Sino al 22 giugno 2019 è possibile visitare a Torino il “Museo del Diabete”, una mostra dedicata alla storia della patologia, all’evoluzione delle cure e ai cambiamenti nella vita quotidiana dei pazienti e delle loro famiglie.
Il titolo dell’esposizione (che si è aperta il 23 aprile) è “La dolce vita: il Museo del Diabete (Per un museo di medicina a Torino)” e la sede è la Biblioteca Arturo Graf dell’Università di Torino (Palazzo del Rettorato, via Verdi 8 – via Po 17). È aperta dalle 10 alle 19, da lunedì a venerdì.
L’iniziativa è promossa dalla Fondazione Diabete Torino onlus (presieduta dal diabetologo Massimo Porta) e ha ottenuto il patrocinio di Regione Piemonte, Comune di Torino, Università degli Studi di Torino, Archivio storico tecnologico dell’Università di Torino, Scuola di medicina dell’Università di Torino, Aou “Città della Salute e della Scienza di Torino”, Asl “Città di Torino”.
“La dolce vita: il Museo del Diabete”: a Torino una mostra sul diabete dall’antichità ai giorni nostri, aperta sino al 22 giugno. Libri, apparecchi, documenti, video, diapositive: una collezione unica che illustra la storia e l’evoluzione della patologia e delle cure per affrontarla. Un’esposizione rivolta sia al grande pubblico sia agli studiosi.
I materiali costitutivi della mostra-museo sono: collezioni di apparecchi per l’autocontrollo della glicosuria e glicemia, testimonianze e documenti sulla terapia del diabete, sulle cure alternative, sulle associazioni di pazienti; una biblioteca di oltre 3200 libri medici sul diabete, con testi che vanno dall’antichità ai giorni nostri; una videoteca di 120 video-film concernenti il diabete; una diateca con una cospicua serie di diapositive.
Attualmente tutto questo è raccolto ed esposto nella mostra aperta sino a giugno, ma in prospettiva diventerà un museo vero e proprio in una sede stabile: questo è l’intento della Fondazione Diabete Torino (organizzazione senza scopo di lucro, attiva in Piemonte, impegnata nella promozione della ricerca scientifica al fine di “ridurre il danno di salute, psicologico, sociale ed economico causato dal diabete alle persone che ne sono affette, alle loro famiglie e alla società nel suo insieme” e nella “conservazione e fruibilità per gli studiosi di materiale di carattere storico e culturale relativo al diabete”).
La mostra-museo della Fondazione Diabete Torino è il più recente capitolo di una lunga storia, cominciata nel lontano 1984, come ricorda la curatrice del Museo Silvia Gamba, collaboratrice del diabetologo torinese Bruno Bruni (1923-2006), che diede il via a questa iniziativa presso l’Ospedale Maria Vittoria per poi proseguirla nella sede dell’Associazione Centro di Diabetologia Karen Bruni Bøcher a Torino, dove lo incontrammo per un’intervista a “Tuttodiabete” nel 1990.
Il diabetologo Bruni, ideatore del Museo, a “Tuttodiabete” nel 1990: “Questo museo potrà essere utile sia ai diabetologi, che vi troveranno fonti e testimonianze storiche per qualsiasi studio sull’argomento, sia ai diabetici, che potranno ricavare un prezioso ammaestramento sulle tappe faticose via via raggiunte nella cura della loro condizione”. Oggi l’iniziativa è ancora viva e portata avanti dalla Fondazione Diabete Torino con l’intento di “rivisitare un passato anche lontano per meglio comprendere quanto accade oggi”.
All’epoca, quando la raccolta di materiali era già significativa, Bruni ci aveva confidato con quanta passione avesse pensato e lavorato alla nascita di quel progetto, perché -diceva- “il diabete ha una sua storia di grande interesse” e ha bisogno di “un punto di riferimento per una documentazione diretta sull’evoluzione nel tempo delle conoscenze scientifiche e del trattamento, medico e sociale, del diabete”.
“Questo museo -pensava Bruni- potrà essere utile sia ai diabetologi, che vi troveranno fonti e testimonianze storiche per qualsiasi studio sull’argomento, sia ai diabetici, che potranno ricavare un prezioso ammaestramento sulle tappe faticose via via raggiunte nella cura della loro condizione”. “Sarebbe un vero peccato -rifletteva- disperdere questo patrimonio storico potenzialmente molto vasto”.
