La conoscenza dei fattori di rischio, soprattutto di quello cardiovascolare, da parte di chi ha il diabete di tipo 2 è stata fotografata da una indagine della International diabetes federation su oltre 130 Stati, ripresa e commentata dall’ultimo rapporto Ibdo (Italian Barometer Diabetes Observatory), da poco pubblicato. Si è potuto verificare che vi sono ancora molte lacune nella consapevolezza e nella corretta percezione delle problematiche (anche in Italia, seppur con migliori percentuali rispetto alla media internazionale).

Il Rapporto Ibdo 2019, dedicato a diabete tipo 2 e patologie cardiovascolari, riprende e commenta una recente indagine Idf sulla conoscenza dei rischi da parte delle persone con diabete di tipo 2: il grado di consapevolezza è ancora insufficiente rispetto all’importanza della problematica.

L’inchiesta della Idf (svolta in partnership con Novo Nordisk) -“Taking Diabetes to Heart”- ha puntato principalmente l’attenzione su uno dei principali rischi connessi a un diabete mal controllato, cioè quello di malattie cardiovascolari (prima causa di morbilità, disabilità o morte nei pazienti di tipo 2), per mettere in luce quanto i pazienti ne fossero consapevoli. Sono state esaminate circa 12.700 persone con diabete di tipo 2 di 130 Paesi del mondo.

Il risultato è stato che, sebbene due su tre soggetti (il 66%) avessero fattori di rischio quali pressione alta, livelli di glicemia non sotto controllo, alti valori di colesterolo, pregressi eventi cardiovascolari (angina, attacchi di cuore, ictus, scompenso cardiaco), più di una persona su quattro ha dichiarato di non averne mai discusso con il medico o quanto meno di non ricordare di averne parlato (28%). E ancora poco più di uno su quattro (il 27%) ha affermato di considerarsi a basso rischio di patologie cardiovascolari.

Più in particolare, una persona su quattro (una relazione che tende a ripetersi nelle diverse questioni esaminate) non era consapevole dei rischi rappresentati da ipertensione e sovrappeso; una su tre ignorava gli effetti negativi per cuore e circolazione di iperglicemia, ipercolesterolemia, fumo, sedentarietà; uno su due non era cosciente del peso di forte stress, lunga durata del diabete, età avanzata (sopra i 65 anni).

C’è bisogno di maggiori informazioni

La consapevolezza dei rischi risulta quindi troppo bassa e mette in evidenza carenze nell’educazione dei pazienti. D’altra parte, più della metà delle persone coinvolte nella survey (con punte fino a due terzi) dice che vorrebbe avere maggiori informazioni sulle varie e diverse problematiche cardiocircolatorie: per capirne di più e sapere che cosa fare per prevenire le complicanze e le patologie cardiovascolari.

L’importante indagine di Idf è stato uno dei temi discussi recentemente a Roma durante il dodicesimo Italian Diabetes Barometer Forum, organizzato da Italian Barometer Diabetes Observatory (Ibdo) Foundation, Comitato nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei ministri, Health City Institute, I-Com Istituto per la competitività, Osservatorio nazionale sulla Salute nelle Regioni italiane e Intergruppo parlamentare “Qualità di vita nelle città”. Nell’occasione è stato infatti presentato il “12° Italian Barometer Diabetes Report”, prodotto da Ibdo Foundation, dedicato al “peso clinico, sociale ed economico delle malattie cardiovascolari nelle persone con diabete”, che analizza la materia sotto tutti i suoi molteplici aspetti. A proposito del tema della conoscenza del rischio cardiovascolare, il rapporto Ibdo ha approfondito i dati Idf che riguardano l’Italia.

In Italia la conoscenza del pericolo di complicanze ed eventi cardiovascolari con un diabete mal controllato  sembra migliore rispetto al dato internazionale, ma è tuttavia ancora inadeguata e non commisurata alla effettiva presenza di fattori di rischio.

Nel capitolo del rapporto elaborato da Antonio Nicolucci e Maria Chiara Rossi di CoResearch si analizzano “le percezioni e le conoscenze dei pazienti” e si sottolinea che, “nonostante il drammatico impatto sulle aspettative di vita e sulla qualità di vita, la consapevolezza delle persone con diabete riguardo all’importanza di uno stretto controllo dei fattori di rischio cardiovascolare e le informazioni fornite dagli operatori sanitari sembrano essere insufficienti”.

Per quanto riguarda l’Italia (643 i soggetti interpellati dall’inchiesta), gli autori osservano che la conoscenza dei fattori di rischio cardiovascolare nel nostro Paese sembra essere migliore rispetto al dato internazionale, ma tuttavia non adeguata all’importanza del problema.

