Cominciare la giornata con una buona colazione e concluderla con una giusta dose di attività fisica aiuta a tenere a bada la glicemia. Potremmo riassumere così le conclusioni di due diverse ricerche scientifiche che hanno analizzato le abitudini più diffuse per individuare quelle maggiormente adatte a chi soffre di diabete, si trova in una condizione di pre-diabete o fatica a tenere i valori della glicemia entro i limiti massimi. La prima, spagnola, è stata pubblicata sul Journal of Epidemiology, l’altra sulla rivista scientifica Obesity. Ma per avere le idee chiare su come e, soprattutto, quando adottare questi corretti stili di vita, partiamo dalle prime ore della giornata: per chi soffre di diabete è assolutamente controindicato saltare la colazione e, in generale, questo primo pasto della giornata non andrebbe mai consumato oltre le 9 del mattino.
FARE COLAZIONE TARDI NUOCE ALLA SALUTE
Gli scienziati spagnoli, con una ricerca scientifica ad hoc, hanno dimostrato che le persone sane abituate a fare colazione più tardi, ovvero dopo le 9 del mattino, avevano un maggior rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. Al contrario, in coloro che la consumavano prima delle 8 del mattino il medesimo rischio si riduceva del 59%. Il vasto campione della ricerca, di circa 100mila persone, per la maggioranza (il 79%) donne, rende i risultati molto affidabili. E se l’orario dei pasti ha la sua importanza, anche saltarli completamente può avere conseguenze negative: diverse ricerche hanno dimostrato che non consumare la prima colazione fa impennare la glicemia dopo pranzo e diminuire la capacità dell’insulina di rispondere adeguatamente.
LA CRONONUTRIZIONE
Lo ‘skipping breakfast’ (letteralmente: saltare la colazione) agisce come uno stress per l’organismo delle persone con diabete. “Possiamo dire che un digiuno prolungato porta ad una ‘perdita di memoria’ delle cellule Beta del pancreas, come se avessero bisogno dello stimolo cibo-risposta attivato dalla colazione – sottolinea il Professor Angelo Avogaro, Presidente della Società Italiana di Diabetologia (Sid) -. Inoltre, il digiuno mattutino aumenta il livello degli acidi grassi del sangue che interferiscono con l’efficacia dell’insulina ad abbassare i livelli di zuccheri nel sangue. La ‘crononutrizione’ ci dice che lo stesso nutriente esercita effetti metabolici differenti a seconda del momento della giornata in cui viene consumato. Meccanismo regolato da un ‘orologio centrale’ (master clock) localizzato nel cervello a livello del ‘nucleo sovra chiasmatico’, e attivato da segnali luminosi captati da alcuni recettori presenti nella retina”.
L’ORA MIGLIORE PER LO SPORT
Anche l’attività fisica, come l’alimentazione, può avere effetti diversi a seconda dell’ora in cui viene praticata. Una nuova ricerca, pubblicata sulla rivista ‘Obesity, offre una valida ragione per optare per un allenamento serale: sembra che una moderata-vigorosa attività fisica in questa fascia oraria abbia un maggiore impatto sulla glicemia. Per gli adulti sedentari in sovrappeso e obesi è più vantaggiosa nel ridurre i livelli giornalieri di zucchero nel sangue. Questi risultati secondo Jonatan R. Ruiz, professore dell’Università di Granada ed esperto del centro Ciberobn (Center for Biomedical Research Network Pathophysiology of Obesity and Nutrition) in Spagna “evidenziano l’importanza del campo della prescrizione di esercizi di precisione. Nella pratica clinica, il personale sportivo e medico dovrebbe considerare il momento ottimale della giornata per migliorare l’efficacia dei programmi di esercizi e di attività fisica che vengono prescritti”.
L’ATTIVITA’ FISICA MIGLIORA L’OMOSTEOSASI DEL GLUCOSIO
Gli esperti spiegano che è noto che l’attività fisica da moderata a intensa migliora l’omeostasi del glucosio, la capacità dell’organismo di regolarlo, negli adulti in sovrappeso e obesi che corrono un rischio maggiore di sviluppare resistenza all’insulina. Tuttavia, si sa poco riguardo al timing ottimale dell’attività fisica per migliorare il controllo quotidiano della glicemia. Ruiz è uno dei due autori corrispondenti dello studio, insieme ad Antonio Clavero-Jimeno dello stesso centro di ricerca. Per valutare l’impatto delle lancette dell’orologio, gli esperti hanno utilizzato i dati degli esami di base di uno studio multicentrico randomizzato e controllato condotto in Spagna a Granada e Pamplona. Scopo del lavoro era studiare la fattibilità di un’alimentazione soggetta a restrizione temporale e l’efficacia sul tessuto adiposo viscerale (esito primario), sulla composizione corporea e sui fattori di rischio cardiometabolico negli adulti con sovrappeso e obesità. In totale i partecipanti erano 186 adulti, età media 46 anni e indice di massa corporea 32,9.
IL METODO DI STUDIO
L’attività fisica e i modelli di glucosio dei partecipanti sono stati monitorati simultaneamente per un periodo di 14 giorni utilizzando un accelerometro triassiale indossato sul polso non dominante e un dispositivo di monitoraggio continuo del glucosio. I ricercatori hanno quindi classificato il volume di attività fisica da moderata a vigorosa accumulato ogni giorno. Le categorie erano ‘inattivo’ (se non era stata accumulata alcuna attività) e ‘mattina’, ‘pomeriggio’ o ‘sera’ se più del 50% dei minuti di attività fisica da moderata a intensa per quel giorno erano stati accumulati tra le 6 del mattino e mezzogiorno, tra mezzogiorno e le 18, o tra le 18 e mezzanotte. C’era infine la categoria ‘mista’ se nessuna delle finestre temporali definite rappresentava più del 50% dell’attività fisica moderata-intensa per quel giorno.
MUOVERSI QUANTO PIU’ POSSIBILE
I risultati hanno mostrato che accumulare più del 50% di attività fisica da moderata a vigorosa la sera era associato ad un abbassamento dei livelli di glucosio nel sangue diurni, notturni e complessivi rispetto all’essere inattivi. Questa associazione era più forte nei partecipanti con alterata regolazione del glucosio. Il modello di queste associazioni era simile sia negli uomini che nelle donne. “Mentre il campo si sposta verso prescrizioni di esercizi individualizzati per diverse condizioni croniche, questo studio fornisce ora ulteriori elementi per andare oltre il dire semplicemente ai pazienti di ‘muoversi di più'”, afferma Renee J. Rogers, scienziata senior dell’University of Kansas Medical Center. Quello che invece si potrebbe dire è, dunque, “di muoversi il più spesso possibile e dare priorità al movimento dal pomeriggio alla sera, quando fattibile, per la regolazione del glucosio”.
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