Pressione alta, colesterolo sballato, glicemia fuori range: per chi convive con il diabete, tenere sotto controllo tutti e tre questi parametri è una sfida quotidiana. E secondo i dati dell’American Diabetes Association (ADA), solo il 22% degli adulti con diabete riesce davvero a raggiungere questo traguardo. A trascurare la propria salute metabolica sono soprattutto giovani, minoranze etniche e persone con basso reddito, categorie più esposte a complicanze gravi. È da questa fotografia che nasce il documento “Standards of Care in Diabetes 2025”, le nuove linee guida ADA per la gestione del diabete, presentate al forum Panorama Diabete di Riccione.

TERAPIE PERSONALIZZATE, ACCESSO EQUO E PIU’ TECNOLOGIA

L’obiettivo delle nuove raccomandazioni è chiaro: una cura più equa, centrata sulla persona e sostenuta dalla tecnologia, che non lasci indietro nessuno. Le cure devono essere costruite su misura, considerando comorbidità, condizioni socioeconomiche, ma anche barriere linguistiche e culturali che possono ostacolare la gestione della malattia. La telemedicina viene indicata come un valido strumento per migliorare l’accesso alle cure, soprattutto nelle aree rurali, a patto che integri, e non sostituisca, le visite in presenza. Tra le novità cliniche spiccano: l’estensione del monitoraggio continuo della glicemia (CGM) anche ai pazienti con diabete tipo 2 non trattati con insulina, le indicazioni su come gestire eventuali carenze di farmaci e l’utilizzo degli agonisti del recettore GLP-1 non solo per la perdita di peso, ma anche per protezione cardiovascolare e renale.  “Dai colleghi americani ci arrivano tanti input – ha spiegato Riccardo Bonadonna, presidente eletto della SID – che sarà importante tenere in considerazione nella stesura delle nuove linee guida italiane”. La speranza è quella di poter adattare questo modello anche al nostro Paese, dove le disuguaglianze d’accesso e il costo delle terapie restano ostacoli concreti per molti pazienti.

Standards of Care in Diabetes 2025 in sei punti chiave

1. Personalizzazione e approccio centrato sulla persona

Le decisioni cliniche devono essere tempestive, basate sull’evidenza e condivise con il paziente, tenendo conto di comorbidità, preferenze, contesto sociale e capacità economica. È fondamentale passare da una cura reattiva a una cura proattiva, pianificata in team multidisciplinari.

2. Disuguaglianze e determinanti sociali della salute (SDOH)

Le disuguaglianze etniche, economiche e sociali influenzano fortemente esiti clinici e accesso alle cure. Le linee guida raccomandano screening sistematici per SDOH (insicurezza alimentare, abitativa, barriere linguistiche, mancanza di supporto sociale) e un maggior uso di risorse comunitarie (es. health coach, community health worker).

3. Telemedicina e tecnologie digitali

La telemedicina migliora l’accesso e l’autogestione, soprattutto nelle aree rurali e sottoservite. Deve integrare – e non sostituire – le visite in presenza. Sono raccomandati strumenti digitali per il monitoraggio glicemico (CGM) anche nei pazienti con diabete di tipo 2 non in terapia insulinica.

4. Barriere economiche e costo delle terapie

Solo il 22% dei pazienti riesce a mantenere sotto controllo glicemia, pressione e colesterolo. Il costo dei farmaci (insulina inclusa) è una barriera significativa. Quasi il 19% dei pazienti con diabete tipo 1 riferisce di dover razionare l’insulina. Le linee guida spingono per strategie di riduzione dei costi, come cap al prezzo dell’insulina ($35/mese) e piani assicurativi con costi contenuti.

5. Coinvolgimento della comunità e modelli di cura integrati

Viene promossa la creazione di reti di supporto che coinvolgano famiglia, scuola, lavoro e comunità. L’uso di modelli di cura collaborativi come il Chronic Care Model o il Patient-Centered Medical Home migliora gli esiti e riduce le complicanze. L’integrazione di educazione terapeutica (DSMES), coaching motivazionale, supporto psicologico e strumenti digitali è considerata una componente chiave.

6. Qualità dell’assistenza e miglioramento continuo

I sistemi sanitari devono adottare una cultura del miglioramento della qualità, con uso di dati e benchmark per monitorare gli esiti e ridurre le disparità. Le linee guida raccomandano il coinvolgimento diretto dei pazienti anche nei processi decisionali.

 

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