Il piede diabetico è una delle complicanze più serie di un diabete mal controllato, eppure risulta relativamente trascurato, tanto che sia le associazioni dei diabetologi sia quelle dei pazienti reclamano una maggiore attenzione alla questione. Sid e Amd chiedono il rafforzamento delle linee guida internazionali per migliorare i percorsi di diagnosi e cura, mentre Fand sollecita interventi del Ministero della Salute su assistenza e terapia.
Il piede diabetico è una complicanza del diabete molto severa, ma ancora non adeguatamente contrastata. Le associazioni dei diabetologi e dei pazienti reclamano interventi per migliorare assistenza e cura.
Il Gruppo di studio italiano del piede diabetico Sid e Amd sottolinea che “il piede diabetico è la complicanza cardiovascolare più temibile e più costosa per chi soffre di diabete ed è responsabile dell’insorgenza dell’ulcera del piede, una manifestazione clinica altamente invalidante che interessa il 19-34% dei pazienti, rappresentando la prima causa di amputazione non traumatica”.
Dati internazionali portano a stimare che nel mondo ogni 20 secondi una persona con diabete subisca un’amputazione, con un impatto negativo pesante sulla qualità e l’aspettativa di vita. Il problema è tanto più preoccupante quanto più si rileva che la complicanza tende ad aumentare la sua frequenza.
Sid e Amd: è necessario condividere le linee guida internazionali sul piede diabetico tra i massimi esperti del settore e alla presenza dei decisori politici.
Sid e Amd ritengono quindi necessario e urgente “tradurre e condividere le linee guida internazionali sul piede diabetico tra i massimi esperti del settore e alla presenza dei decisori politici, al fine di garantire un’assistenza al passo con i tempi e sostenibile, uniformando i percorsi di diagnosi e cura del piede diabetico sul territorio nazionale”.
Così commentano Cristiana Vermigli, coordinatrice del Gds Piede Diabetico Sid-Amd e Cesare Miranda, coordinatore eletto del Gruppo: “La sfida per contrastare l’aumento del piede diabetico è, innanzitutto, prevenire le lesioni e, una volta formatesi, ottenere una riparazione nei tempi più rapidi e sostenibili possibili. La presenza di una lesione, infatti, espone quotidianamente la persona con diabete a un rischio potenziale di infezione e quindi di ospedalizzazione e amputazione, con ripercussioni importanti sulla qualità e aspettativa di vita”.
Il Gruppo di Studio inter-associativo di Sid e Amd ha quindi lo scopo “di divulgare e implementare anche in Italia le linee guida internazionali, condividendo le best practice con i principali stakeholder del Servizio sanitario nazionale; sensibilizzare i decisori politici e i responsabili delle aziende ospedaliere e territoriali a una maggiore attenzione verso i percorsi di cura del piede diabetico; promuovere l’utilizzo dei trattamenti più innovativi e presenti nelle linee guida, supportati da una rigorosa analisi clinica e di costo-efficacia”.
Lettera della Fand al ministro Speranza
Anche la Fand-Associazione italiana diabetici richiama l’attenzione sul problema, invocando la necessità di potenziare la sanità territoriale per le persone con diabete.
La Fand ricorda che il piede diabetico assorbe da solo il 12-15% delle risorse economiche destinate al diabete.
“Un assistito su sei -osserva l’associazione in un suo comunicato sull’argomento- andrà incontro a un’ulcera, altri ad amputazione di gamba, che in 7 casi su 10 è preceduta da un’ulcera, la cui insorgenza è tra le 2-4 volte più elevata tra i soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2 con complicanze al piede. I costi unitari di gestione dell’ulcerazione possono andare da 4.700 euro sino a oltre 40.000, se la persona va incontro a successiva amputazione”.
La Fand chiede l’inserimento delle prestazioni per la cura del piede diabetico nei Livelli essenziali di assistenza.
Eppure, una problematica sanitaria di questa rilevanza non trova posto nei livelli essenziali di assistenza (i Lea) garantiti dal Servizio sanitario nazionale. Per questo il presidente della Fand Emilio Augusto Benini, ha inviato una lettera al ministro della Salute, Roberto Speranza, per sollecitare l’inserimento nei Lea delle prestazioni podologiche “affinché possa essere garantita un’assistenza omogenea su tutto il territorio nazionale”.
Bernini ricorda che già dal 1987 la Legge 115, nell’evidenziare come il diabete sia una patologia di elevato interesse sociale, ha posto la diagnosi precoce e la prevenzione, nonché la cura tempestiva, come elementi fondamentali per i quali era sin da allora indispensabile una rete assistenziale specialistica distribuita su tutto il territorio nazionale, al fine di gestirlo adeguatamente.
“Per noi -argomenta il presidente della Fand- adeguatamente significa poter disporre di tutte quelle figure indispensabili e fondamentali per la cura delle persone affette da questa complicanza. Il piede diabetico, proprio per la drammaticità e la devastazione alla quale il paziente potrebbe andare incontro, necessita di tutti gli sforzi fondamentali che gli attori in campo, in primo luogo la parte istituzionale, devono necessariamente attuare per evitare non solo il dramma della complicanza, ma anche in virtù del considerevole risparmio economico ottenibile con l’impiego delle professionalità indispensabili nelle équipe diabetologiche di tutta Italia».
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