Dal 2013 l’Italia ha un Piano nazionale del diabete: il provvedimento, che ha valore normativo (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale), è stato adottato in seguito a una risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 2012, che invitava gli Stati membri dell’Unione a dotarsi di una legge dedicata alla pandemia diabete. Si tratta di un’iniziativa di particolare importanza, perché spesso lo Stato ha predisposto piani nazionali su tematiche sanitarie, ma sinora mai uno dedicato a una singola specifica patologia: questo conferma quanto rilievo abbia assunto il diabete in questi anni.
Il “Piano sulla malattia diabetica” o Piano nazionale del diabete riconosce questa patologia come una priorità per il Servizio sanitario nazionale e prevede una strategia che coinvolge le strutture di governo del Paese, nazionali e locali, Stato, Regioni e Province autonome, al fianco della popolazione e degli operatori sanitari. Al testo hanno lavorato il Ministero della Salute e la Commissione nazionale diabete, che hanno potuto contare sulla consulenza di Diabete Italia, delle società scientifiche, delle associazioni di volontariato, dei responsabili regionali.
Il Piano nazionale per il diabete punta a garantire in concreto alle persone con diabete il diritto alla migliore cura possibile su tutto il territorio italiano.
Secondo le associazioni nazionali dei diabetologi, Amd e Sid, si tratta di un progetto importante e necessario, che fissa i criteri fondamentali per assicurare alle persone con diabete la migliore cura possibile e omogenea su tutto il territorio nazionale. Si tratta di un documento di programmazione che integra i principi sanciti dalla Legge 115/87 e intende dare concretezza ai diritti delle persone con diabete delineati da quella norma generale.
Il Piano nazionale del diabete indica come stella polare dell’assistenza e cura la centralità del paziente, seguito dal team diabetologico, in costante collaborazione con il medico di famiglia.
Quindi, il Piano stabilisce le priorità dalle quali devono partire gli enti (Regioni e Province autonome) che gestiscono direttamente la sanità.
Gli obiettivi del Piano
Gli obiettivi generali sono -oltre a porre al centro la persona con diabete- valorizzare il ruolo delle associazioni di volontariato, promuovere l’integrazione e la rete tra specialisti e medici di medicina generale attraverso “percorsi diagnostico terapeutici assistenziali”, assicurare un uso appropriato delle risorse.
Il Piano nazionale del diabete parte dalla considerazione del forte e crescente impatto sociale, economico e sanitario del diabete e si pone come scopo la prevenzione e in ogni caso la riduzione degli eventi acuti e delle complicanze più gravi del diabete: sono infatti questi i fattori che costano di più alle persone in termini di qualità della vita e al sistema in termini economici.
L’approccio alla problematica deve pertanto essere multidisciplinare e multiprofessionale, con l’attivo coinvolgimento dei diabetici, intorno agli obiettivi della prevenzione, della diagnosi precoce, della buona gestione della patologia e delle complicanze, del miglioramento dell’assistenza e della cura.
Coinvolgimento del paziente significa innanzitutto dargli la capacità di autogestirsi al meglio, quello, che con parola inglese sempre più in voga anche da noi, è chiamato empowerment. Sappiamo già che il diabetico è un tipo di paziente mediamente più istruito, competente e autonomo degli altri nei riguardi della sua condizione. Sappiamo anche che l’autocontrollo che impara a praticare su di sé è determinante per garantirgli uno stato di salute complessivo buono. Siamo consapevoli, inoltre, che un sano stile di vita, consapevolmente seguito, è una chiave per prevenire il diabete se non lo si ha già e le sue complicanze se ne si è affetti.
Per questo il Piano prevede di rafforzare i programmi di educazione sanitaria e di screening per potenziare la prevenzione primaria, incoraggiare i comportamenti sani e virtuosi (alimentazione corretta e regolare attività fisic), individuare precocemente i soggetti a rischio di sviluppare il diabete.
Al centro c’è la persona con diabete. Intorno a lui devono essere coinvolti tutti: diabetologi, medici di famiglia, pediatri, psicologi, dietisti, infermieri, associazioni di volontariato.
Per ottenere questi risultati è necessario che siano coinvolti insieme tutti gli attori interessati: diabetologi, medici di famiglia, pediatri, psicologi, dietisti, infermieri, associazioni di volontariato e che sia garantita la formazione e la qualificazione permanente di tutti gli operatori. Come si deve attuare questo programma? Occorrono piani regionali che abbiano come fine la realizzazione di una omogeneità dell’assistenza che sia davvero garantita su tutto il territorio nazionale: è questa una meta non ancora raggiunta, nonostante il buon livello della rete diabetologica italiana, perché tuttora esistono differenze tra le diverse aree del Paese.
Il Piano nazionale deve quindi, per essere attuato, venire tradotto da provvedimenti specifici a livello regionale: a oggi quasi tutte le Regioni (diciassette) lo hanno recepito. Come fa notare Diabete Italia, “una volta recepiti dalle legislazioni regionali, i concetti del Piano fanno legge”. Ciò vuol dire che “un paziente, una associazione o un team possono quindi chiedere alla Regione o alla Asl di modificare tutti gli atti, le circolari e le norme che non sono coerenti con questi concetti e questi impegni o chiedere alla Regione o alla Asl di mettere in pratica i concetti e gli impegni presenti nel Piano”.