La chirurgia bariatrica è considerata un intervento efficace in casi di obesità grave spesso associati a diabete di tipo 2. Un recente studio condotto da giovani ricercatori della Società italiana di diabetologia ha approfondito il tema e ha individuato un test genetico che, in prospettiva, permetterebbe di comprendere quali sono i pazienti a cui l’intervento farebbe perdere più peso e quelli che invece se ne gioverebbero di meno. Si apre così la possibilità -commenta la Sid- di selezionare le persone a cui la chirurgia bariatrica (o chirurgia dell’obesità) più può giovare, rimandando l’intervento su quelle per le quali si presenta meno efficace.

Secondo il primo firmatario della ricerca, Edoardo Vitolo, è importante individuare quei “marcatori” che consentono di identificare i pazienti che rispondono meglio all’intervento chirurgico (come il by pass gastrico – ne abbiamo parlato anche qui), perché non tutti riescono a perdere peso in misura significativa e a volte succede che lo recuperino e ciò non perché l’operazione non sia riuscita bene. I marcatori possono quindi aiutare i medici a capire quanto peso può perdere il paziente, se sottoposto a intervento, e valutare quindi se l’operazione è consigliabile o no.

Vitolo spiega quindi che scopo dello studio era “valutare l’influenza della presenza di alcune varianti genetiche sui risultati, in termini di perdita di peso, di un intervento di bypass gastrico”.

Lo studio, presentato al recente congresso dell’Easd (European association for the study of diabetes), si intitola “Genetic and circulating predictors of weight loss after bariatric surgery in severely obese individuals”, curato da E. Vitolo, Eleonora Santini, L. Giannini, C. Rossi, Anna Solini del Dipartimento di medicina clinica e sperimentale dell’Università di Pisa. Chi conosca la lingua inglese e volesse approfondire il tema può leggerne una sintesi qui.

Uno studio dell’Università di Pisa, condotto da ricercatori della Sid, ha mostrato che certe caratteristiche (polimorfismi) di alcuni geni sono associate a una maggiore o minore perdita di peso in persone obese sottoposte a intervento di chirurgia bariatrica.

La ricerca ha preso in esame 100 pazienti affetti da obesità grave, e li ha seguiti per un anno dopo l’intervento di chirurgia bariatrica. Di tutti è stato effettuato lo studio dei polimorfismi di alcuni geni (Grelina, Adiponectina e CD40) e valutato il peso corporeo a distanza di 6, 26 e 52 settimane dopo l’intervento. “In questo modo -spiega Vitolo- siamo riusciti a individuare un polimorfismo nel gene della Grelina e uno nel gene del CD40L che si associano rispettivamente a una maggiore o minore perdita di peso dopo l’intervento. Se questo dato fosse confermato nel lungo periodo e su un più ampio numero di pazienti, questi polimorfismi, di determinazione relativamente semplice, potrebbero essere utilizzati come uno dei criteri per la selezione dei candidati ottimali alla chirurgia bariatrica”.

Si è rilevato che una piccola percentuale di pazienti sottoposti a intervento di chirurgia dell’obesità, il by-pass gastrico, dimagriscono meno dell’atteso. A un anno dall’operazione, con una aspettativa di perdita di peso del 40%, i pazienti con un particolare polimorfismo della Grelina dimagriscono un 10% in più dell’atteso, mentre quelli con una particolare variante del gene CD40 dimagriscono un 7-8% in meno del previsto. La Grelina è un ormone prodotto dal tratto gastrointestinale implicato nella regolazione dell’appetito, nella motilità gastrointestinale, nella produzione dei succhi gastrici e pancreatici. Il CD40 è una citochina della famiglia del TNFalfa, implicata nei meccanismi dell’infiammazione. Pertanto, i pazienti più infiammati potrebbero rispondere meno all’intervento. In questo studio, dunque, per la prima volta si dimostra che essere portatori di un particolare polimorfismo della Grelina predice un’ottima perdita di peso dopo l’intervento di chirurgica bariatrica, mentre essere portatori di un polimorfismo del gene CD40 (rs1126535) può essere predittore di una risposta meno favorevole in risposta alla chirurgia dell’obesità. “Questo studio -conclude Vitolo- rappresenta un primo passo per l’individuazione di marcatori che consentano di prevedere quali pazienti risponderanno meglio alla chirurgica bariatrica e potrebbe portare a evitare l’intervento nei soggetti destinati a rispondere meno”.

Sesti, presidente della Sid: “Lo studio è rilevante in quanto apre la possibilità di applicare la medicina di precisione grazie alla selezione delle persone obese che maggiormente beneficeranno dell’intervento di chirurgia bariatrica”.

Il presidente della Sid Giorgio Sesti commenta così i risultati della ricerca di Pisa: “Questi studi si inseriscono nel più ampio campo della farmacogenetica, ovvero di quel settore della genetica che si occupa del controllo genetico della risposta a trattamenti farmacologici. Lo studio è rilevante in quanto apre la possibilità di applicare la medicina di precisione grazie alla selezione delle persone obese che maggiormente beneficeranno dell’intervento di chirurgia bariatrica”.