Oggi sono disponibili farmaci innovativi per il diabete di tipo 2, che sono efficaci e fanno risparmiare sui costi delle cure. E fanno risparmiare proprio perché sono efficaci nel tenere sotto controllo la patologia e i valori glicemici e nel prevenire lo svilupparsi di complicanze, in particolare di quelle cardiovascolari e renali. Lo sottolinea l’Associazione medici diabetologi, che ha dedicato al tema alcuni recenti convegni (ricordiamo quello di Feroleto Antico – Catanzaro, “Diabete e malattia cardiovascolare: nuove evidenze?”, a dicembre 2017, e quello di inizio febbraio 2018 a Roma, “Impact of diabetes drugs on cardiovascular and renal disease in type 2 diabetes”).
Oggi sono disponibili farmaci di nuova generazione per il diabete tipo 2 efficaci nel tenere sotto controllo la patologia e i livelli glicemici e nel prevenire lo svilupparsi di complicanze, in particolare di quelle cardiovascolari e renali.
Amd rileva infatti che le recenti innovazioni farmacologiche nella terapia del diabete tipo 2 si sono dimostrate in grado di prevenire efficacemente le complicanze cardiovascolari e renali della patologia, che sono tra le più temibili e rappresentano anche una delle voci principali nei costi per la cura del diabete.
Per farsi un’idea più precisa della portata del problema, si pensi che il 65% dei diabetici di tipo 2 muore per cardiopatia ischemica o stroke (ictus) e che un adulto con diabete ha una probabilità doppia di soffrire di malattia cardiovascolare rispetto a un non diabetico. Le complicanze cardiovascolari oggi costituiscono la prima causa di morte in pazienti con diabete. Altra seria problematica della persona con diabete è costituita dalle complicazioni nefrologiche che possono condurre all’insufficienza renale grave.
Come spiega il presidente di Amd Domenico Mannino, “alcuni nuovi farmaci antidiabetici si sono dimostrati capaci di agire anche sui fattori di rischio cardiovascolare e renale. Attualmente sono impiegati in una popolazione di pazienti molto ristretta, eppure il loro maggior costo unitario verrebbe ampiamente bilanciato dal risparmio legato alla minore incidenza di ipoglicemie ed eventi cardiovascolari e renali che tali terapie permettono di ottenere”.
Mannino fa notare che l’impiego di questi nuovi farmaci, si associa “a un minore uso di risorse per visite, esami, chiamate al 118, accessi al Pronto soccorso e ricoveri dovuti alle complicanze”. È bene comprendere, secondo il presidente di Amd, che un’iniziale spesa più alta per i farmaci innovativi è poi più che compensata dalla riduzione delle spese ospedaliere e per la cura di eventi acuti e complicanze del diabete che sono le fonti dei costi più elevati.
Precisa ancora Mannino, sottolineando i progressi fatti rispetto ai farmaci di più vecchia data: “Alcuni nuovi farmaci antidiabetici, a differenza della precedente generazione di terapie disponibili, oltre a controllare efficacemente i livelli glicemici, permettono anche di ottenere un effetto protettivo sul fronte delle complicanze cardiovascolari e renali, che sono tra le più frequenti e con il più grave impatto, sulla qualità e speranza di vita, nei pazienti con diabete tipo 2”.
Aggiunge Domenico Cucinotta, direttore del Dipartimento di Medicina dell’Università di Messina e già presidente di Amd: “Da circa un anno sono disponibili i risultati di alcuni importanti studi clinici che, per la prima volta, hanno dimostrato come nuove classi farmacologiche sviluppate per la cura del diabete siano anche in grado di ridurre la comparsa di eventi cardiovascolari e renali. L’insufficienza renale è infatti l’altra grande complicanza dei pazienti diabetici. In particolare, lo studio Leader, condotto su una molecola appartenente alla famiglia delle incretine, ha evidenziato come tali farmaci abbiano ridotto gli eventi cardiovascolari, oltre alla comparsa e alla progressione dell’insufficienza renale; anche gli studi Empa-Reg e Canvas, condotti su molecole del gruppo delle gliflozine, hanno mostrato una diminuzione degli eventi cardiovascolari e soprattutto dello scompenso cardiaco”.
“Se si considera il costo totale della persona con diabete, le nuove terapie, che permettono di prevenire ipoglicemie, complicanze e ricoveri (la parte di spesa più cospicua), risultano non solo sostenibili, ma anche costo-efficaci”.
Amd approfondisce l’aspetto dei costi aggiuntivi per il Servizio sanitario nazionale che le novità terapeutiche comportano per spiegare che i farmaci innovativi per il diabete di tipo 2 sono in realtà economicamente convenienti. “Occorre distinguere tra prezzo e costo -avverte Riccardo Candido, consigliere nazionale dell’Associazione medici diabetologi- Mentre nel primo caso si intende la spesa per un determinato farmaco o dispositivo tecnologico, nel secondo caso si fa riferimento alla spesa per la gestione complessiva della persona con diabete. Secondo i recenti dati dell’Osservatorio Arno, questa spesa si compone per il 49% dai ricoveri dovuti alle complicanze del diabete e alle patologie a esso associate, per il 23% dai farmaci legati in particolare alle complicanze cardiovascolari e solo per il 7% dai farmaci anti-iperglicemici. Se si considera il costo totale della persona con diabete, le nuove terapie, che permettono di prevenire ipoglicemie, complicanze e ricoveri (la parte di spesa più cospicua), risultano non solo sostenibili, ma anche costo-efficaci. Considerando, inoltre, i costi indiretti (per esempio le giornate lavorative perse, il vantaggio è ancora maggiore. È chiaro poi che la gestione delle opzioni terapeutiche da parte degli operatori sanitari deve essere appropriata: l’innovazione farmacologica va destinata al paziente giusto, che ne può trarre il maggior beneficio”.
