Prevenire il piede diabetico è fondamentale nella gestione della patologia, perché si tratta di una delle più serie complicanze di un diabete fuori controllo e può produrre danni tanto gravi da rendere in molti casi inevitabili interventi di amputazione, che in Italia riguardano circa settemila persone ogni anno (dati Sid).
In un “focus sul piede diabetico”, presentato in occasione del suo recente congresso di marzo a Riccione (“Panorama diabete”), la Società italiana di diabetologia – Sid ha sottolineato con soddisfazione che in Italia negli ultimi vent’anni sono stati fatti importanti progressi nella prevenzione e cura di questa complicanza: il numero delle amputazioni degli arti inferiori si è ridotto del 40% nell’ultimo decennio. Sono infatti cresciute sia la consapevolezza del problema da parte di operatori sanitari e pazienti sia le capacità di intervento delle strutture sanitarie italiane con la diffusione di ambulatori podologici nei centri di diabetologia (sia pure con significative differenze tra le varie Regioni).
Il piede diabetico, caratterizzato da ulcera del piede, è una delle più serie complicanze di un diabete mal controllato: colpisce il 5% dei pazienti e causa ogni anno 7mila interventi di amputazione, Si può prevenire con un buon controllo della patologia, buone abitudini comportamentali e visite mediche specifiche regolari.
Settemila persone costrette all’amputazione sono in ogni caso sempre troppe. Il piede diabetico, caratterizzato da “ulcera del piede” colpisce il 5% delle persone con diabete (si stimano 300mila pazienti in Italia). Esiste anche un oneroso problema di costi, perché la cura del piede diabetico assorbe “risorse pari al 25% circa della spesa complessiva per l’assistenza ai pazienti diabetici. Il piede diabetico rappresenta inoltre il 2-4% di tutti i ricoveri per diabete”.
La Società italiana di diabetologia definisce così il piede diabetico: “presenza di una ulcerazione o distruzione dei tessuti profondi che si associa ad anomalie neurologiche e a vari gradi di vasculopatia periferica”.
La Sid osserva che ”la qualità di vita del paziente con ulcera del piede risulta gravemente compromessa per i lunghi tempi di guarigione e per la necessità di una continua sorveglianza in prevenzione secondaria. La chiusura dell’ulcera, infatti, non rappresenta la risoluzione della malattia, ma solo la remissione del quadro clinico, che, se non adeguatamente monitorata, può recidivare in oltre il 40% dei pazienti. La comparsa di un’ulcera in un paziente diabetico ne condiziona in maniera importante la sopravvivenza a 5 anni (solo il 50-60% raggiunge questo traguardo temporale)”.
Commenta Roberto Da Ros, responsabile del Centro diabetologico AAS2, di Monfalcone-Gorizia e coordinatore del gruppo di studio Sid-Amd sul piede diabetico: “La presentazione delle lesioni del piede diabetico risulta sempre più complessa, con lesioni complicate: la frequenza di lesioni vascolari e/o infette supera il 50%. Questi pazienti inoltre presentano multiple comorbidità: il 50% dei pazienti con arteriopatia periferica presentano anche cardiopatia ischemica, il 30% vasculopatia dei tronchi sovraortici, il 20% entrambe le patologie”.
“La prevenzione delle ulcere -avverte dunque la Sid- è una parte importantissima nella gestione del piede diabetico, in quanto è proprio dall’insorgenza delle ulcere che comincia tutta la catena di eventi che può portare all’amputazione”.
