Sono state presentate ufficialmente le nuove linee guida internazionali sul diabete di tipo 2, elaborate dalle due maggiori società scientifiche internazionali, la American diabetes association (Ada) e la European association for the study of diabetes (Easd). Come segnalato dalla Società italiana di diabetologia (Sid), tra le principali novità introdotte dal documento (presentato al congresso Easd 2018 a Berlino), vi sono le indicazioni, rivolte ai diabetologi e ai medici che hanno in cura persone diabetiche, riguardanti i farmaci da prescrivere nel trattamento del diabete di tipo 2 e le terapie da preferire a seconda del rischio cardiovascolare del paziente da assistere.

Easd e Ada: quando la metformina, che resta la prima scelta in caso di diabete di tipo 2, non basti da sola a ottenere i risultati terapeutici attesi, l’indicazione è di non ricorrere alle sulfoniluree, ma di affiancarle farmaci più moderni e più sicuri, che non aumentino il rischio di ipoglicemia.

In particolare, per quanto riguarda la terapia farmacologica del diabete di tipo 2, le due società scientifiche raccomandano che, dopo la metformina (che, se tollerata e non controindicata per il singolo paziente, resta la prima scelta) si utilizzino farmaci antidiabete che non aumentino i rischi di ipoglicemie: pertanto, quando la metformina non sia più sufficiente da sola a ottenere un soddisfacente controllo glicemico e metabolico, Easd e Ada indicano di non ricorrere in prima battuta alle “vecchie” (e tuttora molto usate) sulfoniluree (o sulfaniluree), ma di affiancare alla metformina classi terapeutiche più moderne e sicure (come inibitori di Dpp-4, gliflozine, analoghi di Glp-1, Pioglitazone).

È una importante novità -fa notare la Sid- perché “il precedente consenso Easd/Ada metteva sullo stesso piano tutte le terapie disponibili”.

Inoltre, Easd e Ada ricordano l’importanza che il medico, oltre a prescrivere i farmaci, indirizzi il paziente verso una alimentazione salutare e uno stile di vita non sedentario. Altra indicazione riguarda l’opportunità di introdurre la terapia insulinica nei casi in cui la persona con diabete di tipo 2 abbia uno squilibrio glicemico grave non correggibile con i farmaci.

Così commenta il presidente eletto della Sid Agostino Consoli: “Il suggerimento di usare le sulfoniluree solo, eventualmente, in terza battuta è sicuramente un’indicazione importante e coraggiosa. Importante, perché recepisce finalmente le indicazioni di una serie di trial osservazionali e di intervento che hanno dimostrato come l’aumento del rischio di ipoglicemia legato all’uso di sulfoniluree limiti fortemente il beneficio clinico ottenibile dall’abbattimento della glicemia con l’uso di questa classe di farmaci. Coraggiosa, perché le sulfoniluree sono farmaci di costo molto basso e ampiamente diffusi: l’indicazione che emerge dagli statement va quindi nel senso di affermare che la considerazione del valore di un trattamento farmacologico va, ove possibile, anteposta alla considerazione del prezzo”.

La terapia del diabete di tipo 2 deve essere personalizzata a seconda del rischio cardiovascolare del paziente: in caso di patologia cardiovascolare accertata, vanno scelti farmaci con effetto cardioprotettivo in grado di ridurre i rischi.

Il secondo tema sul quale arriva una significativa novità da Easd e Ada riguarda il rischio cardiovascolare nelle persone con diabete di tipo 2, molto elevato e temibile, e i criteri di scelta della terapia migliore per poterlo contrastare e ridurre (sul nostro sito del tema “diabete e malattie cardiovascolari” si è parlato anche qui).

Le due società scientifiche internazionali raccomandano in proposito ai medici che la terapia sia personalizzata proprio in base al rischio cardiovascolare del soggetto diabetico e che, quindi, in un paziente cardiopatico, si preferiscano i farmaci che nei trial clinici abbiano dimostrato non solo di avere un buon livello di sicurezza, ma anche di riuscire a ridurre il rischio cardiovascolare.

Si è arrivati a questa indicazione -spiega la Sid- sulla base dei risultati “di alcuni recenti grandi trial che hanno dimostrato come, in pazienti diabetici affetti da malattia cardiovascolare, l’utilizzo di Pioglitazone e, soprattutto, di alcuni farmaci della classe delle gliflozine o della classe degli agonisti recettoriali del Glp-1 sia in grado di ridurre il rischio di ulteriori eventi cardiovascolari, il rischio di morte e, nel caso delle gliflozine, il rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco”.

Approfondisce il discorso il presidente Consoli: “I farmaci per i quali, al momento, sono più solide le evidenze in questo senso sono Empagliflozin e Canagliflozin per gli Sglt 2 inibitori (ma al prossimo meeting della American Heart Association in novembre verranno presentati anche i dati relativi a Dapagliflozin, che, secondo alcune comunicazioni preliminari, presenterebbe anch’esso effetti cardioprotettivi); tra gli antagonisti recettoriali del Glp-1 spiccano Liraglutide e Semaglutide (quest’ultimo ancora non in commercio in Italia). Anche per questa classe di farmaci dovrebbero essere comunicati a breve i risultati di un ampio studio clinico su Dulaglutide che potrebbero confermare anche per questa molecola effetti importanti sul rischio cardiovascolare”.

Al momento di decidere quale terapia prescrivere, è dunque necessario tenere presente se il paziente diabetico abbia una malattia cardiovascolare accertata oppure no. Nei casi in cui la patologia cardiovascolare sia accertata, nelle scelte farmacologiche successive alla terapia con metformina, afferma Consoli, “devono essere usati farmaci con dimostrato effetto di protezione cardiovascolare”.

Gli “Standard italiani per la cura del diabete mellito” 2018 di Sid e Amd contenevano già le raccomandazioni oggi diffuse a livello internazionale da Easd e Ada.

Le importanti novità contenute nelle nuove linee guida internazionali sul diabete di tipo 2 erano state già fatte proprie dalla diabetologia italiana. “Ci fa piacere sottolineare -commenta infatti Consoli- che la stessa posizione relativa al posizionamento delle sulfoniluree nell’algoritmo terapeutico del diabete mellito di tipo 2 era stata con forza affermata nel documento Standard di cura Sid/Amd 2018, presentato nel maggio scorso al Congresso nazionale Sid di Rimini, e quindi precedente alla prima diffusione delle nuove linee guida Easd/Ada”.

Anche per ciò che riguarda la problematica della terapia adeguata al rischio cardiovascolare del paziente, continua il presidente della Sid, “la Società italiana di diabetologia aveva precorso i tempi e, come indicato nel position statement della Sid pubblicato nell’autunno del 2017 (e in seguito ripreso dai nuovi Standard di cura Sid/Amd presentati a maggio 2018) aveva suggerito con forza che le strategie terapeutiche impiegate per contrastare il diabete in soggetti con pregressi eventi cardiovascolari dovessero includere farmaci come Pioglitazone, Empagliflozin e Liraglutide (all’epoca gli unici per cui fossero disponibili i dati) con dimostrati effetti protettivi cardiovascolari”.

Degli Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018, elaborati dalla Società italiana di diabetologia e dalla Associazione medici diabetologi, e delle indicazioni relative alla terapia farmacologice del diabete di tipo 2 abbiamo parlato sul nostro sito qui. Su queste tematiche potete leggere anche qui.

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