Il denominatore comune di ogni forma clinica di diabete è il danno delle beta-cellule pancreatiche produttrici di insulina.

Nel caso del diabete di tipo 1 il primo fattore scatenante è un attacco virale alle isole di Langherans, per esempio, nel corso di malattie infettive quali una parotite o di un’infezione da virus Coxsackie, attacco reso per l’appunto più lesivo da una particolare vulnerabilità genetica. Il danno alle beta-cellule porta alla formazione di autoanticorpi e a questo punto il diabete assume i connotati di una malattia autoimmune, da autoaggressione.

Il tessuto bersaglio è rappresentato dalle isole pancreatiche e il risultato finale è dato dalla soppressione totale della loro funzione: ecco perché si parla di diabete insulino-privo, ribattezzato più modernamente insulino-dipendente, nel senso che il paziente sopravvive soltanto in virtù della somministrazione di insulina esogena.

Nel diabete di tipo 2 la compromissione delle beta-cellule, e quindi della secrezione di insulina, si instaura molto più lentamente per cause diverse. Inoltre, anche in una fase molto avanzata, tale compromissione non è quasi mai completa.

Anche qui spesso è in gioco un fattore genetico a causa del quale la risposta delle beta-cellule all’iperglicemia  post-prandiale tende a essere eccessiva, per cui si ha uno spiccato iperinsulinismo. Sovente coesiste a questa condizione un deficit periferico dei recettori per l’insulina e/o una minor azione biologica dell’ormone. Poiché l’organismo stenta sempre più a ottenere una soddisfacente utilizzazione del glucosio da parte delle cellule, da un lato tende a introdurre più cibo, dall’altro tende a immettere in circolo sempre più insulina. A lungo andare le beta-cellule vanno incontro a esaurimento funzionale, nel senso che non riescono più a produrre tutto l’ormone necessario a metabolizzare il glucosio eccedente (anche perché l’ormone, in periferia, si trova di fronte a un decremento dei recettori e a un incremento dei fattori antagonisti). Si arriva così allo scompenso metabolico, all’instaurarsi cioè di iperglicemia a digiuno con glicosuria. Si è di fronte allora al cosiddetto diabete florido conclamato, detto non insulino-dipendente, perché generalmente non richiede l’apporto esterno di insulina.