Come lavora un bravo diabetologo? Si possono delineare con precisione le prestazioni che deve mettere in atto e gli obiettivi che deve raggiungere per dare la miglior cura e assistenza alla persona con diabete? Secondo l’Associazione medici diabetologi, ciò è possibile e anche opportuno. Infatti Amd ha messo a punto uno strumento apposito (presentato al recente congresso nazionale di Napoli) che si chiama “Core Competence Curriculum del Diabetologo”. Si tratta di una definizione rigorosa delle competenze distintive e caratterizzanti dello specialista, basata sul rapporto tra le prestazioni del diabetologo e i risultati che esse devono dare in termini di cura e salute della persona con diabete assistita.
Il Core Competence Curriculum del diabetologo -spiega l’Associazione- “si inserisce nel progetto lanciato da Amd, dal nome “Diabetes & Intelligence” (Dia&Int), che si pone l’obiettivo di comprendere l’effettiva utilità di ciascuna attività esercitata dal diabetologo -e quindi di ogni prestazione offerta ai pazienti- al fine di supportare le istituzioni preposte nella definizione, in prospettiva, di nuovi modelli assistenziali per i pazienti cronici”.
Il curriculum vuole dunque essere un mezzo concreto in grado di favorire l’attuazione di un modello assistenziale integrato in ambito diabetologico per rendere più efficienti le prestazioni e più appropriata l’attività prescrittiva, sulla base di evidenze e metodi scientifici che consentano di misurare la qualità dell’assistenza. Sono state infatti identificate le prestazioni e gli standard organizzativi più utili nel soddisfare il bisogno di salute della persona con diabete.
Tra le cose più importanti che un bravo diabetologo deve saper fare: educare il paziente, personalizzare la terapia, fare una precisa diagnosi, valutare la fragilità del paziente, garantire che l’autocontrollo glicemico sia correttamente eseguito.
Quali sono le più utili ed efficaci prestazioni che il bravo diabetologo deve offrire? Le prime cinque sono:
• la terapia educazionale
• la personalizzazione del piano terapeutico
• la diagnosi e la valutazione biomedica
• la concreta valutazione della fragilità del paziente
• la garanzia dell’autocontrollo glicemico
Le buone pratiche diabetologiche permettono di ottenere risultati clinici essenziali come ottimizzare il controllo metabolico, controllare il rischio cardiovascolare, ridurre ricoveri e degenze, rendere sempre più appropriato l’uso delle migliori tecnologie disponibili per le persone con diabete.
Se queste sono messe in atto bene, i loro risultati clinici positivi, secondo Amd, devono riflettersi innanzitutto su questi cinque campi:
• l’ottimizzazione del controllo metabolico
• il controllo dei fattori di rischio cardiovascolare
• la riduzione delle ospedalizzazioni e degli accessi al pronto soccorso
• la riduzione delle giornate di degenza dei pazienti eventualmente ospedalizzati
• l’aumento dell’appropriatezza nell’utilizzo di tutte le tecnologie disponibili per le persone con diabete.
Seguendo questo schema è dunque possibile valutare in modo rigoroso l’attività del diabetologo, avendo presenti le priorità degli obiettivi e dei mezzi con cui perseguirli, sempre con il fine ultimo di garantire al meglio lo stato di salute della persona. Qui sopra si sono citate le voci principali: in totale il modello ha preso in considerazione 25 attività e 19 risultati clinici, coerenti con le linee guida del modello di cura dei pazienti cronici (Chronic care model) e con gli standard di cura Amd-Sid.
Secondo Amd, questa “rivisitazione delle conoscenze e delle competenze del diabetologo” permetterà di rispondere al meglio alle esigenze di gestione della cronicità, consentirà allo specialista di assumere una “posizione meglio definita negli organigrammi e nelle organizzazioni strutturali aziendali, oggi assolutamente eterogenee”, e “andrà a colmare il gap tra best practice e Lea in virtù di un apporto in termini terapeutico-assistenziali ben preciso e misurabile”.
Musacchio (Amd): “esiste un forte scollamento fra il piano assistenziale di patologia, ben delineato nel Piano nazionale del diabete, che indica con chiarezza gli obiettivi da raggiungere e i ruoli professionali, e i Livelli essenziali di assistenza, che identificano e riconoscono il modus operandi del medico diabetologo trascurandone molteplici aspetti”. Il curriculum delle competenze di Amd può contribuire a colmare la lacuna.
In proposito, sottolinea la presidente uscente di Amd Nicoletta Musacchio, “l’assistenza sanitaria del futuro si delinea, sempre più chiaramente, come gestione di cronicità e il diabetologo è il professionista della salute che più di ogni altro ha già compreso come per il paziente con diabete non esista una cura, ma un processo di cura. Al contempo però, esiste un forte scollamento fra il piano assistenziale di patologia, ben delineato nel Piano nazionale del diabete che indica con chiarezza gli obiettivi da raggiungere e i ruoli professionali, e i Livelli essenziali di assistenza, che identificano e riconoscono il modus operandi del medico diabetologo trascurandone molteplici aspetti, legati in particolare a competenze specifiche per l’empowerment del paziente, ma anche a competenze organizzative e assistenziali, delle quali non vi è evidenza e riconoscimento curriculare”.
Affinché il nuovo curriculum del diabetologo sia concretamente applicabile ai modelli di gestione del paziente cronico -sottolinea l’Associazione- occorre però che siano disponibili, in modo complementare, i curriculum degli altri professionisti coinvolti nella gestione del paziente diabetico, all’interno di quel team diabetologico ormai considerato chiave di volta per un modello efficace e completo di assistenza e cura delle persone diabetiche.
Amd ha quindi proposto collaborazioni alle associazioni degli altri attori interessati: Osdi, l’Associazione nazionale di operatori sanitari diabetologi) e la Simg (Società italiana di medici di medicina generale e delle cure primarie) “con un primo obiettivo di creare i core curriculum specifici degli altri professionisti coinvolti nel percorso di cura del paziente diabetico”. E, naturalmente, per la realizzazione piena del progetto, si attende la collaborazione concreta anche delle istituzioni.