Con l’aiuto della tecnologia digitale e della telemedicina si può curare meglio il diabete, mantenendo la continuità dell’assistenza e la vicinanza al paziente nel momento in cui manca il contatto personale in presenza, ma anche come complemento a questo. Esistono già studi che documentano i buoni risultati ottenibili nell’efficacia terapeutica. Del tema ha parlato diffusamente al recente Congresso della Sid a Riccione, “Panorama Diabete”, il professor Luigi Laviola, ordinario di Medicina interna all’Università di Bari.

Tecnologia digitale e telemedicina aiutano a curare meglio il diabete, mettendo a disposizione nuove risorse che favoriscono la continuità assistenziale e la vicinanza al paziente. L’opinione del professor Laviola.

Il professore osserva quanto il digitale sia già presente in tanti aspetti della vita dei pazienti dalla pre-visita, alla visita, al trattamento (somministrazione, monitoraggio del decorso della patologia). “Ma la vera rivoluzione -sottolinea- è ancor più evidente nei device per il diabete (pompe da insulina, penne da insulina ‘smart’, pancreas artificiali ibridi, sensori per la glicemia ‘impiantabili’ e ‘indossabili’), nelle app per pazienti e per medici da smartphone, nei siti web di supporto al paziente e nei software di data management. E già si guarda alle prossime frontiere, come le app di supporto decisionale per il medico, gli algoritmi di intelligenza artificiale (già entrati nello screening della retinopatia diabetica) e i sistemi di integrazione delle informazioni provenienti dai social media. C’è poi tutta l’area dei digital therapeutics, cioè delle app utilizzate come ‘farmaci’, che verranno validati da trial clinici su e-coorti”.

Le strategie di prevenzione e cura oggi possono avvalersi fruttuosamente della cosiddetta mobile health (o “m-health”), cioè l’uso di dispositivi mobili (app da computer o smartphone, telefono, sms, e-mail, instant messaging), tutti strumenti che, se correttamente impiegati, possono davvero permettere di curare meglio il diabete.

“Il diabete è forse l’esempio migliore di come questi aspetti di salute digitale possano essere collegati in maniera efficace”

A parere di Laviola, “il diabete è forse l’esempio migliore di come questi aspetti di salute digitale possano essere collegati in maniera efficace: la m-health consente al paziente di registrare sul suo smartphone e inviare su cloud i dati relativi, per esempio. alla glicemia; il telemonitoraggio consente al medico di visualizzare questi dati sul suo computer e di darne un’interpretazione; la telemedicina in senso stretto è il collegamento tra questi due attori e utilizza le informazioni fornite dal paziente e le considerazioni fatte dal medico per gestire al meglio la patologia”.

E i risultati già si vedono: “Dal punto di vista della valutazione dell’efficacia -fa notare Laviola- metanalisi e studi recenti convergono su un risultato ricorrente: queste strategie determinano una riduzione di mezzo punto dell’emoglobina glicata, un dato clinicamente significativo di miglioramento del compenso del diabete”.

Grazie alla telemedicina le strutture diabetologiche italiane sono riuscite a reggere l’impatto di Covid-19 meglio di quanto sia successo in altri Paesi del mondo.

La dura esperienza della pandemia, che ha bloccato moltissime visite diabetologiche, ha messo alla prova le potenzialità della tecnologia applicata al diabete. In Italia, grazie all’impegno delle società scientifiche (Società italiana di diabetologia – Sid, Associazione medici diabetologi – Amd, Società italiana di endocrinologia – Sie) è stato possibile organizzare e pianificare una strategia di applicazione della telemedicina all’assistenza alle persone con diabete nel periodo in cui l’accesso all’ospedale era problematico o semplicemente impraticabile.

“Questo -dice Laviola- ha consentito alle strutture diabetologiche italiane di reggere l’impatto del Covid meglio di quanto sia successo in altri Paesi del mondo”. Negli Usa, per esempio, le visite in presenza si sono ridotte in questo periodo di oltre il 60% e solo il 14% di queste è stato recuperato tramite televisita. In Italia, invece, nelle 8 settimane di lockdown più duro (a marzo) molti centri diabetologici sono riusciti a portare a termine oltre il 90% delle visite prenotate grazie alla telemedicina. E si è addirittura generato un paradosso, quello del lockdown effect: alcuni parametri di compenso glicometabolico dei pazienti italiani seguiti in telemedicina sono addirittura migliorati durante il lockdown. Forse perché si sono sentiti comunque seguiti, anche a distanza.

Si tratta quindi di un fenomeno molto importante e promettente. Ma è necessario arrivare a padroneggiare pienamente la tecnologia digitale, se si vuole riuscire in maniera sistematica a curare meglio il diabete.

“Va considerata la possibilità dell’approccio ‘ibrido’ (visite da remoto e in presenza nel corso dell’anno), che deve diventare un’opzione per tutte le persone con diabete”.

“Il modo con il quale facciamo le nostre visite deve cambiare -argomenta in proposito Laviola- Dobbiamo passare da un approccio ‘puntuale’ a una visita che tenga conto di quello che è successo e di quello che succederà (i dispositivi di telemedicina raccolgono lo storico e ci permettono di prevedere il futuro). Infine, va considerata la possibilità dell’approccio ‘ibrido’ (visite da remoto e in presenza nel corso dell’anno), che deve diventare un’opzione per tutte le persone con diabete”.

“È naturalmente necessaria la disponibilità di hardware e di dispositivi nei centri diabetologici e a casa dei pazienti -approfondisce il professore- ma la vera “conditio sine qua non” è lavorare sulle competenze informatiche, non solo dei pazienti, ma anche dei professionisti della salute (formazione all’uso delle tecnologie). Un altro punto importante è l’integrazione dei dati, cioè l’interoperabilità delle varie piattaforme; è necessario spingere per un linguaggio unico di queste piattaforme e di questi dispositivi. Non è accettabile che gli approcci innovativi di telemedicina siano guidati dall’iniziativa delle industrie private”.

“Fondamentale -conclude Laviola- è anche una normativa corretta sull’utilizzo dei dati e la sicurezza informatica dall’intrusione di cyber-attack. E infine l’interpretazione dell’utilità di questi sistemi, che significa non solo una valutazione di costo-efficacia economica, ma una valutazione intelligente di quello che significa per la singola persona e per la società l’utilizzo di questi dispositivi; infine servono dei modelli di rimborso dignitosi”.

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