Il professor Lorenzo Piemonti, dell’Ospedale San Raffaele di Milano, coordinatore del consiglio scientifico della Società italiana di diabetologia, è stato eletto presidente di Ipita (International Pancreas and Islet Transplantation Association), l’Associazione internazionale dei trapianti di pancreas e insule, società scientifica che si occupa in particolare del diabete come sezione ufficiale della Transplantation Society, anche in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della sanità.

Piemonti (che dirige il Diabetes Research Institute e l’Unità di Medicina rigenerativa e dei trapianti del San Raffaele) esprime fiducia e speranza nelle potenzialità di sviluppo delle terapie cellulari e dei trapianti di pancreas e insule per il trattamento del diabete e, pesando opportunamente le parole, afferma (come riportato dal comunicato della Sid del 2.11.2023): “Stiamo assistendo a una accelerazione importante nei risultati clinici, accelerazione che ci fa cautamente sperare in un futuro concreto dove potremmo forse fare a meno della terapia insulinica”.

I trapianti di pancreas e insule pancreatiche continuano a essere una prospettiva di grande interesse per la cura del diabete, anche se per ora non sono una soluzione adatta a tutti i pazienti. Lorenzo Piemonti, neopresidente dell’Associazione scientifica dei trapianti Ipita, è fiducioso sui possibili futuri sviluppi.

“Fare a meno della terapia insulinica” è il sogno di tutti e la Ipita sta lavorando per far sì che questa speranza diventi realtà concreta, dedicandosi ai trapianti di organi e tessuti, promuovendo la ricerca scientifica, la pratica clinica, l’educazione e l’etica nel settore dei trapianti.

Per chi è indicato oggi il trapianto

Oggi -spiega la Sid- “la terapia sostitutiva con tessuto secernente insulina (trapianto di pancreas o di isole) è l’unica terapia in grado di guarire il diabete di tipo 1 (autoimmune) quando si manifesti nella forma instabile, in cui la terapia sostitutiva con insulina non è in grado di controllare la malattia ed espone a severi episodi di ipoglicemia. Ciò che limita l’utilizzo su larga scala di questa strategia è la bassa disponibilità di pancreas donati e la necessità di tenere il paziente in terapia immunosoppressiva, con i relativi rischi associati. Gli studi clinici in corso, utilizzando cellule staminali come tessuto secernente insulina, hanno la potenzialità di superare i limiti attuali, ma richiedono ancora conferma”.

Il problema della terapia immunosoppressiva

Infatti (come abbiamo visto sul nostro sito qui), il trapianto di pancreas e quello di insule pancreatiche sono oggi  due possibilità terapeutiche reali per chi soffre di diabete di tipo 1, perché permettono di raggiungere un’ottimizzazione del compenso glicemico senza la necessità di iniettare l’insulina, con benefici per la salute e la qualità della vita della persona con diabete (migliore controllo della glicemia e del metabolismo, rallentamento della progressione delle complicanze).

Purtroppo, però, non possono ancora essere considerati come una cura definitiva per il diabete perché richiedono una terapia immunosoppressiva permanente per evitare che il nostro organismo attacchi l’organo o il tessuto trapiantato, individuandolo come estraneo e “nemico”, e ne provochi il rigetto.

Ecco perché attualmente la via dei trapianti di pancreas e insule è ancora indicata soltanto per un numero ristretto di persone con diabete di tipo 1, quelle per cui la terapia tradizionale non sia efficace o che già, per altre ragioni, siano sottoposte a una terapia immunosoppressiva, che abbassa le difese del sistema immunitario al fine di impedire il rigetto, ma contemporaneamente rende l’organismo più vulnerabile e più esposto ad altre patologie.

Ma è proprio sull’obiettivo di  arrivare a realizzare trapianti che non impongano il ricorso alla terapia immunosoppressiva che si sta impegnando la ricerca scientifica.

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