, “il danno vascolare che osserviamo nel diabete è determinato anche dal fatto che questi pazienti non riescono a rispondere ai danni provocati dall’iperglicemia sui vasi, rigenerando l’endotelio, il rivestimento interno delle arterie”. “Ci siamo resi conto che, nel diabete, a essere danneggiato è tutto il sistema delle cellule staminali”.

Dice dunque Fadini: “Tutto ha avuto inizio con un incontro col professor Angelo Avogaro, direttore della clinica di malattie del metabolismo dell’Università di Padova, presso la quale lavoro, e che mi affidò un argomento di ricerca allora nuovissimo, riguardante il fatto che alcune cellule staminali potevano trasformarsi in cellule ‘ripara-arterie’ e quindi rigenerare i vasi danneggiati. L’idea che il nostro organismo avesse una riserva di cellule del sangue in grado di riparare le arterie rappresentava una grandissima novità alla fine degli anni ’90. Abbiamo quindi cominciato a lavorare all’ipotesi che il danno cardiovascolare tipico del diabete potesse essere dovuto a un’alterazione di questi meccanismi di rigenerazione. E nell’arco dei successivi vent’anni siamo arrivati a questa conclusione: il danno vascolare che osserviamo nel diabete è determinato anche dal fatto che questi pazienti non riescono a rispondere ai danni provocati dall’iperglicemia sui vasi, rigenerando l’endotelio, il rivestimento interno delle arterie”. Quindi, da una parte l’iperglicemia danneggia i vasi, dall’altra i pazienti con diabete hanno una difficoltà a riparare questo danno.

Fadini: abbiamo scoperto “una nuova complicanza e cioè un danno a carico del midollo osseo, dove si trovano le cellule staminali deputate alla riparazione e rigenerazione di tutti gli organi e apparati del nostro organismo”.

“Ci siamo resi conto in seguito -argomenta il professor Fadini- che, nel diabete, a essere danneggiato è tutto il sistema delle cellule staminali e questo ha portato alla scoperta di una nuova complicanza e cioè un danno a carico del midollo osseo, dove si trovano le cellule staminali deputate alla riparazione e rigenerazione di tutti gli organi e apparati del nostro organismo. Studiando il midollo osseo abbiamo ritrovato un vecchio ‘amico’, la microangiopatia delle persone con diabete, la stessa che osserviamo nella retina o nel rene”. Questa alterazione fornisce probabilmente una spiegazione unificante alla comparsa contemporanea di vari gruppi di complicanze nel diabete. Il midollo osseo infatti può essere visto come un compartimento centrale che dovrebbe rifornire gli organi e i tessuti di cellule per aiutarli a mantenersi sani. Quando questo compartimento centrale viene colpito, come accade nel diabete, potrebbe contribuire allo sviluppo di queste gravi complicanze multi-organo tipiche del diabete.

Le possibili strategie terapeutiche da studiare

“Noi siamo riusciti a individuare alcuni meccanismi che provocano questi danni al midollo osseo -continua Fadini- e questo potrebbe aprire la strada a nuovi trattamenti. Di recente abbiamo testato due tipi di terapie. La prima che aiuta soprattutto i pazienti diabetici che devono andare incontro a un trapianto di midollo osseo, per una leucemia o un linfoma, per esempio. Abbiamo scoperto che la terapia standard non funziona nel paziente diabetico e abbiamo individuato invece un trattamento alternativo, inizialmente sviluppato per il trattamento dell’Hiv/Aids, che possiamo utilizzare in questi pazienti. Purtroppo questo trattamento non funziona, come avevamo sperato, nel facilitare la guarigione delle ulcere del piede diabetico, perché va a riparare solo uno dei tanti difetti del sistema delle cellule staminali della persona con diabete ed evidentemente questo non basta. Più interessante come target è lo stato infiammatorio che si osserva nel midollo di questi pazienti, perché se vengono rilasciate in circolo cellule staminali pro-infiammatorie, si rischia di andare a fare ancora più danno. Al momento stiamo testando su modelli animali una serie di strategie terapeutiche, in grado di favorire la riparazione delle arterie (carotide, arterie degli arti inferiori)”.

Ipotetici futuri trattamenti

I ricercatori veneti hanno individuato una serie di target molecolari che, spegnendo l’infiammazione midollare, riuscirebbero a evitare che vengano rilasciate in circolo queste cellule staminali con le ‘Molotov’, che, anziché riparare i vasi, come fanno invece le cellule ‘super Mario’ cioè le staminali sane, finiscono col danneggiarle ulteriormente. “Questo rappresenta un interessante bersaglio farmacologico -conclude Fadini- e all’Università di Padova abbiamo già brevettato uno di questi ipotetici futuri trattamenti. Si tratta di un anticorpo monoclonale diretto contro l’oncostatina M. Questo farmaco, oltre a favorire il rilascio delle cellule staminali, è anche in grado di renderle meno infiammatorie. Al momento è il trattamento più importante che abbiamo individuato e siamo molto fiduciosi per gli sviluppi futuri che potrebbero portare a terapie in grado di contrastare le gravi complicanze vascolari che si osservano nelle persone con diabete”.