Non bisogna mai sottovalutare il rischio. Dice Luigi Uccioli, professore associato di Endocrinologia, presso l’Università di Roma Tor Vergata e responsabile della “Unit Piede diabetico” al Policlinico Tor Vergata: “Purtroppo non esistono ulcere più o meno pericolose. Tutte possono essere pericolose, anche quelle apparentemente banali, soprattutto se tendono a non guarire. Circa il 30% della popolazione diabetica è affetta da neuropatia periferica, con associata riduzione della sensibilità. Per questo le ulcere si possono formare per cause apparentemente banali, come le vesciche da scarpe eccessivamente strette e non avvertite come tali, o le ustioni da contatto (acqua dei pediluvi, termofori, stufe e camini, sabbia d’estate, eccetera). La persona diabetica con neuropatia periferica è un po’ come Pinocchio che si brucia i piedi (insensibili perché di legno) quando li appoggia sul braciere. Altra condizione di rischio è rappresentata dall’ipercheratosi (calli) sotto la pianta del piede e che può traumatizzare i tessuti sottostanti, fino a formare l’ulcera. Il quadro si complica quando, insieme alla neuropatia, è presente anche un problema di cattiva circolazione arteriosa, che rende ancora più difficile la guarigione delle ulcere”.
Il decalogo per prevenire il piede diabetico elaborato dalla Società italiana di diabetologia indica alcune buone regole di comportamento da seguire nella quotidianità per salvaguardare la salute dei propri piedi.
La Sid ripropone quindi il suo decalogo per prevenire il piede diabetico, che indica alcune buone norme da osservare nella vita quotidiana per preservare la salute dei propri piedi e allontanare il rischio di questa complicanza del diabete. Naturalmente, tutte queste precauzioni devono essere inserite nel contesto di una buona gestione generale della propria condizione diabetica e del proprio compenso glicometabolico. Ecco le dieci regole da rispettare.
1) Esaminare ogni giorno i piedi, in particolare la pianta, il tallone e tra le dita. Osservare se tra le dita la pelle è macerata, biancastra, e se le unghie tendono a incarnirsi.
2) Lavare i piedi ogni giorno, con acqua tiepida e un sapone di buona qualità. Asciugarli bene con un asciugamano morbido, specialmente tra le dita. Non fare pediluvi prolungati o con sali: macerano o disidratano la pelle.
3) Dopo aver lavato i piedi, guardare se ci sono ispessimenti duri della pelle sul tallone o sui margini della pianta del piede. In questo caso, strofinare delicatamente le parti interessate con una pietra pomice naturale. Non utilizzare altre pietre o preparati abrasivi, come pure non usare callifughi per duroni e calli.
4) Dopo avere asciugato i piedi, massaggiarli con una crema idratante a base di urea, per mantenere la pelle elastica e morbida. Se, malgrado queste precauzioni, si continuano a formare ispessimenti e callosità alla pianta del piede, consultare il medico, perché potrebbe essere il segno di un cattivo appoggio del piede o di scarpe inadatte.
5) Evitare temperature troppo calde o troppo fredde e, di conseguenza, non utilizzare borse d’acqua calda o termofori. Se di notte i piedi sono freddi, indossare calze di lana. Meglio ancora: indossare calze di seta, sotto le calze di lana.
6) Non camminare mai scalzi, neppure in casa o in spiaggia. Indossare scarpe comode, evitare le scarpe con punta stretta o con tacchi alti, come pure le scarpe aperte e i sandali. Indossare le scarpe nuove per brevi periodi, fino a quando non si adattano bene al piede. Ispezionare con la mano l’interno delle scarpe prima di calzarle: potrebbero esserci corpi estranei, chiodini o irregolarità della tomaia.
7) Non indossare mai le scarpe senza calze. Indossare poi calze di giusta misura, senza rammendi e, possibilmente, senza cuciture. Cambiare calze e calzini ogni giorno. Non portare giarrettiere o elastici che stringano le gambe.
8) Tagliare le unghie dritte, non troppo corte, con un tronchesino a punte arrotondate. Non usare forbici appuntite e poi, per smussare gli angoli, utilizzare una lima a punta arrotondata. Se si è in difficoltà, farsi tagliare le unghie o usare soltanto la lima. Avvertire sempre il podologo che si è diabetici.
9) Non tagliare calli o duroni. Non forare le vesciche o le bolle con aghi. Coprire le ferite con garza sterile, da fissare poi con rete elastica o cerotto di carta. Non usare cerotti telati. Cambiare la medicazione almeno ogni giorno e osservare attentamente la lesione.