Fortunatamente nulla è stato disperso, il museo ha continuato a vivere e l’opera è portata avanti dalla Fondazione Diabete Torino, dal 2017, dopo lo scioglimento della Associazione Karen Bruni Bøcher.
Come ricorda la dottoressa Gamba, la vicenda pluridecennale del museo è scaturita da una serie di eventi e condizioni determinanti: anzitutto, l’attività e l’esperienza del professor Bruni presso il primo reparto italiano specializzato in diabete, fondato nel 1936 dal professor Catullo Fiorio all’Ospedale Maria Vittoria di Torino; l’incontro al Maria Vittoria di Bruni con il professor Renato Bettica Giovannini, storico della medicina; l’incontro nel 1953 del professor Bruni con Karen Bøcher, diventata sua moglie nel 1955, amica di famiglia del famoso diabetologo danese Hans Christian Hagedorn di Copenaghen, protagonista, sino al 1975 (anno della sua morte), di tante vicende diabetologiche torinesi e al cui nome è stata intitolata l’Associazione Karen Bruni Bøcher.
Sottolinea Gamba che tutti i materiali raccolti nella mostra “sono tra loro strettamente legati e costituiscono una collezione unica. Il forte legame tra libri, oggetti e documenti, oltre a permettere di ricostruire la personalità, l’attività, il metodo di studio e di lavoro del professore e dei suoi collaboratori, consente agli studiosi di avere a disposizione una grande e unica raccolta storica sulla condizione del diabetico e sulla storia della medicina”.
Oggi la Fondazione Diabete Torino con questa mostra intende “rivisitare un passato anche lontano per meglio comprendere quanto accade oggi e quanto il futuro ci può riservare” e, come dice il suo presidente Massimo Porta, far conoscere questi materiali “allo scopo di promuovere una consapevole conoscenza sul diabete”.
“Desideriamo raccontare la storia del diabete -sintetizza la Fondazione Diabete Torino- e come la ricerca abbia modificato il percorso di vita delle persone. Un viaggio dall’antichità agli anni più recenti, per sottolineare l’importanza della prevenzione e corretta informazione per pazienti e no. Saranno considerati anche gli aspetti di possibile discriminazione nel mondo del lavoro e nella società”.
Chi oggi voglia visitare la mostra ha dunque la possibilità di ripercorrere, attraverso i materiali nel tempo raccolti, classificati e spesso anche realizzati dal professor Bruni e dai suoi collaboratori, la storia del diabete, le scoperte scientifiche, l’evoluzione delle terapie, ma anche il modo in cui si è sviluppata l’educazione sanitaria e le tappe che hanno cambiato la vita quotidiana di chi ha il diabete e di chi gli sta vicino, secondo un percorso tematico che la Fondazione ha tracciato così:
- L’alimentazione, ovvero non esiste più la “dieta per diabetici”
- Dall’insulina alle “insuline”
- Gli altri farmaci per il diabete
- Come faccio a controllare se la glicemia va bene?
- Come utilizzare al meglio tutte queste cose – La self-management education
- Cosa sono le complicanze e come prevenirle
- Attenzione alle bufale e ai falsi rimedi
- Il mio compagno/a (di scuola, di lavoro, di vita) ha il diabete: cosa posso fare?
La mostra prevede infine uno spazio allestito con i mobili e gli oggetti di lavoro personali del professor Bruno Bruni, per ricordarne la figura e il contributo alla diabetologia non solo torinese.
La Fondazione -conclude Massimo Porta- “intende promuovere la conoscenza e la fruibilità del Museo del Diabete per gli studiosi e il grande pubblico anche con l’allestimento di questa mostra, che vuole essere un primo passo verso una sua collocazione stabile. Auspicabilmente, ciò potrebbe avvenire nell’ambito di un più ampio “Museo di Medicina”, che renda il giusto merito al percorso storico della medicina torinese, fatto non solo di problemi e ostacoli quotidiani, ma anche e soprattutto di passione, ricerca, scoperte importanti e grande attenzione ai malati”.
Per ulteriori informazioni, si può consultare il sito della Fondazione.
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