Le persone con diabete in ospedale per altre patologie sono numerose e non sempre ricevono un’attenzione adeguata alla loro condizione di base. Lo segnala la Società italiana di diabetologia, che proprio per affrontare questa lacuna, ha presentato un libro, curato da Daniela Bruttomesso e Laura Sciacca, che vuole essere una guida pratica per medici e infermieri di altre specialità su come trattare le persone con diabete in ospedale, ricoverate per ragioni diverse o eventualmente estranee al loro diabete.

Il testo si intitola proprio “La gestione della persona con diabete ricoverata per altra patologia” e illustra le problematiche dell’alimentazione, della terapia, del controllo glicemico, al fine di assicurare la più corretta assistenza possibile al paziente, migliorandone lo stato di salute e abbreviandone i tempi di ricovero, con benefici anche economici per il sistema sanitario.

Quale che sia la causa del ricovero, la persona con diabete in ospedale deve ricevere un’attenzione particolare, che tenga conto delle esigenze specifiche legate alla sua condizione.

Le persone con diabete in ospedale sono, ogni anno, circa 700mila e il ricovero può essere determinato da diverse ragioni, non necessariamente e non sempre per cause legate al diabete, anzi spesso per motivi differenti. Ma, quale che sia la causa, il paziente diabetico deve essere seguito con una particolare attenzione, avendo sempre presente che si tratta di una persona con diabete.

Secondo i dati dell’Osservatorio Arno Diabete, chi ha il diabete viene ricoverato in ospedale molto più spesso rispetto a chi non ce l’ha: nel 2014 i tassi dei ricoveri ordinari per qualsiasi causa sono stati 277 per 100mila abitanti contro 159/100.000, rispettivamente tra le persone con diabete e quelle senza questa patologia. Sempre nel 2014 i ricoveri di persone con diabete in ospedale sono stati circa 1,2 milioni sui circa 6,5 milioni totali; il 17% circa dei diabetici italiani (che oggi sono oltre 3 milioni e 780mila) è stato ricoverato almeno una volta (in media 1,7 volte) e il 5% ha fatto ricorso al day hospital.

Approfondendo i dati, si scopre una realtà in parte sorprendente: la causa del ricovero è attribuibile a scompenso glicemico in meno del 2% dei casi, mentre nel 9% circa dei casi il ricovero delle persone con diabete è legato a danno d’organo (complicanze croniche della malattia o comorbilità). Le cause più frequenti di ricovero nei diabetici sono invece patologie cardiovascolari (20%), in particolare scompenso cardiaco e l’insufficienza respiratoria, con tassi di ricovero doppi tra i diabetici rispetto ai non diabetici.

La durata dei ricoveri in ospedale è mediamente di un giorno più lunga per chi ha il diabete rispetto a chi non ce l’ha.

Anche la durata dei ricoveri varia tra persone con diabete e non diabetici: per le prime è più lunga, in media 12,1 giorni contro 11,2. Secondo la Sid, questo scarto si può spiegare proprio con “una non ottimale gestione del diabete, che richiede attenzione a vari aspetti: alimentazione, uso ottimale della terapia insulinica, possibili controindicazioni temporanee o permanenti all’uso di farmaci anti-iperglicemizzanti, possibili interazioni con i farmaci per la patologia che ha portato al ricovero, eventuali procedure diagnostiche e/o terapeutiche che influenzano lo schema terapeutico, misurazioni della glicemia nei modi e nei tempi appropriati, gestione corretta di eventuali episodi di ipoglicemia”. Ecco perché sarebbe auspicabile offrire ai medici e infermieri di altre specialità “una consulenza diabetologica per ottimizzare la terapia alla luce delle condizioni che hanno generato il ricovero” della persona con diabete, “anche perché peggiore è il compenso glicemico, peggiore sarà l’esito del ricovero”.

