Sembra incredibile, ma purtroppo è reale il fenomeno dei diabetologi vittime di violenza: addirittura, secondo una indagine di Amd, uno su due denuncia di avere subìto forme di aggressione. È un dato che impressiona e che si inserisce in un più generale contesto di violenza sugli operatori sanitari, talmente diffusa da avere portato alla istituzione, con un decreto interministeriale, di una giornata nazionale contro questo fenomeno (dall’anno scorso si celebra il 12 marzo).
Un’indagine di Amd denuncia il fenomeno dei diabetologi vittime di violenza, che ne coinvolge circa la metà.
Dall’inchiesta della Associazione medici diabetologi, risulta che il 46% dei medici diabetologi è stato vittima di un episodio di violenza verbale o/e fisica durante l’esercizio della professione, prevalentemente in ambulatorio e nelle ore diurne, quando è maggiore l’attività clinica nei servizi di diabetologia. Nel 74,6% di questi soggetti, il fenomeno si è ripetuto in più di un’occasione.
Perché accadono questi inquietanti episodi? E perché così spesso? Secondo Amd, vi sono “fattori esogeni, pertanto non controllabili, come il temperamento violento di alcuni utenti” e “fattori strutturali sui quali è possibile e necessario intervenire” con un programma di prevenzione e gestione della violenza, che deve diventare “un obiettivo della politica e delle aziende sanitarie, al fine di garantire sicurezza, qualità di cura e benessere sul luogo di lavoro”.
L’indagine sui diabetologi vittime di violenza è stata realizzata dal Gruppo di studio nazionale di Amd “Medicina di Genere”. Vi hanno partecipato 137 medici diabetologi, di cui il 71,5% donne (maggioranza fra i diabetologi). Risulta che, nel 70,9% dei casi, le strutture non prevedano strategie preventive e/o risposte standardizzate per la gestione degli episodi di violenza nei reparti e negli ambulatori di diabetologia.
Osserva Angela Napoli, coordinatrice del Gruppo di studio “Medicina di Genere” di Amd: “I risultati di questa indagine sono in linea con molte altre evidenze segnalate in altri ambiti clinici, particolarmente nei pronto soccorso, e in tutto il mondo. Dall’indagine emerge che il fenomeno si verifica prevalentemente in ambito ambulatoriale e nelle ore diurne, ma anche nei reparti e nei corridoi, durante i turni di guardia all’interno di strutture ospedaliere e nelle aree di accesso e/o di parcheggio degli ospedali”
Conseguenze fisiche e psicologiche per i medici, con possibili effetti negativi anche sulla qualità dell’assistenza alle persone con diabete.
Amd fa notare che “a seguito di episodi di violenza, le conseguenze fisiche si aggiungono a quelle psicologiche, generando un circolo vizioso che può incidere anche sulla produttività e sulla qualità dell’assistenza offerta alle persone con diabete, oltre che sul livello di ansia, depressione e burnout dei professionisti”.
Commenta il presidente nazionale dell’Associazione medici diabetologi. Graziano Di Cianni: “Il dato sulle carenze strutturali da parte delle aziende sanitarie deve farci riflettere e spronare le direzioni aziendali a promuovere azioni preventive tese a contrastare un fenomeno grave e non più tollerabile a tutela del benessere di chi ogni giorno si prende cura delle persone con diabete sul territorio” .
Secondo Di Cianni, “solo attraverso una puntuale valutazione del modello organizzativo di ciascuna realtà, è possibile proporre procedure standardizzate in grado di favorire la segnalazione degli atti di violenza, monitorare adeguatamente il fenomeno e intervenire con tempestività. Pertanto, è urgente comprendere le profonde motivazioni alla base di questo fenomeno sociale per intraprendere azioni appropriate, interventi politici e strutturali, che dotino gli operatori della salute di abilità, strumenti e spazi adeguatamente progettati e arredati per ottenere una migliore prevenzione e gestione del rischio di aggressioni”.
I dati dell’Inail sulle violenze contro gli operatori sanitari: quasi 1600 episodi ogni anno.
Per avere un’idea della gravità della situazione, che riguarda non soltanto i diabetologi vittime di violenza, ma anche tutti gli operatori sanitari nel loro complesso, è utile consultare i dati del recente rapporto dell’Inail, l’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul Lavoro.
L’analisi svolta dalla Consulenza statistico attuariale dell’Inail sui dati relativi ai casi di infortunio sul lavoro accertati dall’istituto e codificati come aggressioni e minacce nei confronti del personale sanitario, rivela che, nel triennio 2019-2021, sono stati 4.821, per una media di circa 1.600 l’anno.
Secondo l’Inail, il 37% è concentrato nel settore assistenza sanitaria (ospedali, case di cura, istituti, cliniche e policlinici universitari), il 33% nei servizi di assistenza sociale residenziale (case di riposo, strutture di assistenza infermieristica e centri di accoglienza), il 30% nell’assistenza sociale non residenziale. Il 71% dei casi ha riguardato le donne.
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