L’importanza di tenere la pressione sotto controllo per chi ha il diabete è sottolineata da un importante studio osservazionale (chiamato Advance-On), condotto da due ricercatori del “George Institute for global health” dell’Università di Sydney, Australia (Sophia Zoungas e John Chalmers), che segue un’altra ricerca rilevante, Advance (“Action in diabetes and vascular disease: Preterax and Diamicron modified release controlled evaluation”). Se, insieme con la glicemia, si mantiene la pressione sotto controllo stretto, si possono efficacemente prevenire complicanze microvascolari e, in particolare, la nefropatia diabetica, che sono invece favorite dall’ipertensione (pressione arteriosa troppo elevata).
La ricerca aveva infatti lo scopo di valutare l’efficacia di uno stretto controllo della glicemia e della pressione arteriosa sulla mortalità e sulle complicanze micro e macrovascolari, esaminando oltre undicimila soggetti con diabete di tipo 2, in due bracci distinti dell’indagine, confrontando un gruppo in trattamento intensivo con uno sottoposto a trattamento convenzionale. Si è rilevato che i soggetti in terapia ipoglicemizzante intensiva avevano registrato un valore medio di emoglobina glicata di 7,1% contro un valore di 7,5% dell’altro gruppo. I soggetti in trattamento intensivo anti-ipertensivo avevano conseguito un valore medio di pressione arteriosa di 136/74 mmHg contro un valore di 145/81 mmHg dei soggetti di controllo.
Dopo circa 4 anni di osservazione, si è rilevato che i soggetti in trattamento ipoglicemizzante intensivo registravano una riduzione del 21% dell’insorgenza o del peggioramento di una nefropatia e una riduzione del 65% della insufficienza renale terminale, mentre nessun effetto, né in senso migliorativo né peggiorativo, era stato osservato per quanto concerneva la mortalità totale. D’altro lato, nei soggetti in trattamento anti-ipertensivo intensivo si era osservata, al termine dello studio, una riduzione significativa della mortalità cardiovascolare, della mortalità totale e degli eventi coronarici e renali.
Dopo la chiusura dello studio, tutti i pazienti sono stati affidati alla cura dei loro medici, pur essendo seguiti per un ulteriore periodo di 6 anni. Al termine di questo periodo di osservazione, il controllo glicemico del gruppo in precedente trattamento intensivo si è deteriorato, divenendo eguale a quello dei soggetti in precedente trattamento convenzionale, raggiungendo in entrambi i casi un valore di glicata pari al 7,3%. Sotto il profilo pressorio si è, invece, mantenuto un vantaggio con un valore medio, in entrambi i gruppi, di 137/74 mmHg e una persistente riduzione della mortalità cardiovascolare da qualsiasi causa e degli eventi cardiovascolari maggiori.
Commenta così il professor Paolo Brunetti, già presidente della Società italiana di diabetologia: “Lo studio osservazionale Advance-On conferma quindi, da un lato, l’importanza di uno stretto controllo pressorio -di cui si conserva memoria anche dopo anni di sospensione del trattamento intensivo- e, dall’altro, l’utilità di uno stretto controllo glicemico, soprattutto per quanto concerne le complicanze microvascolari e, in particolare, la nefropatia diabetica”.
Secondo dati Amd, il monitoraggio della pressione arteriosa è eseguito almeno una volta l’anno sul 77% dei diabetici di tipo 2 e sul 66% di quelli di tipo 1. Si deve fare di più.
Per poter tenere la pressione sotto controllo, e poter applicare all’occorrenza la corretta terapia, è dunque necessario anzitutto monitorarla regolarmente (anche più volte l’anno). Purtroppo, però, questo non avviene regolarmente. Secondo gli Annali dell’Associazione medici diabetologi (che fotografano la qualità dell’assistenza diabetologica in Italia), su questo fronte si fa troppo poco: almeno un controllo pressorio annuale si registra nel 77,8% delle persone, dato sostanzialmente stabile nell’arco degli anni. Il 17,4% dei pazienti ha una pressione arteriosa minore di 130/80 mmHg; quelli con valori superiori a 140/90 mmHg (sono il 52,9%; il 30% sono i soggetti con valori alti non trattati con antipertensivi, il 57% i pazienti fuori norma nonostante l’uso di farmaci. Pur se migliori rispetto al passato, secondo Amd, “questi risultati non sono ancora accettabili e sono lontani dagli obiettivi di cura indicati dalle linee guida”. Gli “Indicatori di qualità dell’assistenza diabetologica in Italia 2014”, sempre redatti da Amd, confermano questa situazione per quanto riguarda la percentuale di soggetti diabetici a cui è stata eseguita almeno una misurazione annuale della pressione arteriosa: è del 77,2% nel diabete tipo 2 e del 66,2% nel diabete tipo 1 con una variabilità abbastanza limitata tra centri diversi.
Gli Standard di cura italiana di Amd e Sid indicano quali sono i valori pressori da raggiungere nel trattamento anti-ipertensivo delle persone con diabete a seconda delle caratteristiche del paziente.
Secondo gli “Standard di cura italiani per la cura del diabete mellito 2014”, elaborati da Amd e Sid, “l’ipertensione arteriosa è una comorbilità comune del diabete. Colpisce la maggior parte dei soggetti diabetici con una prevalenza che dipende dal tipo di diabete, dall’età, dall’etnia e dalla presenza di obesità. L’ipertensione è, inoltre, un fattore di rischio maggiore per lo sviluppo di patologia cardiovascolare e complicanze microvascolari. Nel diabete tipo 1 è spesso la conseguenza di una nefropatia sottostante, mentre nel diabete tipo 2 coesiste con altri fattori di rischio cardio-metabolico ed è spesso già presente alla diagnosi di diabete”.
Gli Standard redatti dalla due società scientifiche diabetologiche fissano anche gli obiettivi generali da perseguire nel trattamento dell’ipertensione in modo da mantenere la pressione sotto controllo.
Li riportiamo qui sotto.
- Il trattamento antipertensivo nei pazienti con diabete ha come obiettivo il raggiungimento di valori di pressione sistolica <140 mmHg.
- Il trattamento antipertensivo in alcune categorie di pazienti (recente diagnosi di ipertensione, giovani, elevato rischio di ictus) ha come obiettivo il raggiungimento di valori di pressione sistolica <130 mmHg.
- Il trattamento antipertensivo nei pazienti con diabete ha come obiettivo il raggiungimento di valori di pressione diastolica <80 mmHg.
- Un obiettivo pressorio <130/80 mmHg è raccomandato nei soggetti diabetici con micro- e macroalbuminuria.
- Nei diabetici anziani che necessitano di terapia farmacologica antiipertensiva, l’obiettivo del trattamento deve prevedere il raggiungimento di valori pressori <150/90 mmHg, se ben tollerati.
- Nelle donne diabetiche ipertese durante la gravidanza sono indicati obiettivi pressori <150/90 mmHg, in assenza di danno d’organo, <140/90 se vi è danno d’organo.