Le più recenti stime riguardanti Coronavirus e diabete dicono che in Italia circa il 30% delle persone morte a causa della pandemia erano diabetiche. Questo è uno dei dati significativi che emergono da un primo bilancio degli effetti del Covid sulla popolazione diabetica che gli esperti stanno elaborando dopo questi difficili mesi di crisi epidemica con l’obiettivo di comprendere bene che cosa è successo e impostare strategie positive per il futuro.

Secondo stime recenti dell’Istituto superiore di sanità, il 30% delle persone decedute a causa del Coronavirus avevano un diabete di tipo 2.

Infatti, secondo l’Istituto superiore di sanità, tra i soggetti deceduti a causa del virus, una delle patologie preesistenti più spesso rilevate era il diabete di tipo 2: nel 30% del totale dei casi (il 28,8% tra le donne e il 30,8% tra gli uomini). Questo dipende sia dalla crescente diffusione della patologia nella popolazione sia dal fatto che una condizione diabetica non ben compensata rende le conseguenze di un eventuale contagio virale potenzialmente più gravi rispetto a chi non ha il diabete. Ulteriore ragione per fare di tutto al fine di ottenere il migliore controllo e la più efficace terapia possibile nella cura del diabete.

Frontoni (Ibdo Foundation): “A causa della pandemia, negli ultimi mesi, su tutto il territorio nazionale si è verificata una riduzione delle visite specialistiche, delle attività assistenziali ambulatoriali di routine, degli esami di controllo. Tutto questo rappresenta un problema importante per le persone con diabete”.

Commenta così la situazione venutasi a creare con l’arrivo del Coronavirus Simona Frontoni, presidente del Comitato scientifico di Italian Barometer Diabetes Observatory (Ibdo) Foundation e professore associato di Endocrinologia presso l’Università di Roma Tor Vergata: “Proprio a causa della pandemia, negli ultimi mesi su tutto il territorio nazionale si è verificata una riduzione delle visite specialistiche, delle attività assistenziali ambulatoriali di routine, degli esami di controllo. Tutto questo rappresenta un problema importante per le persone con diabete, per le quali il monitoraggio periodico è fondamentale per la gestione della malattia e l’adozione della terapia più appropriata”.

“Queste interruzioni dei servizi di assistenza sanitaria di base -continua Frontoni- potrebbero essere causa di sospensioni più o meno prolungate delle terapie, con conseguenze negative sul controllo della malattia e sul rischio di insorgenza di complicazioni, rendendo così le persone con diabete maggiormente vulnerabili anche alle conseguenze indirette del Covid-19”.

Proprio recentemente la Associazione medici diabetologi aveva segnalato gli effetti negativi delle “visite diabetologiche mancate”  e dell’accentuarsi della cosiddetta inerzia clinica (o terapeutica) a causa dell’emergenza Covid (ne abbiamo parlato qui).

E al tema Coronavirus e diabete è stata dedicata anche la tredicesima edizione dell’Italian Barometer Diabetes Forum, organizzata, in forma virtuale, il 13 luglio 2020 da Ibdo Foundation e dall’Intergruppo parlamentare “Obesità e Diabete”, nell’ambito dei progetti Changing Diabetes e Defeat Diabetes (con il contributo non condizionato di Novo Nordisk).

Di Bartolo (Amd): “Una percentuale elevata di pazienti non raggiunge i target terapeutici desiderati. Pur di fronte a un miglioramento nel tempo degli indicatori di qualità della cura, solo un paziente su due presenta un valore di emoglobina glicata inferiore al 7%, come raccomandato dalle linee guida esistenti, mentre uno su cinque mostra un controllo metabolico francamente inadeguato, superiore a 8”.

Paolo Di Bartolo, presidente di Amd, sottolinea una volta di più che le nuove serie difficoltà portate dall’arrivo del Sars-Cov 2 (questo il nome preciso del virus) si innestano su una situazione spesso non ottimale nella gestione di molti pazienti con diabete di tipo 2 (si veda anche qui e qui).