10) Non ascoltare mai i consigli di parenti, vicini o altri diabetici, ma seguire sempre le istruzioni del medico o del farmacista o dell’infermiere addetto alla cura dei piedi. Ricordarsi di far sempre ispezionare i piedi a ogni visita. Chiedere consiglio per ogni iniziativa che si intenda prendere per i propri piedi (prodotti, solette, plantari eccetera).
Sid: “Oggi sia i diabetologi sia i podologi (specificatamente formati) sono in grado di definire il rischio di sviluppare un’ulcera plantare in ogni paziente diabetico attraverso un’attenta valutazione del piede e l’esecuzione di test semplici”.
Oltre alle buone norme comportamentali per la prevenzione del piede diabetico, è importante individuare se la persona con diabete ha un rischio più o meno elevato di sviluppare la complicanza e in particolare se possa essere predisposta all’insorgenza di un’ulcera plantare.
La Sid ricorda che “oggi sia i diabetologi sia i podologi (specificatamente formati) sono in grado di definire il rischio di sviluppare un’ulcera plantare in ogni paziente diabetico attraverso un’attenta valutazione del piede e l’esecuzione di test semplici per evidenziare la presenza delle complicanze a carico dei nervi e delle arterie. L’ispezione avrà lo scopo di evidenziare la presenza di deformità delle dita (dita a martello, alluce valgo eccetera), di callosità plantari, di cute secca, condizioni indicative di particolare vulnerabilità del piede”.
Come spiega il professor Uccioli, “i test saranno inizialmente di screening e devono essere effettuati su tutti i pazienti diabetici almeno una volta l’anno mentre i test di approfondimento saranno riservati solo ai pazienti che risulteranno positivi allo screening. Tra le indagini di primo livello c’è la ricerca dei riflessi achillei e dei polsi periferici, valutazioni effettuabili ambulatorialmente in pochi minuti. Questi test ci orientano già sulla presenza di neuropatia e/o vasculopatia periferica. Altre indagini, come la valutazione della sensibilità vibratoria o la valutazione dell’indice pressorio gamba/braccio ci caratterizzeranno meglio il problema”.
Grazie a questi controlli, il livello di rischio può essere anche misurato nella sua gravità, in modo da poter predisporre tempestivamente e sistematicamente interventi di prevenzione.
Continua infatti Uccioli: “Con queste informazioni (presenza o meno di neuropatia e/o vasculopatia, presenza di deformità del piede e il dato anamnestico di una pregressa ulcera) sarà possibile definire un grado di rischio di sviluppare ulcere che sarà ovviamente di grado zero (assente) in assenza di neuropatia e vasculopatia, di grado 1 (moderato) quando è presente solo la neuropatia, di grado 2 (elevato) quando la neuropatia si associa alla deformità del piede o è presente una vasculopatia periferica e di grado 3 (elevatissimo) quando il paziente ha già avuto un’ulcera al piede. Una volta definito il grado di rischio, sarà possibile mettere in atto opportune strategie preventive che includono: un controllo podologico attivo e continuo, allo scopo di garantire un adeguato taglio delle unghie, la rimozione delle ipercheratosi e l’individuazione tempestiva di pre-lesioni; l’utilizzo di creme idratanti ed emollienti che devono restituire elasticità alla cute; l’uso di calzature e plantari, adeguati al grado di rischio, per ridurre il carico sulle singole aree della pianta del piede e proteggerlo in modo adeguato senza frizioni sulla cute in presenza di deformità; l’acquisizione di norme di autocontrollo, come l’ispezione quotidiana del piede (da affidare a un familiare in caso di problemi di vista), l’igiene personale, con la raccomandazione di evitare il taglio autonomo delle unghie (soprattutto in caso di visus ridotto o di limitazione nei movimenti). Il tutto ovviamente deve essere inserito nell’ambito di un percorso di attenta gestione del diabete e delle sue complicanze da parte dei centri di diabetologia di riferimento”.
Di piede diabetico abbiamo parlato, tra l’altro, anche qui.
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