Secondo alcuni studi, le più recenti innovazioni nella terapia del diabete possono ridurre la mortalità cardiovascolare fino al 38% e il rischio di progressione della nefropatia diabetica verso l’insufficienza renale grave del 40%.
Ulteriori dati mostrano che le più recenti innovazioni nella terapia del diabete possono ridurre la mortalità cardiovascolare fino al 38% e il rischio di progressione della nefropatia diabetica verso l’insufficienza renale grave del 40%.
Come spiega Franco Tuccinardi, primario di diabetologia all’Ospedale di Formia e consigliere nazionale di Amd (e responsabile scientifico del citato convegno di Roma insieme con Domenico Mannino), “il problema importante legato al diabete mellito è una mortalità cardiovascolare elevata rispetto alla popolazione non diabetica e l’impegno, nel passato, a portare la glicemia a valori vicini alla normalità non riusciva comunque a ridurre la mortalità cardiovascolare. Oggi, grazie a nuovi farmaci per la cura del diabete, abbiamo la possibilità di abbassare la glicemia e contemporaneamente ridurre in modo significativo la mortalità cardiovascolare”.
Ci sono studi che registrano risultati significativi. Prosegue infatti Tuccinardi: “Nello studio Empa-Reg Outcome il farmaco Empagliflozin riduce la mortalità cardiovascolare del 38% e nello studio Leader il farmaco Liraglutide la riduce del 22%. In uno studio osservazionale effettuato con le Gliflozine si aveva una riduzione della mortalità totale del 51%. Questi risultati sono così importanti da rivoluzionare la terapia del diabete tipo 2: bisogna passare dalla scelta di farmaci tradizionali che abbassano la glicemia senza nessun vantaggio sulla riduzione della mortalità alla scelta di questi nuovi farmaci che riducono in modo significativo la mortalità soprattutto nei pazienti che hanno già avuto un evento cardiovascolare. E in questa direzione vanno anche le nuove linee guida 2018 dell’Associazione americana per il diabete”.
Anche dal punto di vista del contrasto delle complicanze renali le nuove terapie farmacologiche mostrano efficacia, come illustra Carmine Zoccali, presidente dell’European Renal Association, European Dialysis and Transplantation Association (Era-Edta): “I diabetici hanno un rischio di andare incontro a insufficienza renale doppio rispetto a chi non soffre di questa patologia. In più, la presenza di insufficienza renale nei soggetti con diabete quadruplica il loro rischio di morte rispetto alla popolazione non diabetica e senza insufficienza renale, e quasi lo triplica rispetto alla popolazione diabetica senza insufficienza renale. Le Gliflozine, una classe di farmaci che riduce il riassorbimento tubulare del glucosio grazie a un peculiare meccanismo di azione sulla microcircolazione renale, si sono dimostrate in grado di abbattere del 40% il rischio di progressione della nefropatia diabetica verso il grado più avanzato di insufficienza renale, cioè il grado 5, quello che impone la dialisi e/o il trapianto. Inoltre, questi stessi farmaci riducono di circa il 30% il rischio di morte nei diabetici. In sintesi, l’impiego delle Gliflozine nei pazienti con diabete ha mostrato, negli studi sinora effettuati, un potenziale per la prevenzione che è andato anche al di là di ogni ottimistica attesa”.
Amd e Sid auspicano che i farmaci innovativi per il diabete di tipo 2, oggi sottoutilizzati, siano impiegati di più, sostituendo quelli più vecchi, che non hanno pari efficacia e sicurezza.
L’auspicio è quindi che i farmaci innovativi per il diabete di tipo 2 siano utilizzati più di quanto oggi si faccia, riducendo l’uso di alcuni medicinali vecchi che non hanno le stesse caratteristiche di efficacia e sicurezza, anzitutto perché comportano rischi di crisi ipoglicemiche.
Una delle ragioni di questo sottoutilizzo va ricercata nei limiti posti ai medici di famiglia nell’ambito della prescrizione dei medicinali di nuova generazione (argomento di cui abbiamo parlato qui e che recentemente è stato risollevato in un incontro con la stampa dai presidenti di Amd e Sid, Domenico Mannino e Giorgio Sesti).
Secondo i presidenti delle due società scientifiche, dato che i nuovi medicinali non possono essere prescritti dal medico di medicina generale ma solo dal diabetologo e che circa il 50% dei pazienti sono seguiti solo dal medico di famiglia, a un’ampia quota di persone con diabete non è offerta la possibilità di cura con i farmaci più innovativi, che consentono somministrazioni settimanali e che non comportano il rischio di ipoglicemia”. Così, purtroppo -si rammarica Sesti- spesso “si continuano a usare farmaci orali datati, come sulfoniluree e glinidi, il cui uso è associato a rischio di ipoglicemia e incremento ponderale. I farmaci più innovativi, invece, non sono associati a rischio di ipoglicemia e contribuiscono anche a ridurre il peso”.