Si parla sempre più spesso delle prospettive della telemedicina e proprio di telemedicina e diabete si è occupato un recente convegno dell’Associazione medici diabetologi, tenutosi a Roma in occasione della Giornata mondiale del diabete (“Telemedicina e diabete: uno sguardo al futuro?”).

L’applicazione sempre più estesa delle tecnologie digitali alla gestione del diabete potrebbe essere la strada del futuro per dare alle persone con diabete una assistenza migliore, secondo gli esperti di Amd: la possibilità di raccogliere una vasta mole di dati e di elaborarli tramite software, così come la diretta e rapida comunicazione a distanza tra medico e paziente, che permette potenzialmente di ridurre il numero delle visite ambulatoriali (e gli spostamenti che comportano) e di assicurare una maggiore continuità assistenziale sono alcune delle grandi potenzialità che si delineano.

Un’altra promessa dell’evoluzione tecnologica è quella di arrivare a ridurre nel tempo anche i costi per il Servizio sanitario nazionale grazie innanzitutto al fatto di poter offrire cure migliori e più efficaci, che contribuiscono a ridurre le complicanze del diabete, la maggior fonte di spesa legata alla patologia (specialmente in termini di ricoveri ospedalieri), ma anche per l’atteso effetto positivo di riorganizzazione e razionalizzazione dell’assistenza fornita.

Secondo la definizione stabilita già nel 1997 dall’Organizzazione mondiale della sanità, “la telemedicina è l’erogazione di servizi sanitari quando la distanza è un fattore critico, per cui è necessario usare, da parte degli operatori, le tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni al fine di scambiare informazioni utili alla diagnosi, al trattamento e alla prevenzione delle malattie e per garantire un’informazione continua agli erogatori di prestazioni sanitarie e supportare la ricerca e la valutazione della cura”.

Esperienze di applicazioni di telemedicina alla cura del diabete esistono già in vari centri d’Italia. Si tratta, per esempio, di servizi di monitoraggio a distanza dei valori di glicemia, peso, pressione arteriosa, rilevati a casa dalla persona con diabete e trasmessi direttamente per via telematica a diabetologi e infermieri presso una centrale operativa, che assiste telefonicamente il paziente in caso di necessità. La prospettiva è quella di estendere, perfezionare e generalizzare sistemi di questo tipo e di svilupparne di più avanzati.

Uno studio dell’Associazione medici diabetologi misurerà “l’impatto di un sistema di telecare per il controllo del rischio metabolico e cardiovascolare in 1.000 pazienti con diabete tipo 2 e diabete gestazionale”.

L’Associazione medici diabetologi ha quindi preso l’iniziativa di realizzare uno studio su telemedicina e diabete per poter dare a questo scenario promettente una maggiore concretezza, misurando quanto la teleassistenza possa giovare alla cura di una persona affetta da diabete. Lo studio promosso da Amd cercherà di analizzare “l’impatto di un sistema di telecare per il controllo del rischio metabolico e cardiovascolare in 1.000 pazienti con diabete tipo 2 e diabete gestazionale”.

Come spiega il presidente dell’Associazione medici diabetologi, Domenico Mannino, “per una gestione più sostenibile di importanti patologie croniche, come il diabete, l’assistenza dovrà evolversi verso un approccio più razionale e moderno, indirizzandosi in remoto, grazie agli strumenti offerti oggi dalle tecnologie digitali. Per questo Amd intende approfondire, attraverso uno studio multicentrico randomizzato, se l’uso di un sistema di telecare domiciliare, che rende i pazienti in grado di monitorare valori di glicemia, peso e pressione arteriosa, possa migliorare il controllo glicemico e il profilo di rischio cardiovascolare, rispetto alle normali modalità di gestione da parte del servizio di diabetologia. L’obiettivo è realizzare uno dei più ampi studi al mondo sulla telemedicina, coinvolgendo quasi 1.000 soggetti con diabete tipo 2 e diabete gestazionale. Inoltre, andremo a misurare l’impatto del sistema di telecare rispetto all’usual care su numerosi outcome clinici e umanistici e sul consumo di risorse sanitarie. Il nostro auspicio è dimostrare con un approccio metodologico rigoroso che la telemedicina può funzionare su un numero elevato di centri e pazienti. Qualora i risultati della sperimentazione confermassero l’efficacia e la sicurezza attese dal sistema, questo potrebbe essere implementato nella normale pratica clinica, nell’ambito delle attività e delle strategie di miglioramento dell’assistenza promosse da Amd”.

Secondo Francesco Gabbrielli, direttore del Centro nazionale per la Telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità, “numerosi studi indicano chiaramente che la via più realistica per continuare ad avere un servizio sanitario pubblico consiste nell’ottenere risorse economiche dal contrasto agli sprechi e reinvestirle subito nella realizzazione di servizi di sanità digitale. Questo perché le innovazioni digitali costringono, per essere utilizzate con successo, a rivedere le organizzazioni, ovvero a verificare chi fa che cosa e come lo fa. Negli anni passati, in Italia abbiamo accumulato un rilevante ritardo di sviluppo nella sanità digitale, anche perché abbiamo svolto tante piccole esperienze di telemedicina e d’innovazione digitale sanitaria del tutto locali, episodiche, senza coordinamento. Il Centro nazionale per la Telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali nasce con la missione di condurre, promuovere e coordinare la ricerca e la governance di sistema per le applicazioni sociali e sanitarie nell’ambito delle nuove tecnologie informatiche e della telemedicina. In altre parole, il Centro nazionale agisce per favorire la realizzazione di servizi sanitari e assistenziali digitalizzati su larga scala, che garantiscano equità di accesso, sicurezza, appropriatezza delle cure”.

Secondo Mannino, la telemedicina applicata al diabete è una risorsa importante sia per dare un’assistenza più adeguata alle persone con diabete sia per rafforzare la capacità dello stesso paziente di autogestirsi correttamente. Dice il presidente di Amd: “In linea con gli indirizzi forniti dal Piano Nazionale della Cronicità e dal Piano Nazionale per la Malattia diabetica, i sistemi sanitari regionali sono chiamati a una profonda riorganizzazione dell’assistenza per le patologie croniche, secondo i principi del chronic care model che prevede l’empowerment del paziente e una sua elevata capacità di autogestione della malattia, grazie a un adeguato percorso educativo e al supporto della telemedicina”.