Un pranzo con il diabete può diventare più sano se si inverte l’abituale ordine con cui si mangiano le portate, consumando il secondo piatto prima del primo. Si tratterebbe di un ribaltamento di abitudini profondamente radicate, ma uno studio di un gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa (“Modificare la sequenza di ingestione degli alimenti migliora il controllo glicemico in pazienti con diabete mellito di tipo 2”, D. Tricò, E. Filice, A. Natali – Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa) mostra proprio che i risultati di un’inversione dei pasti sono positivi per le persone con diabete di tipo 2. Infatti, consumare prima un secondo piatto (a base di lipidi e proteine) e poi un classico primo (come la pasta) contribuisce a migliorare la risposta glicemica a un successivo carico orale di glucosio, rallentando l’assorbimento intestinale del glucosio, potenziando la funzione beta-cellulare (cioè delle cellule che secernono l’insulina) e riducendo la clearance insulinica.
Secondo i ricercatori, “l’inversione delle portate ai due pasti principali è in grado di determinare una riduzione significativa della glicemia postprandiale e un miglioramento nei valori dell’emoglobina glicata, il parametro più importante per giudicare il controllo metabolico”.
Invertire l’ordine delle portate a pranzo e cena contribuisce a ridurre la glicemia postprandiale e a migliorare l’emoglobina glicata, se la persona con diabete segue una dieta equilibrata, pratica un salutare stile di vita e osserva con scrupolo l’eventuale terapia farmacologica prescritta.
Il professor Andrea Natali, che dirige il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Pisa, sintetizza così la filosofia della ricerca svolta: “Questo studio è nato dall’idea che fosse possibile sfruttare alcuni meccanismi fisiologici legati all’alimentazione per migliorare il controllo glicemico nei pazienti con diabete. Recentemente avevamo dimostrato come nei pazienti con diabete un antipasto costituito da proteine e grassi fosse in grado di ridurre marcatamente l’entità dell’innalzamento glicemico prodotto dalla successiva ingestione di carboidrati e come questo avvenisse per un marcato rallentamento dello svuotamento gastrico (indotto dai grassi) e potenziamento della secrezione insulinica (indotta dalle proteine). Successivamente, per sfruttare a fini terapeutici questa specie di “pre-condizionamento” indotto dall’antipasto, senza però aumentare le calorie della giornata, abbiamo pensato che il modo più semplice fosse invertire la successione delle portate ai due pasti principali”.
Lo studio ha preso in esame per alcune settimane diciassette persone con diabete di tipo 2 con buon controllo glicemico, ad alcune delle quali è stata assegnata una dieta ipocalorica standard, mentre ad altre una dieta ipocalorica sperimentale, nella quale veniva richiesto di consumare alimenti ad alto contenuto di carboidrati (come pane e pasta) soltanto dopo alimenti a prevalente contenuto di proteine e lipidi (come carne e formaggi) ai pasti principali (pranzo e cena). Nel corso dello studio sono stati misurati glicemia, emoglobina glicata, peso, indice di massa corporea, massa grassa, circonferenza di vita, pressione arteriosa, profilo lipidico, funzione epatica e renale. Sono stati inoltre raccolti dati relativi all’automonitoraggio glicemico domiciliare e all’osservanza della dieta.
I due tipi di dieta hanno dato risultati simili dal punto di vista della diminuzione del peso (-1,9 kg) e del grasso viscerale (circonferenza della vita -2.9 cm), mentre una differenza significativa è emersa riguardo al controllo della glicemia. Il regime dietetico sperimentale (ben tollerato e neutrale sul profilo lipidico e sugli indici di funzione epatica e renale), quello che prevedeva la modifica della sequenza tradizionale dei piatti, produceva un miglioramento generale del controllo glicemico. La emoglobina glicata, infatti, risultava diminuita dello 0,3%, si abbassava anche la glicemia a digiuno (-1.0 mmol/l,), si riducevano le escursioni glicemiche postprandiali (pranzo: -1.8 mmol/l; cena: -1.0 mmol/l). Nello studio la glicemia viene espressa in “millimoli per litro” anziché in “milligrammi per decilitro”: per passare da valori in “mg/dl” a valori espressi in “mmol/l” occorre dividere i primi per 18.
Secondo gli autori, l’effetto positivo di proteine e lipidi sulla tolleranza glucidica è persistente e può essere attivato cambiando la sequenza di ingestione dei macronutrienti: si tratta di un intervento dietetico ben tollerato, facilmente praticabile ed efficace per chi ogni giorno debba affrontare cena e pranzo con il diabete come immancabile commensale.
Quindi, il suggerimento, per chi a pranzo con il diabete deve sempre fare i conti, è quello di provare a cambiare le proprie abitudini consumando prima il secondo e poi il primo piatto, naturalmente avendo sempre cura di programmare la propria dieta scegliendo cibi e quantità equilibrati, in base alle proprie esigenze individuali e seguendo le indicazioni del diabetologo e del dietologo. E, altrettanto ovviamente, continuando a seguire regolarmente la eventuale terapia farmacologica prescritta e la pratica di uno stile di vita sano. Altre informazioni sono disponibili sul sito dell’Università di Pisa.