E’ stato da poco pubblicato il rapporto di “Cities Changing Diabetes” su diabete tipo 2 e obesità a Roma, con dati e valutazioni molto interessanti sulla diffusione del diabete in una grande realtà metropolitana.
Il rapporto ci dice innanzitutto che a Roma metropoli vivono circa 290mila persone con diabete, il 75% (i tre quarti) dei circa 389mila diabetici stimati nel Lazio, terza regione italiana per presenza di diabete rispetto alla popolazione: 6,6%, dietro Calabria (8,2%) e Campania (6,7%). Anche nella capitale italiana, come in tutto il mondo d’altronde, la diffusione della patologia è in aumento e, per quanto riguarda in particolare la forma più frequente, il diabete di tipo 2, il contesto metropolitano ne favorisce lo sviluppo: è il fenomeno che è stato chiamato “diabete urbano”, urban diabetes (del quale abbiamo parlato anche qui).
Roma è stata la prima città italiana ad aderire al progetto “Cities Changing Diabetes”, progetto internazionale di studio e proposta sul fenomeno del diabete urbano, cioè su come il contesto metropolitano influenzi la diffusione della patologia e sulle possibili soluzioni per contrastarla.
Il rapporto “Roma Cities Changing Diabetes – Diabete tipo 2 e obesità nell’area di Roma Città Metropolitana” è stato elaborato nel quadro del progetto internazionale “Cities Changing Diabetes”. Si tratta di un programma di studio e proposta sulla problematica del diabete urbano, nato cinque anni fa in Danimarca e promosso dall’University College London (Ucl) e dal danese Steno Diabetes Center, con il contributo dell’azienda farmaceutica Novo Nordisk, in collaborazione con istituzioni nazionali, amministrazioni locali, mondo accademico, associazioni del terzo settore.
Tante sono le città di tutto il mondo che vi hanno aderito (ricordiamo Beirut, Buenos Aires, Città del Messico, Copenaghen, Giacarta, Hangzhou, Houston, Johannesburg, Kōriyama, Leicester, Madrid, Merida, Pechino, Shanghai, Tianjin, Vancouver e Xiamen): per l’Italia la prima è stata Roma, seguita poi da Milano. Lo studio della situazione reale e concreta del diabete in città popolose permette di individuare i modi e le caratteristiche con cui si sviluppa il diabete urbano e di formulare proposte di intervento per contrastarne lo sviluppo.
Il rapporto ricorda in premessa, citando fonti Oms, Onu e Idf, che la rapida e non razionalmente pianificata urbanizzazione in corso da decenni un po’ dovunque (al punto da generare in tempi recenti il sorpasso numerico della popolazione urbana rispetto a quella non urbana) ha creato, oltre a opportunità, anche problematiche. Tra queste, proprio l‘urban diabetes. Infatti, “i cambiamenti nelle abitudini alimentari, nello svolgimento dell’attività fisica, dell’ambiente di lavoro, nel consumo di alcol e sigarette e in generale tutto il tempo che si dedica agli spostamenti e la modalità di impiego del tempo libero impattano notevolmente sulla salute. Molti di questi fattori sono associati a un rischio maggiore di malattie metaboliche, come il diabete di tipo 2”.
Al report su Roma e Lazio di “Cities Changing diabetes”, coordinato in Italia e a Roma dall’Health City Institute, hanno collaborato il Ministero della Salute, l’Anci (Associazione nazionale Comuni italiani), Roma Città Metropolitana, l’Istituto Superiore di Sanità, l’Istat, la Fondazione Censis, Coresearch, l’Italian Barometer Diabetes Observatory (Ibdo) Foundation, Medi-Pragma e tutte le università di Roma, le società scientifiche del diabete (Società italiana di diabetologia e Associazione medici diabetologi), le società scientifiche dell’obesità, le associazioni di pazienti e di cittadinanza.
La cifra di 286.500 persone con diabete accertato, basata su fonti Istat, riguarda l’intera area metropolitana di Roma: se si considera la città in senso stretto, le stime indicano 189mila romani diabetici. In ogni caso, sono numeri in crescita: nel Lazio, dal 2000 al 2015, la prevalenza è passata dal 5% al 6,5% negli uomini e dal 4,2% al 6,8% nelle donne (da cui si ricava la media citata sopra del 6,6% regionale).
Vari fattori influenzano questo aumento. Anzitutto, il rapporto segnala l’invecchiamento della popolazione, con aumento degli over 65 (+136mila persone negli ultimi tredici anni), che porta con sé un incremento delle diagnosi di diabete di tipo 2. Cresce nel contempo anche l’aspettativa di vita: oggi di 84,1 anni per le donne e 79,4 per gli uomini (lievemente sotto la media nazionale, rispettivamente di 84,6 e 79,8).
A Roma e nel Lazio si conferma il nesso obesità-diabete: cresce la prima e aumenta anche il secondo. Quasi il 10% della popolazione è obeso e oltre il 40% è in sovrappeso e il problema riguarda sempre di più anche bambini e adolescenti.
