Parte a gennaio una campagna di informazione per promuovere la diagnosi tempestiva del diabete nei bambini (diabete di tipo 1), coinvolgendo genitori, insegnanti e pediatri. L’iniziativa è lanciata dalla Società italiana di diabetologia pediatrica (Siedp) con il contributo non condizionato di Bayer HealthCare. Con l’aiuto di materiale informativo ci si propone di sensibilizzare la popolazione sull’importanza di riconoscere subito i sintomi della comparsa del diabete nei bambini, passo indispensabile per poter intervenire immediatamente con le misure necessarie. Presso gli studi di diecimila pediatri saranno distribuiti opuscoli che forniranno le nozioni essenziali; sarà inoltre diffusa una newsletter periodica. Oggi in Italia circa 20.000 bambini e giovani, di età compresa tra 0 e 18 anni, sono affetti da diabete di tipo 1. Negli ultimi 15 anni la diffusione di questa patologia è raddoppiata.
Tutti devono sapere che forte disidratazione, frequente bisogno di urinare, continuo senso di sete, spesso associati a un rapido dimagrimento, sono segnali distintivi dell’esordio del diabete infantile di tipo 1, insulinodipendente. Il bambino ha quindi bisogno di essere prima reidratato e poi di essere sottoposto alla terapia insulinica, secondo un protocollo ben preciso che il personale sanitario deve seguire. Altrimenti, il rischio è lo sviluppo della chetoacidosi, complicanza di un diabete di tipo 1 non individuato per tempo, che può portare a edema cerebrale con conseguente rischio di gravi danni al cervello e anche pericolo di morte. La campagna Siedp vuole ottenere il risultato che il diabete nei bambini, essendo una condizione assolutamente gestibile con una adeguata terapia, non sia più una causa di morte o di gravi scompensi cerebrali e neurologici.
Commenta il presidente di Siedp Mohamad Maghnie: “Promuovere la diagnosi precoce del diabete infantile è indispensabile per evitare che i bambini arrivino in Pronto soccorso in condizioni critiche: infatti, ancora oggi alcuni di loro muoiono a causa delle lesioni cerebrali, la conseguenza più grave della chetoacidosi”.
Sottolinea il presidente della Sip (Società italiana di pediatri) Lombardia Gianvincenzo Zuccotti: “Una chetoacidosi diabetica non riconosciuta tempestivamente e non trattata secondo le raccomandazioni delle società scientifiche è ancora causa di morte o di sequele. Il coinvolgimento dei pediatri di libera scelta, innanzitutto, quali persone che prime vedono il bambino quando non sta bene, e di tutti i pediatri ospedalieri è quindi indispensabile”.
Il 38,5% dei bambini con diabete di tipo 1, quando viene diagnosticato, ha già una chetoacidosi, lieve o grave: una percentuale da abbassare drasticamente.
Uno studio scientifico svolto su 68 centri di diabetologia pediatrica italiani dal Gruppo di studio sul diabete infantile della Siedp (coordinato da Ivana Rabbone, pediatra diabetologa presso la Struttura semplice dipartimentale di Endocrinologia e Diabetologia pediatrica dell’Ospedale Regina Margherita, Città della Salute e della Scienza di Torino) conferma che il problema della chetoacidosi si manifesta con troppa frequenza.
L’indagine della Siedp ha esaminato i casi di 2.453 bambini, tra 0 e18 anni, a cui è stato diagnosticato, nel periodo 2012-2013, un diabete di tipo 1: il 38,5% ha esordito con chetoacidosi, e, tra questi, il 10,3% aveva una chetoacidosi severa. Più in particolare, tra i bambini che hanno esordito con chetoacidosi, il 72% aveva un’età inferiore ai 6 anni, il 16,6% di loro aveva chetoacidosi severa. Di quel 38,5% a cui è stata diagnosticata la chetoacidosi, lo 0,53% ha avuto come conseguenza l’edema cerebrale.