Per il diabete meglio il nostro Ssn, che garantisce a tutti accesso gratuito a insulina e farmaci essenziali, rispetto al sistema degli Stati Uniti, dove, mancando un servizio sanitario pienamente universalistico e solidarista, i pazienti meno abbienti spesso si trovano a dover affrontare di tasca propria alti costi per le cure, faticando o non riuscendo a sostenerli, con conseguenze anche gravi.
Lo sottolinea la Associazione medici diabetologici, mettendo a confronto i due sistemi: quello italiano, fondato su principi universalistici e gestito dalla parte pubblica (Stato e Regioni, con possibilità per strutture private di essere riconosciute e accreditate dal Servizio sanitario nazionale), e quello statunitense, basato sostanzialmente su polizze assicurative stipulate con compagnie private (anche se esistono programmi pubblici di copertura per categorie meno favorite).
Diversamente dal nostro Ssn, che garantisce a tutte le persone con diabete la gratuità dell’accesso alle cure fondamentali, a partire dall’insulina, negli Stati Uniti manca una piena copertura sanitaria universalistica e solidale e spesso i pazienti meno abbienti possono trovarsi a dover sostenere di tasca propria un costo molto pesante per medicinali e terapie.
Proprio all’inizio di quest’anno si è letta anche sui media italiani la notizia della morte di un giovane americano con diabete di tipo 1, deceduto perché non riusciva a pagarsi le dosi di insulina sufficienti e adeguate alla sua terapia e non aveva una copertura assicurativa. Episodi tragici come questo possono purtroppo accadere se l’accesso alle cure essenziali per il diabete, a cominciare dall’insulina, non è pienamente garantito a tutti in egual misura. Vi sono così pazienti diabetici americani che non hanno una polizza assicurativa sanitaria o ne hanno una che copre soltanto in parte il loro fabbisogno terapeutico. E quindi, ricorda la Amd, negli Stati Uniti “sono molti i malati costretti a rinunciare alle cure a causa di spese che non possono permettersi; per le più recenti formulazioni di insulina, per esempio, il costo nell’ultimo decennio è quasi triplicato”.
La Ada, American diabetes association, associazione statunitense di autorevolezza mondiale, certifica infatti che negli Stati Uniti tra 2002 e 2013 il prezzo dell’insulina è cresciuto di quasi tre volte, fatto che costringe molte persone con diabete, particolarmente se non assicurate o “sottoassicurate”, a scegliere se acquistare i propri medicinali o spendere i propri soldi per altre necessità “esponendole a serie conseguenze per la loro salute nel breve o nel lungo periodo”. Per questo Ada ha promosso una campagna-petizione, intitolata “Make insulin affordable” (rendere l’insulina accessibile) per affrontare questo problema sia sul fronte del prezzo troppo elevato del farmaco (secondo Ada, in Usa è sei volte più alto che nella maggiore parte dei Paesi europei) sia su quello della copertura assicurativa dei pazienti con diabete, chiamando in causa anche il Congresso degli Stati Uniti (“The Congress” è il parlamento americano) e tutte le entità e operatori coinvolti nel problema (imprese produttrici, grossisti, compagnie assicurative, farmacie eccetera). Per saperne di più, potete leggere qui.
Mannino (Amd) invita a riflettere “sul ruolo prezioso e irrinunciabile del nostro Servizio sanitario nazionale, universalistico e solidarista e che garantisce la gratuità dell’accesso ai farmaci, soprattutto ai farmaci salvavita”.
Il presidente di Amd Domenico Mannino invita a riflettere “sul ruolo prezioso e irrinunciabile del nostro Servizio sanitario nazionale, universalistico e solidarista e che garantisce la gratuità dell’accesso ai farmaci, soprattutto ai farmaci salvavita. Con i suoi 40 anni di storia, è un baluardo a difesa del diritto alla salute che molti Paesi esteri, non a caso, ci invidiano. Non possiamo nasconderci difetti, ritardi, difficoltà e tutti i problemi che affliggono il nostro Ssn, tra i quali in primis le grandi disparità tra le diverse zone del Paese. Ma proprio per questo è necessario lo sforzo congiunto di tutti gli attori del sistema per garantire al Servizio sanitario italiano un futuro di stabilità a beneficio dei cittadini”.
Per quanto riguarda il diabete, anche il nostro Servizio sanitario nazionale, come segnalato dal Rapporto civico di Cittadinanzattiva (di cui abbiamo parlato qui), presenta problematiche, come, per esempio, il fatto che in alcune Regioni italiane esista un ticket su alcuni farmaci. Ma queste situazioni, pur disagevoli, rilevate dal Rapporto, non sono, per fortuna, comparabili con quella americana. In Italia le cure essenziali per il diabete, l’insulina in primis, sono garantite e accessibili a tutti coloro che ne hanno bisogno.
Afferma il vicepresidente di Amd Paolo Di Bartolo: “Oggi, in Italia, un paziente che riceve la diagnosi di diabete, sia di tipo 1 sia di tipo 2, rivolgendosi alla rete di servizi di diabetologia presenti su tutto il territorio nazionale, può contare sulle cure del miglior livello. Grazie alla qualità del Servizio sanitario nazionale in ambito diabetologico, il nostro Paese può sicuramente essere annoverato tra quelli più virtuosi nella cura di questa condizione”.
Approfondisce la “questione Usa” Luigi Meneghini, professore presso la University of Texas Southwestern Medical Center, a Dallas, sottolineando i limiti di “un sistema sanitario, quale quello degli Stati Uniti, in cui l’accesso alle cure e ai farmaci non è garantito e dove i membri più vulnerabili della società sono indebitamente penalizzati”.
Prosegue il professore, richiamando i dati citati dalla American diabetes association: “I prezzi delle formulazioni insuliniche più recenti, quelle in uso in Italia, negli States sono quasi triplicati negli ultimi dieci anni. Nonostante esistano ‘vecchie’ preparazioni insuliniche, oggi quasi scomparse nei Paesi europei, distribuite in alcune catene di farmacie, il cui costo è di poche decine di dollari, per molti l’obiettivo di sostenere i costi di tali terapie può essere irraggiungibile”.
Meneghini auspica come necessario che le istituzioni e la collettività negli Stati Uniti riescano “a fare propria la convinzione che l’accesso alle cure mediche dovrebbe essere un diritto e non un privilegio”, e che vengano “messe in pratica azioni per risanare la disparità che esiste nell’erogazione dell’assistenza sanitaria”.