Si conferma anche per il Lazio e Roma l’associazione obesità-diabete: aumenta la prima e aumenta anche il secondo. L’obesità, nella popolazione regionale, è passata dall’8,2% nel 2000 al 9,9% del 2013 ed è in costante crescita: oggi è obeso un residente su dieci ed è in sovrappeso circa il 40% della popolazione. Purtroppo il problema si va accentuando anche nei bambini: nel Lazio è in sovrappeso un bambino-adolescente (cioè tra 6 e 17 anni) su quattro.
Abitudini alimentari sbagliate e sedentarietà sono tra le maggiori cause del fenomeno: oltre il 40% della popolazione non fa mai attività fisica, soltanto un quinto la pratica con regolarità. Infatti, risulta che nei distretti dove è più elevata la diffusione del diabete è più alta la quota di persone che si spostano abitualmente in automobile e più bassa quella di chi utilizza bicicletta o mezzi pubblici. E viceversa: nelle zone dove il 20% della popolazione utilizza bici e mezzi di trasporto pubblico, la presenza di diabete è inferiore.
Anche difficoltà economiche e basso indice di scolarità sono associati a una maggiore presenza di obesità e diabete, rilevata infatti nelle aree periferiche, più disagiate e con minori servizi.
Per quanto riguarda la qualità dell’assistenza, il rapporto rileva (sulla base di dati ricavati dagli Annali Amd) che il 50% delle persone con diabete è seguita da centri specialistici, ma circa la metà degli assistiti non riesce a raggiungere gli obiettivi terapeutici ottimali di emoglobina glicata, profilo lipidico, pressione arteriosa.
Il rapporto “Cities Changing Diabetes” suggerisce di “investire per promuovere una cultura alimentare appropriata, incoraggiare l’utilizzo di modalità attive di trasporto, creando e mettendo a disposizione strade, piste ciclabili sicure e ben collegate e un efficiente sistema di trasporto pubblico locale; incoraggiare la pratica dell’attività sportiva, creando e mettendo a disposizione infrastrutture pubbliche cui i cittadini possano avere accesso in modo equo e distribuito sul territorio”.
L’analisi del rapporto mette in luce inoltre che “le differenze tra chi vive nel Comune di Roma e chi vive negli altri Comuni dell’area metropolitana mettono in luce l’importanza del contesto meno urbanizzato nell’indurre stili di vita più sani”. E osserva che “l’organizzazione dei centri urbani può condizionare e modificare gli stili di vita agendo in primis sui fattori di rischio” legati allo sviluppo di patologie come il diabete e la stessa obesità.
Tra le cose che si possono e si devono fare il rapporto suggerisce di “investire per promuovere una cultura alimentare appropriata, incoraggiare l’utilizzo di modalità attive di trasporto, creando e mettendo a disposizione strade, piste ciclabili sicure e ben collegate e un efficiente sistema di trasporto pubblico locale; incoraggiare la pratica dell’attività sportiva, creando e mettendo a disposizione infrastrutture pubbliche cui i cittadini possano avere accesso in modo equo e distribuito sul territorio”.
Argomenta ancora il report: “I dati clinico-epidemiologici suggeriscono la necessità di implementare strategie efficaci in grado di raggiungere i soggetti socialmente svantaggiati, aumentando l’accessibilità ad attività di prevenzione e cura del diabete. Un miglioramento degli approcci educativi/informativi rivolti ai soggetti vulnerabili può beneficiare di un maggiore coinvolgimento delle farmacie e di un rafforzamento delle reti sociali. Infine, stili di vita più adeguati possono essere promossi attraverso un aumento nelle aree più svantaggiate delle infrastrutture a basso costo e alto impatto, che facilitino lo svolgimento di attività fisica”.
Tira le somme Andrea Lenzi, presidente dell’Health City Institute e del Comitato di Biosicurezza, Biotecnologie e Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei ministri: “Queste sono le premesse su cui si dovrà fondare l’action plan per sconfiggere quello che ormai è definito diabete urbano, che è la terza fase del programma “Cities Changing Diabetes”, primo progetto al mondo sull’urban diabetes e che ha come obiettivo lo studio dell’impatto del diabete nei grandi contesti urbani. Uno degli aspetti più importanti emerso dal programma, grazie ai dati raccolti finora, è che il diabete è una malattia molto complessa, influenzata sia dal rischio individuale sia da fattori sociali e culturali. Con il fenomeno dell’urbanizzazione i fattori sociali come le ristrettezze finanziarie, la mancanza di tempo, i limiti di accesso alle risorse, compresi quelli dovuti ad aspetti geografico-territoriali, hanno acquisito una ancora maggiore importanza negli ultimi anni nel determinare il rischio di sviluppare la patologia”.
Così conclude Antonio Nicolucci di Coresearch il capitolo da lui curato sui dati clinico-epidemiologici su diabete di tipo 2 e obesità nell’area metropolitana di Roma: “L’inurbamento e la configurazione attuale delle città offrono per la salute pubblica e individuale tanti rischi, ma anche opportunità da sfruttare con un’amministrazione cosciente e oculata; occorre pertanto identificare strategie di azione per rendere consapevoli governi, regioni, città e cittadini dell’importanza della promozione della salute nei contesti urbani, immaginando un nuovo modello di welfare urbano”.