Ridurre zuccheri aggiunti, limitare sale e additivi, semplificare le etichette e privilegiare ingredienti naturali: è questo l’appello che AMD – Associazione Medici Diabetologi – lancia insieme all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e a Slow Food Italia. Per la prima volta, i medici che si occupano ogni giorno di diabete si rivolgono direttamente a chi produce il cibo, chiedendo una trasformazione profonda dell’industria alimentare, non solo per ragioni di sostenibilità, ma come atto di responsabilità verso la salute pubblica. “Le abitudini alimentari dominanti sono strettamente legate a diabete tipo 2, obesità, malattie cardiovascolari e alcuni tumori – spiega Riccardo Candido, presidente AMD –. Il problema non è solo l’eccesso di zuccheri o di calorie, ma l’uso di grassi idrogenati, sale e additivi che alterano il valore nutrizionale e la naturalezza del cibo. Chiediamo all’industria di diventare alleata della prevenzione, perché il cibo può e deve essere un veicolo di salute”. Per Silvio Barbero, dell’Università di Pollenzo, è il momento di un cambio di paradigma: “Innovare in modo sano e trasparente è possibile. Privilegiare ingredienti naturali e processi sostenibili non è un ostacolo alla competitività, ma una leva di credibilità. L’industria può giocare un ruolo decisivo nel benessere collettivo”.

SALUTE, AMBIENTE E GIUSTIZIA SOCIALE

Durante la giornata inaugurale, il Congresso AMD ha voluto allargare lo sguardo: non solo medicina, ma anche cultura della salute. Monsignor Vincenzo Paglia ha ricordato come l’inquinamento non sia solo ambientale, ma anche “antropologico”: solitudine, disuguaglianze, perdita di relazioni autentiche. “La vera prevenzione nasce dal riconoscimento dell’altro – ha detto –. Le relazioni umane sono la prima medicina”. Candido ha rilanciato: “La salute non dipende soltanto dai farmaci o dalla tecnologia, ma dai modelli alimentari, ambientali e sociali che costruiamo. La diabetologia deve farsi ponte tra scienza, sostenibilità e giustizia sociale: solo così possiamo garantire salute e innovazione per tutti, senza lasciare indietro nessuno”.

DAL PIATTO AL PAZIENTE

Il tema dell’integrazione è tornato al centro anche nella sessione congiunta AMD–ESC (European Society of Cardiology), dedicata al continuum cardio-reno-metabolico.
Oggi in Italia oltre 5 milioni di persone con diabete, 9,6 milioni con malattie cardiovascolari e 2 milioni con insufficienza renale cronica – in gran parte le stesse – assorbono più del 60% della spesa sanitaria cronica e il 70% dei ricoveri ospedalieri. “Il paziente non soffre di malattie separate, ma di un sistema frammentato – spiega Salvatore Corrao, professore ordinario di Medicina Interna all’Università di Palermo –. È tempo di superare i silos specialistici e costruire un percorso integrato fondato sul continuum cardio–reno–metabolico (CKM), come sostengono le più recenti linee guida. Un approccio multifattoriale intensivo può garantire oltre 8 anni di vita in più rispetto alla cura standard”. Dello stesso avviso Francesco Cosentino, cardiologo del Karolinska Institute di Stoccolma e membro del board ESC: “Cardiologi e diabetologi devono lavorare insieme per costruire percorsi condivisi e portare nella pratica clinica le terapie che oggi proteggono cuore, rene e metabolismo. È un’occasione per ripensare la medicina, rendendola più integrata, personalizzata e sostenibile”.

INTEGRARE PER VIVERE MEGLIO

Gli esperti hanno ribadito la necessità di tradurre le evidenze in percorsi concreti, costruendo modelli organizzativi come l’Integrated Care Hub, che mette in rete competenze, dati e professionisti per una gestione globale del rischio. In questa visione, il diabetologo diventa la figura chiave capace di coordinare un approccio multidimensionale che unisce prevenzione, cura e riabilitazione, con un obiettivo chiaro: garantire qualità, durata e dignità di vita ai pazienti.

IL FUTURO DELLA DIABETOLOGIA ITALIANA

Il Congresso AMD, conclusosi a Bologna il 18 ottobre, ha confermato la volontà di una diabetologia capace di visione e di responsabilità.
Scienza, ambiente e società si intrecciano in un messaggio comune: per costruire salute serve un patto collettivo che unisca tutti – medici, istituzioni, industria e cittadini – in un’unica direzione. Prevenzione, alimentazione sana e integrazione delle cure non sono più ambiti separati, ma tessere di uno stesso mosaico: quello di una medicina che si prende cura non solo della malattia, ma della vita.

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