A giudizio delle autrici del volume, migliorare l’assistenza alle persone con diabete in ospedale contrasterebbe “il rischio di malpractice e di comparsa di patologie iatrogene” e, d’altro lato, rendererebbe il ricovero ospedaliero un “prezioso e irripetibile momento di rivalutazione del compenso metabolico e di stadiazione del danno d’organo in una persona con diabete noto. Inoltre, non è raro che la prima diagnosi di diabete venga fatta durante un ricovero in ospedale. In tal caso, è necessario educare il paziente alla terapia, al monitoraggio glicemico, alla dieta, alla gestione dell’ipoglicemia prima della dimissione”.

Un esempio che andrebbe seguito è quello che si riscontra in Germania, Francia, Regno Unito, Stati Uniti (e soltanto raramente in Italia), dove la persona con diabete che viene ricoverata viene segnalata alla struttura di diabetologia dai medici del pronto soccorso o del reparto dove viene ricoverata. In questo caso il centro diabetologico esegue una presa in carico immediata che prosegue fino al momento della dimissione.

Migliorare l’assistenza alle persone con diabete ricoverate per altra patologia potrebbe ridurre i giorni di permanenza in ospedale e fare risparmiare sino a un miliardo di euro.

La guida ricorda che migliorare l’assistenza alle persone con diabete, ricoverate in ospedale per altra patologia, è anche uno degli obiettivi del Piano nazionale sulla malattia diabetica del Ministero della Salute e presenta importanti risvolti economici. Infatti, ridurre di un giorno la degenza del singolo paziente si traduce nel risparmio di 750 euro. Calcolando il numero di ricoveri nelle persone con diabete in Italia (1,2 milioni per anno), la riduzione di un giorno di degenza in tutte le persone con diabete si tradurrebbe in un risparmio di quasi un miliardo di euro l’anno, che potrebbe essere impiegato altrimenti: per esempio, per assumere alcune centinaia di diabetologi e per rendere in questo modo più incisive la cure.

Oggi in Italia il Fondo sanitario nazionale stanzia per la cura delle persone con diabete circa 15 miliardi di euro l’anno, oltre il 10% del totale. Considerando anche spese dirette sostenute dalle persone e dalle loro famiglie e costi indiretti, molti dei quali a carico delle casse dello Stato per prepensionamenti e assenze dal lavoro, il totale ammonta a 25-30 miliardi di euro.

Un documento della Fadoi sul diabete in ospedale

Il recente XXI Congresso nazionale della Fadoi (Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti), svoltosi a Roma nel maggio scorso, ha aggiunto ulteriori dati ed elementi di riflessione sull’argomento. Infatti, in base agli studi Fadoi Gemini e Fadoi Practice, il 23% -circa 1 su 4- dei ricoveri nei reparti di medicina interna riguarda persone con diabete,

Così commenta il presidente eletto di Fadoi Andrea Fontanella, primario di Medicina interna all’Ospedale Fatebenefratelli di Napoli: il diabete “incide significativamente sull’attività ospedaliera, non tanto come causa diretta del ricovero, quanto come condizione frequentemente associata alla malattia determinante il ricovero, poiché aumenta il rischio di complicanze e di mortalità e provoca allungamento della durata di degenza”.

Per questo Fadoi ha elaborato un documento intitolato “L’appropriatezza nella gestione dell’iperglicemia nel paziente ospedalizzato: schemi di orientamento” (presentato proprio al XXI Congresso, nell’ambito del simposio “Diabete in ospedale: sfide e opportunità per la Medicina interna”), che -spiega Fontanella- “mette in evidenza le pratiche cliniche, diagnostiche e terapeutiche più appropriate in ogni fase del ricovero della persona con diabete, dall’accesso alla dimissione, a partire dalla definizione degli obiettivi glicemici e della terapia insulinica sia nei pazienti critici e non critici sia in quelli in terapia cortisonica o che devono sottoporsi a intervento chirurgico, situazioni particolarmente critiche per il controllo glicemico”.