Il team diabetologico è al centro del modello italiano di assistenza e cura del diabete ed è riconosciuto dal Piano nazionale della malattia diabetica del 2013. Secondo la Sid (come si legge sul volume “Il diabete in Italia” edizione 2016, se ne parla anche qui), i team diabetologici italiani costano circa l’1% del totale della spesa sostenuta per curare le persone con diabete e possono incidere in misura assai significativa sull’altro 99%, riducendolo. Come? Lo illustra chiaramente, nel libro citato, il diabetologo Enzo Bonora, già presidente della Sid: “Prevenendo le complicanze croniche, che rappresentano il 90% della spesa, fra ricoveri, specialistica e farmaci. Accorciando la durata delle degenze con una presa in carico al momento dell’accoglimento nei reparti di chirurgia, ortopedia, ginecologia, eccetera. Ottimizzando l’uso dei farmaci anti-iperglicemizzanti e dei dispositivi per il monitoraggio e la cura. Evitando sprechi con la terapia insulinica (la voce di spesa maggiore fra i farmaci antidiabetici). Osservando una scrupolosa appropriatezza nelle prescrizioni di esami di laboratorio e strumentali. Collaborando nelle scelte sulle strategie di cura operate a livello nazionale, regionale e locale”.

Il modello italiano di cura del diabete basato sul team diabetologico si fonda, oltre che sui medici di famiglia, su centri specialistici con competenze multiprofessionali che comprendono diabetologo, infermiere, dietista, psicologo, podologo, cardiologo, nefrologo, neurologo, oculista, eccetera.

Il modello italiano di cura del diabete spiega Bonora, “consta, oltre che dei medici di famiglia, di una rete capillare di centri specialistici diffusi su tutto il territorio nazionale, basati su competenze multiprofessionali (diabetologo, infermiere, dietista, talora psicologo e/o podologo, e, secondo necessità, cardiologo, nefrologo, neurologo, oculista, eccetera) e che forniscono con regolarità consulenze per circa il 50% delle persone con diabete, prevalentemente, ma non esclusivamente, quelle con malattia più complessa e/o complicata”.

L’Italia è il Paese occidentale con il più basso livello medio di emoglobina glicata e i più bassi tassi di complicanze croniche e di eccesso di mortalità nelle persone con diabete.

L’efficacia del modello basato sul team diabetologico è confermata dal fatto che “l’Italia è il Paese occidentale con il più basso livello medio di emoglobina glicata e i più bassi tassi di complicanze croniche e di eccesso di mortalità nelle persone con diabete”; inoltre, “coloro che sono assistiti nei centri diabetologici hanno una minore mortalità totale e cardiovascolare rispetto a chi non li frequenta”.

Bonora sottolinea l’importanza che il team diabetologico intervenga nella cura sin dalla fase iniziale della patologia, in modo da poterne prevenire le possibili complicanze. Infatti, fa notare il diabetologo, il Piano nazionale della malattia diabetica prevede “una presa in carico di tutte le persone con diabete da parte dei centri diabetologici, con l’applicazione di una incisiva gestione integrata con i medici di famiglia. Una presa in carico che è previsto avvenga già nella fase iniziale della malattia. È stato infatti recepito il concetto che il team diabetologico non dovrebbe intervenire per la prima volta quando si è sviluppato grave scompenso metabolico o quando si sono sviluppate complicanze della malattia, perché la comparsa di queste condizioni cliniche testimonierebbe l’inefficacia di quello che è accaduto prima di quel momento e sancirebbe il fallimento del sistema di cura. Sarebbe paradossale se l’assistenza specialistica non svolgesse la sua parte quando potrebbe cambiare la storia naturale della beta-cellula e, quindi, della malattia, ma venisse chiamata di fatto a decretare un insuccesso. E sarebbe parimenti paradossale che i circa 2500 diabetologi italiani e i loro team non fossero coinvolti nella cura quando questa mira a prevenire il danno d’organo e venissero chiamati in causa solo quando questo si e verificato, talora in maniera eclatante (infarto, ictus, insufficienza renale avanzata, retinopatia grave, piede diabetico, eccetera)”.

Il team diabetologico, secondo la Sid, va quindi sostenuto e rafforzato. Non sono mancati, perciò, da parte dei diabetologi italiani, gli appelli alle autorità perché tengano presente, in sede di politiche sanitarie, l’importanza cruciale di questa risorsa nella lotta contro il diabete: potete leggere un articolo in proposito cliccando qui.