Dice infatti Di Bartolo: “Nonostante la disponibilità di un ampio spettro di opzioni terapeutiche efficaci e la dimostrazione dell’importanza di un adeguato controllo metabolico per prevenire o ritardare l’insorgenza delle complicanze del diabete di tipo 2, una percentuale elevata di pazienti non raggiunge i target terapeutici desiderati. I dati degli Annali Amd documentano come, pur di fronte a un miglioramento nel tempo degli indicatori di qualità della cura, solo un paziente su due presenti un valore di emoglobina glicata (HbA1c) inferiore al 7%, come raccomandato dalle linee guida esistenti, mentre uno su cinque mostra un controllo metabolico francamente inadeguato, superiore a 8. Valori medi di HbA1c superiori a 8 e, in un caso su quattro, addirittura al 9%, si riscontrano persino in persone in trattamento con insulina”.

Coronavirus e diabete: si è accentuato il fenomeno dell’inerzia terapeutica

Tra le cause principali di questi risultati insoddisfacenti c’è la cosiddetta inerzia terapeutica, quel fenomeno per cui una terapia che non funziona a dovere non viene tempestivamente corretta o cambiata (vedi, per esempio, anche qui), esponendo il paziente a complicanze cardiovascolari, renali, circolatorie e a rischi di cecità, dialisi o amputazioni. E naturalmente, come denunciato dai diabetologi, il fenomeno è stato aggravato dall’emergenza Coronavirus.

Fa ancora notare Di Bartolo: “Gli Annali evidenziano la presenza di inerzia terapeutica in molteplici dimensioni della cura della persona con diabete: pazienti trattati con terapia insulinica che persistono in stato di non ottimale compenso glicemico, soggetti con valori alterati di pressione arteriosa e lipidi che non ricevono appropriate proposte terapeutiche e infine pazienti con malattia renale o cardiovascolare non ancora trattati con terapie che hanno chiaramente dimostrato un’importante efficacia nella protezione da queste complicanze correlate al diabete”.

Purrello (Sid): è necessario ripensare anche il nostro modo di gestire la salute e di migliorare e razionalizzare l’assistenza alla persona con diabete per il futuro.

Aggiunge in proposito il presidente della Società italiana di diabetologia Francesco Purrello: “Le evidenze scientifiche mostrano che una precoce ed efficace gestione del controllo glicemico riduce le complicanze; pertanto, è fondamentale superare l’inerzia terapeutica, per il raggiungimento dei valori desiderati di emoglobina glicata e per migliorare i risultati a più lungo termine. L’inerzia terapeutica può essere superata attraverso sinergie tra istituzioni sanitarie, società scientifiche, associazioni di pazienti, medici e persone con diabete, promuovendo a tutti i livelli la consapevolezza che si tratta di un fenomeno ad alto rischio, che influisce negativamente sulla cura del paziente e che aumenta i costi diretti e indiretti della malattia. Ciò è vero nella normalità, ma è ancora più vero oggi, in una fase che ci sta portando fuori dall’emergenza, ma che rende necessario assolutamente ripensare anche il nostro modo di gestire la salute e di migliorare e razionalizzare l’assistenza alla persona con diabete per il futuro”.

Una lettera a Governo e Parlamento dal mondo del diabete

Proprio ripensare l’assistenza alle persone con diabete, tenendo conto sia delle criticità dovute all’inerzia terapeutica sia delle problematiche poste dalla specifica questione Coronavirus e diabete, è stato l’oggetto di una lettera aperta inviata a Governo e Parlamento, tramite l’Intergruppo parlamentare “Obesità e Diabete”, da rappresentanti di società scientifiche, fondazioni, associazioni di pazienti, coordinamenti associativi e professionali, impegnati nel campo della tutela della salute, della prevenzione e della cura delle persone con diabete.

Così Roberto Pella, copresidente dell’Intergruppo parlamentare “Obesità e Diabete”, illustra i contenuti della lettera alle istituzioni, le cui proposte sono “volte a una riorganizzazione dell’assistenza nella fase post-emergenza Covid-19 con un nuovo approccio a favore delle persone con diabete, che preveda il potenziamento dell’integrazione tra ospedale e cure primarie e specialistiche, il ricorso a strumenti e procedure di telemedicina e teleconsulto, l’integrazione tra l’informatizzazione istituzionale dei sistemi sanitari regionali e della clinica diabetologica e della medicina generale, l’accesso omogeneo su tutto il territorio nazionale ai trattamenti innovativi, alle tecnologie per la somministrazione della terapia insulinica con sistemi di infusione continua, al monitoraggio continuo del glucosio”.