La ricerca sul diabete in Italia è di alta qualità, ma soffre di scarsità di finanziamenti e di incentivi. Per questa ragione l’Associazione e la Fondazione “Diabete Ricerca” della Società italiana di diabetologia hanno stilato un documento in otto punti (presentato a Roma il 14 novembre in un summit) che propone le strategie da adottare per rafforzare la ricerca sul diabete in Italia, sottolineando come e perché sia necessario farle avere più fondi e più sostegno, al fine di consentirle di ottenere risultati ancora migliori nel contrasto della patologia e nell’efficacia delle cure.
Secondo la Sid, infatti, la pericolosità del diabete “non è adeguatamente percepita da istituzioni e popolazione generale. E questo si riflette anche sulla scarsità dei fondi destinati alla ricerca”. Occorre quindi anche una battaglia culturale e di informazione per far capire a tutti quanto sia serio il problema di salute generale posto dal diabete e quanto possa fare la ricerca diabetologica per farvi fronte. L’appello è perciò rivolto sia alle istituzioni sia ai cittadini. “Per questi motivi -spiega Giorgio Sesti, presidente della Sid- la Società italiana di diabetologia, insieme alla Fondazione e all’Associazione “Diabete Ricerca”, ha pensato a una road map basata su 8 step”.
Gli otto punti della Sid per sostenere la ricerca sul diabete
- Creare nell’opinione pubblica un senso di urgenza, un bisogno di cambiamento radicale nelle politiche, superando qualsiasi conflittualità tra le parti. Non essere disposti ad accettare la negazione dell’emergenza, la non conoscenza delle dimensioni del problema, la paura della malattia o l’isolamento.
- Rimuovere le barriere e i pregiudizi nei confronti della malattia e garantire l’accesso alle migliori terapie a tutti i cittadini senza discriminazioni.
- Avere una visione strategica che unifichi gli sforzi per fornire una corretta informazione ai cittadini, un’approfondita formazione agli operatori sanitari e i necessari finanziamenti alla ricerca.
- Creare collaborazioni stabili e reti di ricerca che consentano di condividere i dati, monitorare la malattia, di valutarne i reali costi diretti e indiretti, di sperimentare nuovi farmaci o nuovi approcci diagnostico-terapeutici.
- Pensare in modo non convenzionale e fuori dagli schemi per favorire la scoperta di nuove terapie di frontiera.
- Attrarre e supportare economicamente i giovani ricercatori perché possano continuare a svolgere le loro ricerche in Italia.
- Creare successi a breve e medio termine da diffondere ai cittadini in modo trasparente rendicontando ogni euro speso per la ricerca.
- Investire più fondi pubblici e privati per la ricerca in campo diabetologico attraverso programmi speciali pluriennali da parte delle istituzioni pubbliche e raccolta fondi attraverso il crowd funding.
Sid: la ricerca sul diabete in Italia è di elevata qualità, ma le istituzioni pubbliche le assegnano fondi modesti e i cittadini fanno ancora meno.
La Sid spiega che “la qualità della ricerca italiana sul diabete si colloca al terzo posto nella graduatoria mondiale quando agenzie specializzate la valutano dai suoi prodotti scientifici (i lavori pubblicati sulle riviste internazionali) e diventa prima se il risultato è aggiustato per gli scarsi finanziamenti ricevuti”. In Italia si fa ricerca sul pancreas artificiale, sui trapianti di cellule staminali, sulla genetica della patologia, sui marcatori di rischio di diabete e di complicanze, sulle origini del diabete e dei danni che può causare. “In tutti i campi della ricerca diabetologica gli italiani godono di grande credibilità internazionale”. Però, appunto, “i fondi per la ricerca sono troppo pochi. Le istituzioni pubbliche (Ministeri, Regioni, Università) destinano alla ricerca sul diabete fondi modesti: in media circa 2,5 milioni di euro l’anno, pari a circa 5mila euro all’anno per ognuno dei circa 500 ricercatori attivi nell’area del diabete in Italia (moltissimi dei quali in posizioni precarie). E i cittadini fanno ancora meno per il diabete: le donazioni liberali e quanto destinato con il 5xmille ammontano a poco più di 100mila euro all’anno. In pratica, una media di circa 200 euro per ricercatore”.
Dice ancora il professor Sesti: “è ora di risvegliarsi da un sonno che è durato troppo a lungo e che non solo ha ridotto la potenzialità dei ricercatori dell’area del diabete che operano in Italia, ma ha contribuito a declassare la malattia a una sorta di fastidio molto diffuso, ma senza particolari conseguenze per la salute, tranne pochi casi sfortunati. Purtroppo non è così e nasconderlo impedisce non solo il sostegno alla ricerca ma anche l’accesso alle cure migliori, le uniche che possono garantire una riduzione di morti, infarti, ictus, amputazioni, insufficienza renale con necessità di dialisi, perdita della vista e tutto quello che il diabete curato male può causare”.
Le cifre del diabete in Italia
Oggi le cifre del diabete in Italia (elaborate dall’Osservatorio Arno Diabete, nato da una collaborazione tra Sid e Cineca, Consorzio interuniversitario per le applicazioni di supercalcolo per università e ricerca) rivelano che la prevalenza nel nostro Paese è pari al 6,2%, circa 4 milioni di persone. A questi va aggiunto un milione di persone che ignorano di averlo (diabete sconosciuto). Ogni anno in Italia tra le persone con diabete si registrano 75mila infarti, 50mila ictus e 10mila amputazioni, duemila persone con diabete che iniziano la terapia dialitica, circa 50mila che sviluppano un problema importante alla vista. Dal punto di vista della spesa sanitaria, il costo medio annuo per paziente è pari a 2.792 euro.