La prevenzione del piede diabetico è un obiettivo fondamentale da perseguire per chi ha il diabete, perché si tratta di una delle complicanze più temibili, tanto da essere, in caso di degenerazione, la causa principale di amputazione di arti non dovuta a eventi traumatici.

Per questo è necessaria una costante attenzione allo stato dei propri piedi, sia nella osservazione quotidiana della parte, nella scelta corretta delle calzature, nell’adeguatezza dell’igiene e via dicendo (come più in particolare potete approfondire qui e anche qui) sia nell’appropriatezza degli esami strumentali da eseguire.

In tema di controllo, diagnosi, prevenzione del piede diabetico e monitoraggio di eventuali complicazioni in atto o a rischio di sviluppo, la Società italiana di diabetologia ha riservato al tema un capitolo del suo recente position paper rivolto a diabetologi, specialisti di altre discipline e medici di famiglia, indicando gli esami strumentali che il paziente con diabete deve fare, segnalando contemporaneamente quelli meno utili.

La prevenzione del piede diabetico passa anche per l’attuazione di uno screening accurato che permetta diagnosi e interventi tempestivi. La Sid indica gli esami strumentali più utili da fare.

La Sid definisce così il piede diabetico: “presenza di una ulcerazione o distruzione dei tessuti profondi che si associa ad anomalie neurologiche e a vari gradi di vasculopatia periferica”. (Noi ne abbiamo parlato anche qui). E indica quali sono gli esami strumentali per lo screening. Riportiamo a seguire quanto scrive in proposito la Società italiana di diabetologia.

Esami strumentali per lo screening del piede diabetico

  • Arteriopatia obliterante cronica degli arti inferiori. In tutti i soggetti con diabete con ulcera ai piedi deve essere effettuata la ricerca della vasculopatia periferica, attraverso la valutazione dei polsi periferici e la determinazione dell’Indice Caviglia-Braccio. Tra gli esami strumentali: ecodoppler delle arterie degli arti inferiori, l’angio Tc, l’angio Rm e l’arteriografia.
  • Il piede diabetico infetto. L’infezione è una complicazione frequente e pericolosa di un’ulcera ed è spesso la causa che porta all’amputazione maggiore. È utile effettuare un esame microbiologico per impostare una terapia antibiotica mirata.
  • Osteomielite (infezione dell’osso). Può complicare fino al 20% delle infezioni lievi o moderate e il 50-60 per cento delle lesioni gravemente infette nei soggetti con piede diabetico. La radiografia del piede è spesso l’unico test necessario nel sospetto di osteomielite. L’esecuzione di una serie di radiografie, a distanza di 2-4 settimane, conferisce all’esame una maggiore sensibilità e specificità. La risonanza magnetica nucleare (Rmn) è un esame non sempre necessario per la diagnosi e la gestione dell’osteomielite (indagine costosa, spesso di limitata disponibilità e di difficile interpretazione da parte di personale non esperto). Un esame alternativo alla Rmn è l’impiego della scintigrafia con leucociti marcati, preferibilmente con la tecnica del doppio tracciante. La biopsia ossea e l’isolamento di germi da un campione di osso, insieme alla presenza di cellule infiammatorie e osteonecrosi consentono una diagnosi certa di osteomielite.

 

L’Italia è uno dei Paesi d’Europa che più si è avvicinato agli obiettivi di riduzione delle amputazioni dovute a piede diabetico fissati dalla storica Dichiarazione internazionale di Saint Vincent.

Alberto Bruno e Roberto Anichini del Gruppo Interassociativo Amd-Sid “Podopatia Diabetica” (cfr. “Podopatia e assistenza al paziente con lesione al piede” in “Il diabete in Italia” a cura di Enzo Bonora e Giorgio Sesti, Bononia University Press, Bologna 2016) ricordano che l’importanza della prevenzione del piede diabetico era stata già fortemente sottolineata dalla storica Dichiarazione di Saint Vincent, sottoscritta nel 1989 da governi e associazioni di tutta Europa sotto l’egida di Organizzazione mondiale della sanità e International diabetes federation, documento che poneva le basi e indicava gli obiettivi della lotta al diabete. Sul piede diabetico la dichiarazione auspicava una riduzione del 50% delle amputazioni maggiori nelle persone con diabete.

A riprova di quanto un’azione di screening, prevenzione, tempestiva individuazione dei casi da trattare sia efficace nel ridurre il numero di interventi estremi come le amputazioni, Bruno e Anichini osservano come in Italia siano state “messe in atto azioni di prevenzione, diagnosi precoce e terapia idonea per migliorare questo indicatore. La pubblicazione dei dati italiani sulle amputazioni, con una riduzione negli ultimi 10 anni del 35% delle amputazioni maggiori indica nell’Italia uno dei Paesi in Europa che si è avvicinato di più agli obiettivi della Saint Vincent Declaration. I risultati si sono consolidati negli anni seguenti fino a oggi con una riduzione progressiva delle amputazioni maggiori a dispetto dell’incremento della popolazione diabetica”. Il trend è complessivamente in discesa (-40% nel 2013), anche se i due studiosi rilevano che vi sono differenze regionali, con zone che registrano andamenti diversi nell’incidenza delle amputazioni.

Secondo i diabetologi, “negli ultimi anni probabilmente il contributo maggiore alla riduzione delle amputazioni, oltre a un miglioramento complessivo della cura del paziente diabetico, è da ricercare nella implementazione degli approcci diagnostici e terapeutici legati alla vasculopatia diabetica periferica. La recente pubblicazione della Consensus Italiana sul trattamento del piede diabetico ischemico ha posto l’Italia all’avanguardia di questo trattamento e le procedure endovascolari sono divenute proprietà comuni in ogni regione per la diagnosi e il trattamento del piede ischemico”.