Il diabete di tipo 2 è la forma più diffusa della patologia, riguarda il 90% dei pazienti.

È determinato da una insufficiente produzione di insulina, che causa elevati livelli di glucosio nel sangue. Si manifesta solitamente in età adulta, dopo i 45 anni, anche se si è osservata recentemente la tendenza a uno sviluppo più precoce, anche fra i più giovani, spesso in connessione con la diffusione nella popolazione di obesità e sovrappeso.

Viene definito anche diabete non insulinodipendente, perché non richiede una terapia insulinica quotidiana come il tipo 1: è curato prevalentemente con farmaci che abbassano la glicemia (ipoglicemizzanti orali), dieta ed esercizio fisico; in alcuni casi, può essere necessaria l’assunzione anche di insulina.

  • Quali sono le cause

Come per il tipo 1, avere un parente diabetico può essere una circostanza predisponente alla patologia. Ma nel tipo 2 vi sono altri fattori di rischio da considerare: anzitutto, l’eccesso di peso, che riguarda l’80% dei diabetici di tipo 2; poi l’inattività fisica, l’età (con il passare degli anni le probabilità di ammalarsi aumentano), l’eventuale scarsa tolleranza al glucosio (presenza di livelli di zucchero nel sangue mediamente alti, anche se al di sotto dei 126 mg/dl che determinano la diagnosi).
Controllare il peso, svolgere attività fisica regolare, seguire una dieta con basso contenuto di zuccheri sono quindi non soltanto strategie di cura quando la patologia è conclamata, ma anche mezzi efficaci per prevenirla.

  • Come riconoscerlo dai sintomi

I tipici sintomi del diabete di tipo 1, come la frequente necessità di urinare, una sete eccessiva, una stanchezza anomala, possono presentarsi anche nel tipo 2, ma in modo meno evidente e più graduale.
Inoltre, per anni la malattia può restare asintomatica e questo comporta il pericolo di scoprirla troppo tardi, quando già sono in corso le complicanze. Per questa ragione, dopo i 40 anni è bene, anche in assenza di sintomi, sottoporsi a controlli periodici della glicemia: almeno una volta l’anno.

  • La diagnosi

L’esame per determinare una diagnosi di diabete è la misurazione dei valori di glucosio nel sangue (glicemia): è considerato normale un valore di 110 mg/dl, i valori compresi fra 110 e 125 indicano una alterata glicemia a digiuno. Con valori uguali o superiori a 126 mg/dl, si deve formulare diagnosi di diabete. La presenza di diabete è certa a partire da 200 mg/dl, rilevato in qualunque momento della giornata o due ore dopo un carico di glucosio.

  • Complicanze e prevenzione

Il maggior pericolo di una glicemia fuori controllo sono le complicanze d’organo. Troppo glucosio nel sangue può portare con il tempo a danneggiare la circolazione del sangue e il cuore, gli occhi (retinopatia), i reni (nefropatia), il sistema nervoso (neuropatia). Le conseguenze possono essere molto gravi. Prevenirle o ridurre molto il rischio è possibile con un regolare e costante autocontrollo e una corretta terapia, consentendo così alla persona con diabete di avere una buona qualità di vita.

  • Cura e terapia

Anche nel diabete di tipo 2, come nel tipo 1, l’obiettivo da raggiungere per mantenersi in buona salute e tenere lontane le complicanze è il mantenimento di una glicemia il più possibile vicina alla norma, attraverso un’alimentazione equilibrata (non troppo diversa da quella consigliabile a tutti), costante esercizio fisico, uso di farmaci ipoglicemizzanti.
Nei casi meno gravi di diabete di tipo 2, dieta e attività sportiva possono bastare a ottenere il risultato di un buon compenso glicemico, in quelli più gravi, può essere invece necessario aggiungere ai farmaci anche l’insulina.
Complemento fondamentale alla terapia è il quotidiano autocontrollo della glicemia, che permette di individuare eventuali sbalzi e di aggiustare conseguentemente la terapia.

Nel diabete di tipo 2, la capacità del paziente di gestire quotidianamente la sua condizione, seguendo le indicazioni del diabetologo, è non meno importante delle visite e dei controlli periodici dallo specialista o dal proprio medico curante.