Sono molti i pazienti che non controllano il diabete di tipo 2 efficacemente, perché non riescono a raggiungere gli obiettivi ottimali per una buona gestione della patologia, cioè i valori di emoglobina glicata (o glicosilata), l’indice di massa corporea, la pressione.
Il loro diabete mal controllato fa sì che questi soggetti abbiano infatti una emoglobina glicata superiore al 7%, un body mass index (il peso in chili diviso per il quadrato dell’altezza) sopra il livello di 27 kg/m2 (e sono quindi in sovrappeso od obesi) e una pressione arteriosa sistolica di 140 mmg/Hg.
Mannino (Amd): “Una fascia consistente di pazienti diabetici (oltre il 50%) non raggiunge un buon compenso glicemico. Dati simili, se non peggiori, per ciò che concerne il peso corporeo e il controllo della pressione arteriosa, altri due rilevanti fattori indipendenti di rischio cardiovascolare”.
Definisce così il problema il presidente dell’Associazione medici diabetologi Domenico Mannino: “È documentato che una fascia consistente di pazienti diabetici (oltre il 50%) non raggiunge un buon compenso glicemico. Dati simili, se non peggiori, per ciò che concerne il peso corporeo e il controllo della pressione arteriosa, altri due rilevanti fattori indipendenti di rischio cardiovascolare. Si evidenzia anche un notevole ritardo nell’intensificazione terapeutica, in presenza di valori elevati di emoglobina glicata: al momento dell’aggiunta di un nuovo farmaco, i pazienti presentano valori di glicata largamente al di sopra dell’8%, e molti di essi mostrano tali valori già da due anni o più. Continuano, inoltre, a essere utilizzati soprattutto farmaci ipoglicemizzanti tradizionali, i cui possibili effetti collaterali rendono la compliance del paziente più difficile”.
È quindi necessario cercare di ricondurre queste persone alla buona gestione della patologia, correggendone i comportamenti errati e aggiustando all’occorrenza le terapie, perché se un diabete mal controllato, con valori fuori norma, è un fattore di rischio di complicanze, al contrario l’osservanza dei target di cura raccomandati riduce fortemente i pericoli.
Lo ha ricordato una volta di più, recentemente, Andrea Lenzi (presidente del Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie, le scienze della vita della Presidenza del Consiglio dei ministri e presidente dell’Health City Institute) nell’undicesimo Italian Diabetes & Obesity Barometer 2017, del quale abbiamo parlato qui.
Riassume così i dati Lenzi: “Emerge chiaramente come la diagnosi tempestiva e il costante controllo delle persone con diabete, grazie a terapie di qualità, riducano del 10-25% il rischio di complicanze minori (danni agli occhi e ai reni) e del 15-55% il rischio di complicanze più gravi (insufficienza renale cronica, patologia coronarica, perdita della vista). Inoltre, si stima che tali azioni siano in grado di ritardare di oltre 5 anni l’insorgere di complicanze e di prolungare la vita delle persone affette da diabete in media di 3 anni. Nel lungo termine, un simile miglioramento del quadro terapeutico consentirà una riduzione media dei costi di oltre il 30%. La riduzione di un punto di emoglobina glicata porta alla riduzione del 14% del rischio di infarto, del 37% di complicanze microvascolari e del 21% di morti per diabete”.
Amd mette a disposizione del diabetologo una app che, connessa alla cartella clinica informatizzata, lo aiuta a rintracciare i pazienti mal controllati e che hanno bisogno di una revisione della loro terapia.
Come “recuperare”, allora, i diabetici di tipo 2 mal controllati? L’Associazione medici diabetologi ha pensato a uno strumento tecnologico da fornire al diabetologo per consentirgli di rintracciare i pazienti fuori controllo, cioè una app chiamata Radar, nome che evoca appunto la capacità di cercare e trovare.
Spiega Mannino: “Per porre rimedio a questa situazione abbiamo sviluppato e messo a disposizione dei nostri soci la funzione Radar, che, applicata alla cartella clinica informatizzata, attiva un sistema di ricerca automatica, consentendo una rapida identificazione dei pazienti con insoddisfacente controllo metabolico, al fine di ridurre l’inerzia terapeutica e migliorare l’appropriatezza prescrittiva”.
I medici specialisti soci dell’Associazione medici diabetologi potranno con questo mezzo “individuare e valutare i soggetti che hanno bisogno di un’intensificazione o di un miglioramento della cura”.
Un articolo che tratta questi stessi temi lo potete leggere qui.