L’assistenza diabetologica deve cambiare e diventare più forte e meglio articolata: l’effetto Covid, con lo sconquasso che ha generato con visite ed esami mancati a causa del lockdown (vedi sul nostro sito qui e qui), ha messo in evidenza alcuni punti deboli che richiedono interventi sostanziali. Amd e Sid, le associazioni dei diabetologi italiani, hanno formulato le loro proposte per migliorare concretamente, sul territorio, l’assistenza a chi ha il diabete.
Le proposte dell’Associazione medici diabetologi e della Società italiana di diabetologia per potenziare l’assistenza diabetologica sul territorio nell’era post-pandemica.
Di che cosa ha bisogno oggi l’assistenza diabetologica in Italia? Secondo le due società degli specialisti, innanzitutto, di potenziare i centri multiprofessionali, di realizzare una efficace integrazione con la medicina generale e di estendere l’uso della telemedicina per un’assistenza di prossimità. Questo è oggi, oltre che opportuno, anche possibile grazie alla disponibilità delle risorse stanziate all’interno del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Per meglio affrontare una patologia che costa al Servizio sanitario nazionale 9,93 miliardi di euro l’anno, bisognerebbe cominciare con una razionalizzazione della rete diabetologica, che va potenziata sino ad avere 350-400 centri multiprofessionali ospedalieri o territoriali, in grado di seguire ciascuno 15mila persone.
Avvicinare il più possibile l’assistenza al paziente
Insieme con una piena integrazione tra i professionisti sanitari e tra le strutture sanitarie e con l’implementazione della telemedicina, si potrà così arrivare a portare l’assistenza al paziente cronico quanto più possibile fuori dall’ospedale trasferendo la cura più vicino alla persona.
Approfondisce il tema Agostino Consoli, presidente Sid: “Portare la cronicità fuori dall’ospedale, avvicinare l’assistenza all’assistito e sfruttare al meglio le infrastrutture telematiche sono gli indirizzi principali del Pnrr relativi alle malattie croniche, delle quali il diabete è esempio paradigmatico”
“Le proposte di Amd e Sid -prosegue Consoli- vanno in questa direzione. Si propone infatti di organizzare tutti coloro che prestano assistenza al diabete in un numero adeguato di importanti strutture multiprofessionali, prevedendo che il personale incardinato in queste strutture possa e debba anche, secondo una opportuna turnazione e organizzazione, prestare assistenza presso le case della comunità, gli ospedali di comunità e le Rsa. Il tutto favorito dall’utilizzo delle infrastrutture informatiche, che occorre implementare e potenziare, integrando i processi per migliorare la qualità dell’assistenza”.
Secondo il presidente di Amd Graziano Di Cianni, “oggi, a più di due anni dall’inizio della pandemia, siamo di fronte a una ripresa e a un nuovo cambiamento e le sfide legate alla gestione del diabete -e delle cronicità in generale- non potranno che giocarsi sul territorio”.
Un percorso di cura omogeneo su tutto il territorio nazionale
“Le risorse del Pnrr -conclude Di Cianni- rappresentano l’opportunità per rafforzare e ottimizzare la medicina di prossimità, ma l’obiettivo della diabetologia, che abbiamo cercato di sintetizzare nel position paper, è quello di potenziare ed efficientare l’attuale modello di gestione, senza rinunciare all’approccio multiprofessionale, garantito dall’assistenza specialistica del team diabetologico, e all’allargamento dell’accesso alla diagnosi e ai percorsi di cura omogeneo su tutto il territorio nazionale, senza distinzioni a livello delle singole Regioni, che può essere assicurato soltanto da un’architettura “a rete” del modello di presa in carico, all’interno della quale la medicina generale è sempre più inclusa e operativa”.
Amd e Sid hanno presentato le loro posizioni durante una audizione davanti alla XII Commissione Igiene e Sanità del Senato, convocata su iniziativa della presidente Annamaria Parente, e le hanno poste poi all’attenzione anche della Camera dei deputati, del Ministero della Salute e della Conferenza delle Regioni.
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