Le complicanze del diabete rischiano di aumentare a causa di un utilizzo inadeguato e insufficiente dei nuovi farmaci antidiabete. È il monito dell’Associazione medici diabetologi (Amd), che ha pubblicato una monografia in cui denuncia che le nuove terapie sono attualmente prescritte soltanto al 10-15% dei pazienti che potrebbero trarne beneficio. Questo scarso impiego fa crescere il rischio di complicanze cardio-renali legate al diabete, perché alcuni nuovi medicinali si sono rivelati efficaci nella prevenzione delle complicazioni cardiovascolari e renali.

Amd: il rischio di complicanze del diabete cardio-renali aumenta a causa del sottoutilizzo di nuovi farmaci, che hanno un’efficacia protettiva e preventiva, ma sono usati soltanto per il 10-15% dei potenziali pazienti.

La denuncia di Amd è molto significativa, perché le complicanze del diabete a carico del cuore, del sistema circolatorio e dei reni sono la principale causa di morbilità e mortalità, oltre che una pesante voce di costi per il sistema sanitario nazionale.

Le stime e i dati presentati dall’Associazione mostrano che circa il 20% dei pazienti diabetici ha una storia di malattia cardiovascolare e quasi il 30% soffre di insufficienza renale cronica, percentuale, quest’ultima, in forte aumento a causa del progressivo invecchiamento della popolazione (una persona con diabete su 7 ha più di 65 anni).

Eppure, queste cifre potrebbero migliorare (e, con i numeri, la salute delle persone) se si adoperassero di più farmaci nuovi come gli inibitori Sglt2, “che sono ancora sottoutilizzati, nonostante recenti studi clinici abbiano dimostrato la loro efficacia nella riduzione del rischio cardiovascolare, della progressione della malattia renale e della mortalità associata alle complicanze cardio-renali”.

Un’analisi su 470mila pazienti con diabete di tipo 2

Da tempo i diabetologi lamentano la insufficiente accessibilità e l’inadeguato impiego delle nuove terapie (di questi temi abbiamo parlato anche qui, qui e qui). Ora si aggiunge la Monografia Annali di Amd “Benefici cardio-renali derivanti dall’applicazione dei risultati dei recenti trial condotti con Canagliflozin alla realtà diabetologica italiana”, realizzata dall’Associazione medici diabetologi e dalla Fondazione Amd onlus, con il contributo non condizionante di Mundipharma.

Il documento si basa sui risultati degli studi clinici Canvas e Credence (sula classe degli Sglt2i) nella popolazione contenuta negli Annali 2020 (oltre 470mila soggetti con diabete di tipo 2 monitorati in 258 centri di diabetologia italiani).

Manicardi (Amd): “Preoccupa la diffusa resistenza da parte dei diabetologi alla prescrizione e all’utilizzo di questi farmaci nei soggetti con diabete di tipo 2 ad alto rischio cardiovascolare. Le evidenze scientifiche di cui disponiamo oggi sono tali da indurre la comunità diabetologica a vincere l’inerzia terapeutica e a estendere l’uso di questi farmaci”.

Spiega così la situazione Valeria Manicardi, coordinatrice del Gruppo Annali Amd: “L’analisi condotta sulla base dei dati degli Annali Amd ha evidenziato un indubbio sottoutilizzo di questa classe di farmaci a scapito dei significativi guadagni in salute di cui la persona con diabete potrebbe beneficiare, sia in termini di riduzione degli eventi cardiovascolari e renali, sia di ricoveri per scompenso cardiaco e di mortalità. Infatti, rispetto al potenziale 27% di soggetti arruolabili nello studio Canvas, solo il 15% è effettivamente in trattamento con un Sglt2i. E lo stesso trend viene dimostrato in riferimento allo studio Credence: del 2,8% dei soggetti potenzialmente eleggibili, solo il 10% viene trattato con questa classe di farmaci. La popolazione del real world trattata con questa classe di farmaci è più giovane: si tratta prevalentemente di uomini e di pazienti in prevenzione secondaria, a testimoniare una certa resistenza a trattare pazienti più anziani e le donne, che pure hanno un elevato rischio cardio-renale”.

“Vincere l’inerzia terapeutica”

“Preoccupa -continua Manicardi- la diffusa resistenza da parte dei diabetologi alla prescrizione e all’utilizzo di questi farmaci nei soggetti con diabete di tipo 2 ad alto rischio cardiovascolare, in parte dovuto ai vincoli dei piani terapeutici, e alla impossibilità nel 2018 di trattare i pazienti con insufficienza renale cronica. Le evidenze scientifiche di cui disponiamo oggi sono tali da indurre la comunità diabetologica a vincere l’inerzia terapeutica e a estendere l’uso di questi farmaci anche alle persone con diabete in prevenzione primaria e alla popolazione anziana over 65 -che rappresenta il 67% degli oltre 470mila diabetici con diabete tipo 2 monitorati nel Database Annali Amd- che potrebbe beneficiare di significative riduzioni di rischio cardiovascolare e renale”.

Sid: “Alcune molecole nate per il trattamento del diabete si sono rivelate molto efficaci anche nel trattamento dello scompenso cardiaco e nel ridurre il rischio di morte cardiovascolare o di ricovero per scompenso cardiaco”.

Proprio in questo mese di dicembre 2020, è stato presentato al 28° Congresso della Sid un documento congiunto elaborato dalla Società italiana di diabetologia insieme con la Società italiana di cardiologia dedicato alla “Gestione del rischio cardiovascolare nel diabete”, che ribadisce l’efficacia delle nuove terapie.

Infatti -dice la Sid- “alcune molecole nate per il trattamento del diabete (gliflozine o inibitori di Sglt2), si sono rivelate per esempio molto efficaci anche nel trattamento dello scompenso cardiaco e nel ridurre il rischio di morte cardiovascolare o di ricovero per scompenso cardiaco. Nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare, anche gli agonisti recettoriali di Glp-1 si sono rivelati efficaci nel conferire una protezione contro queste patologie. È il motivo per cui le ultime linee guida europee della Società europea di cardiologia (Esc) e dell’Associazione europea per lo studio del diabete (Easd) hanno messo al primo posto tra i farmaci da utilizzare per il trattamento di una persona con diabete e malattie cardiovascolari gli inibitori di Sglt2 e gli agonisti recettoriali di Glp1, ‘spodestando’ dalla prima scelta (ma solo per questa categoria di pazienti) la metformina”.