Durante il primo anno di Covid-19, il 2020, che ha fatto saltare tanti esami e visite in presenza, 50mila persone con diabete hanno potuto usufruire di prestazioni di telemedicina con risultati positivi, secondo l’Associazione medici diabetologi, che ha dedicato al tema “diabete e Covid” la consueta monografia “Annali Amd” (“L’impatto dell’emergenza Covid-19 sulla gestione dei pazienti con diabete e il contributo della telemedicina”, realizzata da Amd e Fondazione Amd onlus).

Gli Annali Amd hanno trattato il tema diabete e Covid, mettendo in luce il ruolo avuto dalla telemedicina, grazie alla quale, in un periodo critico per esami e visite in presenza, 50mila persone con diabete hanno potuto essere assistite a distanza.

Secondo il presidente di Amd Graziano Di Cianni, la telemedicina si è dimostrata “un prezioso ed efficace strumento per la presa in carico di specifiche categorie di pazienti, non solo i pazienti con diabete tipo 1, ma anche gli anziani fragili -supportati da familiari o caregiver- e le donne con diabete gestazionale”.

Infatti, mentre nell’annus horribilis 2020 le visite in presenza si ritrovavano pesantemente ridotte -del 30% per i pazienti con diabete di tipo 2 e del 17% per quelli di tipo 1- 46.424 pazienti con diabete di tipo 2 e 2.624 con tipo 1 hanno ricevuto prestazioni di telemonitoraggio o televisita.

Come già più volte sottolineato da Amd (si veda, per esempio, sul nostro sito qui), “la principale conseguenza della riduzione dei consulti medici, sia in presenza, sia da remoto, dovuta alla sospensione delle prestazioni non urgenti e all’impegno dei diabetologi nei reparti Covid, è stato il crollo degli screening sulle complicanze, con importanti ripercussioni sullo stato di salute delle persone con diabete”.

Amd: la telemedicina ha consentito di dare assistenza ai pazienti più fragili.

Dai dati rilevati su 282 centri di diabetologia emerge però che la telemedicina ha contribuito in modo significativo a dare assistenza a molte persone, in particolare i pazienti più fragili: soprattutto, spiega Amd, anziani con patologie concomitanti e complicanze, assistiti da remoto per evitare di esporli al rischio di contagio, ma anche pazienti con un buon controllo metabolico e trattati con insulina, dunque con minori necessità di cambiare la terapia e per questo più gestibili a distanza. Così come previsto dal Percorso diagnostico terapeutico assistenziale per la telemedicina stabilito da Amd, Sid e Sie.

Amd fa notare che, sulle 50mila persone con diabete assistite con la telemedicina, relativamente pochi sono stati i diabetici di tipo 1, in quanto in generale si tratta “di pazienti più giovani, digital friendly, già abituati all’utilizzo di strumenti digitali che hanno potuto scaricare direttamente in cartella i dati del monitoraggio”.

Di Cianni (Amd): “Fare in modo che la telemedicina diventi un percorso di cura strutturato, ottimizzato e ben codificato, in grado di inserirsi a pieno titolo quale modalità assistenziale complementare per la gestione delle persone con diabete”.

Valeria Manicardi, coordinattrice del Gruppo Annali 2017-2021, e Giuseppina Russo, attuale coordinatrice del Gruppo, osservano che “i numeri che abbiamo raccolto, probabilmente sottostimati considerando che la possibilità di registrazione di prestazioni in telemedicina è stata approvata solo in un secondo momento, ci confermano che, grazie alla telemedicina e al recupero delle visite in presenza, siamo riusciti a garantire assistenza a tutta la popolazione presa in carico dai 282 Centri afferenti al database Annali Amd, ma anche che attraverso l’assistenza da remoto è possibile mantenere elevati standard di qualità della cura ”.

Pertanto, conclude il presidente Di Cianni, “alla luce degli obiettivi del Pnrr, la sfida che si pone di fronte al Servizio sanitario nazionale per una nuova gestione delle cronicità, come lo è il diabete, è fare in modo che la telemedicina diventi un percorso di cura strutturato, ottimizzato e ben codificato, in grado di inserirsi a pieno titolo quale modalità assistenziale complementare per la gestione delle persone con diabete”.

Gabbrielli (Istituto Superiore di Sanità): “La sanità digitale per il diabete è certamente di grande utilità e ha prospettive di sviluppo più importanti di quelle che attualmente si pensano”.

Su questi temi si registra anche l’opinione di Francesco Gabbrielli, direttore del Centro nazionale per la telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità, intervenuto a un recente incontro organizzato a Rona su “Pnrr e diabete” da Motore Sanità.

Secono Gabbrielli, “la sanità digitale per il diabete è certamente di grande utilità e ha prospettive di sviluppo più importanti di quelle che attualmente si pensano, ma bisogna che sia i pazienti sia i professionisti non considerino più la telemedicina esclusivamente come televisita e teleconsulto in quanto sarà una nuova modalità di trattamento dei dati di gestione e di organizzazione”.

In particolare, continua Gabbrielli, “i dati del paziente non saranno più solo dati sanitari (della cartella clinica, degli esami di laboratorio, eccetera) ma saranno dati che verranno prodotti direttamente dal paziente in casa propria e riguarderanno, per esempio, nel caso del diabete, lo stile di vita, il tipo di alimentazione e di attività fisica, l’andamento delle altre patologie correlate, la sorveglianza e la prevenzione secondaria e terziaria delle complicanze del diabete e della prevenzione delle fasi di scompenso. Grazie a questo nuovo utilizzo dei dati cambierà profondamente il modo stesso di intendere il rapporto con il paziente, e sarà non più con il medico isolato ma l’équipe sanitaria che lavorerà attorno a lui. A questa nuova forma di assistenza, però, ci dobbiamo ancora arrivare con servizi di telemedicina ben progettati”.

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