Il diabete di tipo 1 nel mondo si ritrova dovunque, nei Paesi più industrializzati e in quelli meno avanzati, non risparmia né le aree del mondo in via di sviluppo né quelle più povere. Ma nelle regioni meno fortunate e più deboli economicamente, le conseguenze dell’insorgere del diabete di tipo 1 sono più gravi, perché più difficile e problematico è garantire cure e assistenza adeguate, soprattutto a bambini e ragazzi.
Il programma della International diabetes federation “Life for a child with diabetes” porta aiuti e risorse a sostegno di bambini e ragazzi con diabete di tipo 1 in 42 Paesi a basso reddito, dove è spesso difficile garantire tutte le cure essenziali. Perché “nessun bambino dovrebbe morire di diabete”.
Per questo la International diabetes federation ha promosso, già da parecchi anni (dal 2000), il programma “Life for a child with diabetes” (Lfcd), un progetto che intende aiutare i bambini e i giovani dei Paesi in via di sviluppo che devono convivere quotidianamente con il diabete e, se le cure non sono sufficienti e disponibili, a partire anzitutto dall’insulina, rischiano la vita. E molti purtroppo la perdono. Il programma ha infatti come slogan “No child should die of diabetes”, “nessun bambino dovrebbe morire di diabete”.
I promotori ricordano che il diabete di tipo 1 richiede iniezioni quotidiane di insulina, controllo sistematico e frequente della glicemia con gli appositi strumenti di misurazione, educazione e informazione per i piccoli pazienti e per le loro famiglie, presenza di medici specialisti. E questo in molte zone di Paesi con poche risorse è difficile da ottenere e a volte addirittura impossibile: ciò significa che molti bambini o ragazzi muoiono poco dopo la diagnosi e molti sopravvivono ma sono colpiti da complicanze agli occhi o ai reni. Il programma “Life for a child with diabetes” si propone quindi di fornire ai Paesi più deboli, collaborando con i locali centri diabetologici, le risorse base là dove ci sia bisogno: insulina, siringhe, misuratori di glicemia, strisce reattive, strumentazione per il test dell’emoglobina glicata, assistenza clinica, mezzi di informazione ed educazione, supporto ai medici locali.
Attualmente l’iniziativa sta aiutando 18mila giovani e giovanissimi diabetici di tipo 1 in 42 Paesi del mondo (soprattutto africani e asiatici, ma anche centro e sudamericani): Azerbaijan, Bangladesh, Bolivia, Burkina Faso, Burundi, Cambogia, Congo-Kinshasa, Congo-Brazzaville, Ecuador, Eritrea, Etiopia, Ghana, Guatemala, Guyana, Haiti, India, Giamaica, Kenya, Liberia, Malawi, Mali, Maldive, Messico, Mauritania, Nepal, Nigeria, Corea del Nord, Pakistan, Filippine, Repubblica Centrale Africana, Repubblica Dominicana, Sri Lanka, Sudan, Siria, Tagikistan, Tanzania, Togo, Uganda, Uzbekistan, Vietnam, Zimbabwe.
Naturalmente, l’emergenza è sempre viva e si vorrebbe poter fare di più. Per questo i promotori del progetto chiedono aiuti a chiunque voglia e possa offrirne.
Dall’Italia è partita proprio recentemente una raccolta di fondi per “Life for a child with diabetes”, organizzata in febbraio da Rotary Club Ravenna insieme con la Associazione diabetici ravennate, l’Associazione medici diabetologi e la città di Ravenna. In questo caso il Paese a cui gli aiuti sono destinati è il Mali, in Africa occidentale.
L’iniziativa ravennate (“Ravenna per Life for a Child with Diabetes”) ha un precedente analogo nel 2009: allora furono donati, grazie a un concerto, a un congresso medico e a un’attività congiunta fra il Rotary Club Ravenna e quello di Tallahassee (Florida), 80.000 dollari, destinati ad aiutare i bambini con diabete del Bangladesh.
Per sapere di più su “Life for a Child with Diabetes”, potete leggere qui.