Alcuni dati epidemiologici riassunti da Ibdo danno l’idea della situazione. Infatti, secondo lo studio Riace, in Italia, fra le persone con diabete di tipo 2 seguite dai centri di diabetologia, l’11,1% ha avuto un infarto, il 10% ha ricevuto un intervento di riperfusione o rivascolarizzazione coronarica, il 3,3% ha subìto un ictus, il 5,5% un intervento di rivascolarizzazione carotidea e il 2,9% un intervento di rivascolarizzazione degli arti inferiori. Quasi una persona con diabete su 4 (il 23,2%) ha avuto un pregresso evento cardiovascolare maggiore, e la prevalenza aumenta con la durata del diabete, raggiungendo il 34,1% fra le persone con diabete da oltre 20 anni. Si può stimare che ci siano oggi in Italia circa 800.400 persone diabetiche con un pregresso evento cardiovascolare.

Gli autori rimarcano il fatto che “entro due anni dalla diagnosi già il 13,5% dei pazienti sia incorsa in un evento cardiovascolare. Questo dato sottolinea come la diagnosi di diabete di tipo 2 venga spesso posta in ritardo”.

I risultati dell’indagine della Idf

Vediamo allora in sintesi alcuni risultati dell’indagine Idf relativi all’Italia evidenziati nel Rapporto Ibdo

  • La maggior parte dei pazienti riconosce il ruolo negativo del sovrappeso e dell’obesità (90%), dell’ipertensione (89%), dell’ipercolesterolemia (88%) e dell’iperglicemia (88%).
  • Percentuali rilevanti di pazienti, però, ignorano il rischio associato all’inattività fisica, al fumo, a una dieta ricca in grassi, alla familiarità.
  • Circa la metà dei partecipanti non ha identificato come fattori di rischio cardiovascolare avere il diabete da più di 5 anni o avere oltre 65 anni di età.
  • In Italia il 46% dei partecipanti si considerava a rischio cardiovascolare moderato/alto, contro il 36% a livello globale.
  • La percezione del proprio rischio non sembra però essere commisurata alla effettiva presenza di fattori di rischio, che è risultata estremamente elevata; infatti, nel campione italiano il 73% dei partecipanti ha riferito livelli elevati di glicemia, il 58% una durata del diabete di oltre 5 anni, il 56% ha dichiarato di essere fisicamente inattivo, il 56% di essere in sovrappeso o obeso, il 54% ha riferito ipercolesterolemia e il 52% elevati livelli pressori. Inoltre, circa la metà ha riferito familiarità per malattie cardiovascolari (49%), un’età oltre i 65 anni (46%) o alti livelli di stress (41%). Il 13% dei partecipanti ha dichiarato un pregresso evento cardiovascolare.
  • un partecipante su dieci ha dichiarato di non aver mai parlato di fattori di rischio cardiovascolare con un operatore sanitario, o di non ricordare di averlo fatto.
  • Il 54% ha riferito di averne parlato al momento della diagnosi di diabete o subito dopo, ma solo il 4% ha affrontato l’argomento in più occasioni.
  • La maggior parte dei partecipanti ha espresso il bisogno di maggiori informazioni sulla gestione del diabete (84%) e/o di informazioni più generali sui segni e sintomi di malattia cardiovascolare (74%); circa la metà desiderava sapere come ridurre il rischio cardiovascolare con la dieta e l’attività fisica (50%), come fare per perdere chili in eccesso e mantenere un peso adeguato (45%) o come controllare e gestire meglio l’ipertensione (44%).
  • La maggioranza dei partecipanti (90%) ha dichiarato di fare riferimento principalmente agli operatori sanitari per avere informazioni sulle malattie cardiovascolari; altre frequenti fonti di informazione sono altri caregiver (56%), informazioni esposte negli ambulatori di diabetologia (54%), organizzazioni di pazienti (38%) e materiale stampato (37%).

Secondo il rapporto Ibdo, le persone con diabete sembrano non conoscere appieno i fattori di rischio e tendono a sottostimare la propria suscettibilità ad andare incontro a complicanze cardiovascolari. Pertanto, è fondamentale inserire l’educazione sui fattori di rischio cardiocircolatorio come parte integrante dell’assistenza alle persone con diabete.

Chiosano dunque Nicolucci e Rossi: “I risultati di questa indagine offrono importanti indicazioni sulla necessità di una maggiore informazione ed educazione ai pazienti riguardo alle malattie cardiovascolari e alla gestione dei principali fattori di rischio. Le persone con diabete sembrano non conoscere appieno i fattori di rischio e tendono a sottostimare in misura sostanziale la propria suscettibilità ad andare incontro a complicanze cardiovascolari. A questo riguardo, gli operatori sanitari giocano un ruolo fondamentale, essendo considerati dai pazienti stessi come la fonte più importante di informazione. Pertanto, è fondamentale inserire l’educazione sui fattori di rischio cardiovascolare come parte integrante dell’assistenza alle persone con diabete, non solo al momento della diagnosi, ma con interventi reiterati lungo il corso della malattia, al fine di rafforzare la motivazione dei pazienti ad adottare stili di vita salutari e ad aderire alle raccomandazioni terapeutiche”.