“Diabete e tecnologia digitale” è un binomio vincente, perché la seconda può dare un contributo importante alla buona gestione e cura della patologia e al miglioramento della qualità della vita delle persone.

Amd: la tecnologia digitale è “una risorsa irrinunciabile per la cura del diabete”, ma medici e pazienti sono ancora poco digitalizzati.

In Italia, però, medici e pazienti sono ancora poco digitalizzati, osserva l’Associazione medici diabetologi, secondo la quale sul fronte della cosiddetta e-health si potrebbe e si dovrebbe fare di più, tenendo conto della grande e progressiva diffusione dei dispositivi mobili e dell’accesso a internet.

Secondo Amd, se da un lato è certo che la tecnologia digitale “rappresenta una risorsa irrinunciabile per la cura del diabete”, poiché app, algoritmi e device possono aiutare i pazienti a gestire più efficacemente la loro condizione, dall’altro la sua applicazione pratica e concreta è ancora insufficiente: “In Italia la cartella clinica informatizzata non è patrimonio comune di tutti i diabetologi, i pazienti spesso utilizzano ancora il diario cartaceo per registrare i propri dati glicemici e l’impiego del digitale rimane appannaggio per lo più dei diabetici di tipo 1”.

Mannino, presidente di Amd: “Dalla letteratura emerge che i pazienti con diabete sembrano favorevoli all’e-health. L’88% è disposto a condividere i propri dati con i medici”.

Eppure il terreno è favorevole, come fa notare il presidente di Amd Domenico Mannino: “Dalla letteratura emerge che i pazienti con diabete sembrano favorevoli all’e-health. L’88% è disposto a condividere i propri dati con i medici e si stima che circa il 60% delle attività relative alla salute gestite da dispositivi mobili, in Europa, riguardi soluzioni per il trattamento e il monitoraggio in remoto”.

Non sembrano dunque esservi resistenze o pregiudizi verso la tecnologia da parte delle persone con diabete, che, anzi, manifestano interesse e apertura. A maggior ragione, quindi, secondo Amd, vale la pena di incentivare il processo di “digitalizzazione del diabete”. A partire dai medici: un primo significativo atto messo in campo dall’Associazione è il progetto formativo Amd “La digitalizzazione in diabetologia: attualità e prospettive”, una serie di corsi specifici rivolti ai diabetologi, cominciati a settembre e che proseguiranno nei prossimi mesi sino a febbraio 2019 (sono stati coinvolti duecento specialisti), con lo scopo di “promuovere presso la classe medica un utilizzo più appropriato delle nuove tecnologie, affinché i pazienti possano trarne benefici concreti”.

Spiega Mannino: “Il nostro nuovo progetto ha l’obiettivo di fornire al diabetologo le competenze tecniche necessarie a identificare lo strumento digitale più adatto al singolo paziente per motivarlo a vivere, sentire e pensare la patologia da protagonista”. 

Paola Ponzani, dirigente medico della Asl 3 Genovese, e componente del board scientifico del progetto formativo di Amd, aggiunge che il progetto prevede anche una indagine, tra i  200 partecipanti al corso, per misurare il loro livello di dimestichezza con gli strumenti digitali. “Valuteremo -spiega Ponzani- le abitudini professionali in campo tecnologico e il grado di digitalizzazione di tutti i 200 partecipanti al corso e come si modificheranno in seguito alle attività formative. Amd da anni crede nella cultura della raccolta dal dato, fondamentale per il miglioramento continuo dell’assistenza e oggi più che mai deve raccogliere la sfida di una gestione sempre più digitale del diabete”.

Vincenzo Guardasole, dirigente medico dell’Azienda ospedaliera universitaria Federico II di Napoli delinea la direzione verso la quale si va indirizzando la diabetologia moderna: “Un altro importante obiettivo del corso sarà far comprendere ai colleghi come la svolta digitale della nostra professione sia ormai imprescindibile, considerata l’evoluzione organizzativa a cui stiamo andando incontro: da una situazione in cui ogni diabetologo segue poche decine di pazienti a una in cui ogni specialista dovrà seguire 100 o 200 pazienti, prevalentemente a distanza”.

“Già oggi -fa notare Guardasole– abbiamo a disposizione la cartella clinica informatizzata, condivisa in rete con gli altri membri del team, e la possibilità di accedere ai dati glicemici del paziente in remoto. Guardando al futuro, la telemedicina diventerà preponderante. Occorre quindi mostrare ai colleghi quali siano le novità, per tenerli aggiornati e aiutarli a cambiare le modalità organizzative dell’ambulatorio”.

D’altronde, la tecnologia applicata al diabete ha già fatto e continua a fare progressi importanti (si pensi, per esempio, ai misuratori della glicemia o ai microinfusori) in grado di migliorare significativamente le capacità di gestione della patologia. Commenta in proposito Paola Ponzani: “Il medico deve conoscere tutte le opzioni tecnologiche oggi disponibili (diversi tipi di glucometri, di sistemi di monitoraggio in continuo della glicemia, di microinfusori) e i criteri con cui scegliere quella che può aiutare ogni persona con diabete a raggiungere i target di cura e a migliorare la propria qualità di vita, tenendo in considerazione le sue caratteristiche personali, cliniche e psicologiche e il suo stile di vita”.

Sull’argomento “diabete e tecnologia”, dal lato del paziente, vi segnaliamo il sondaggio promosso da “My Diabetes Care”, di cui abbiamo parlato qui.