Uno dei problemi del diabete in tempi di Covid è stato quello delle visite mancate. Infatti, un po’ per tutti gli ambiti della sanità, l’arrivo virulento del Coronavirus e la necessità di fronteggiarlo con la maggiore efficacia possibile ha avuto un effetto stravolgente: da un lato ha imposto restrizioni connesse al lockdown e dall’altro ha assorbito, condizionato e spesso monopolizzato l’impiego delle risorse umane, strumentali e strutturali, interferendo così nel trattamento di tante altre patologie, anche importanti. Il diabete in tempi di Covid non ha potuto fare eccezione.
Amd: la emergenza Coronavirus “ha richiesto la sospensione di più di 580.000 visite diabetologiche, di cui 20.000 prime visite”, un effetto che rischia di aggravare il problema dell’inerzia clinica o inerzia terapeutica, cioè del ritardo con cui ogni paziente con diabete ha accesso alla cura migliore.
La Associazione medici diabetologi segnala che la emergenza Coronavirus “ha richiesto la sospensione di più di 580.000 visite diabetologiche, di cui 20.000 prime visite”.
Anche se si sta facendo tutto il possibile per recuperare il terreno perduto, è evidente che questa interruzione della regolare gestione della condizione diabetica -determinata dalle visite che si sarebbero dovute fare (per controlli, verifiche, diagnosi eccetera) e che sono invece state annullate o rinviate a causa della pressione generata da Covid-19- è un fenomeno negativo dal punto di vista della continuità dell’assistenza e dell’accesso dei pazienti alla migliore terapia possibile.
Amd ha quindi promosso una inchiesta proprio “per indagare l’effetto della pandemia sul ritardo con cui i pazienti accedono alle cure”. Secondo l’Associazione dei diabetologi, lo sconquasso creato da Covid-19 “rischia di aggravare ulteriormente l’annoso problema dell’inerzia clinica” (da tempo Amd segnala questa problematica e si adopera per contrastarla – potete leggere articoli sul tema qui e qui).
L’Associazione medici diabetologi ha più volte illustrato il fenomeno della “inerzia clinica” o “inerzia terapeutica”, definito come “il ritardo con cui ogni paziente con diabete mellito ha accesso alla cura migliore per il proprio specifico caso. Riguarda non solo il momento della diagnosi e della prima terapia, ma anche l’individuazione della cura più appropriata quando il trattamento in atto risulti non più efficace. Una “rincorsa”, insomma, che fa perdere tempo prezioso. E mentre la terapia “non funziona”, la malattia progredisce in silenzio, sviluppando le complicanze e i costi che ne conseguono”.
Di Bartolo, presidente di Amd: “L’inerzia clinica nel diabete di tipo 2 rappresenta un fenomeno complesso e multifattoriale: vi contribuiscono i medici, l’intero sistema sanitario e infine anche i pazienti”.
Che cosa causa questa inerzia clinica? Lo spiega così il presidente di Amd Paolo Di Bartolo, ponendo l’accento sulle sue caratteristiche e conseguenze nel diabete di tipo 2: “L’inerzia clinica nel diabete di tipo 2 rappresenta un fenomeno complesso e multifattoriale: vi contribuiscono i medici, l’intero sistema sanitario e infine anche i pazienti. Questi ultimi possono essere poco propensi a cambiare la cura o a intensificarla perché spaventati dai possibili effetti collaterali dei farmaci, come ipoglicemie e aumento di peso. I clinici riscontrano difficoltà nell’applicare nel real world le più recenti linee guida. I team diabetologici spesso risentono della carenza di personale, tempi e spazi adeguati alla gestione delle visite. E, ancora, vi sono barriere di sistema che comprendono modelli di governance, di assistenza e le restrizioni sul budget dedicato al diabete a livello nazionale e regionale. Questi sono solo alcuni esempi di cause dell’inerzia”.
In una situazione già piena di variabili su cui intervenire, è arrivata anche la pandemia a “remare contro”: A complicare il quadro -aggiunge infatti Di Bartolo- è giunta “la recente emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19, che ha accentuato i ritardi nell’intensificazione terapeutica, determinando un peggioramento del controllo del diabete e dei fattori di rischio cardiovascolare, soprattutto negli anziani che hanno più difficoltà nell’accedere ai sistemi di teleassistenza”.
Dagli Annali Amd alcuni esempi di inerzia clinica nel diabete tipo 2
Alcuni esempi di come agisce negativamente la tendenza all’inerzia clinica sulla gestione del diabete di tipo 2 li cita Antonio Nicolucci, direttore di Coresearch (Center for Outcomes Research and Clinical Epidemiology), centro di studi e ricerca nel campo dell’epidemiologia clinica delle malattie croniche e nell’applicazione di tecniche statistiche avanzate alla ricerca biomedica, particolarmente dedicato alle problematiche del diabete.
I dati riportati da Nicolucci sono ricavati dagli Annali Amd, una banca dati che coinvolge circa 300 centri di diabetologia di tutta Italia e riguarda una popolazione di circa mezzo milione di diabetici di tipo 2.
“Se guardiamo, per esempio -dice il direttore di Coresearch- ai pazienti che in aggiunta alla metformina ricevono un secondo farmaco, ci accorgiamo che ciò avviene, nel 30% dei casi, quando i valori di emoglobina glicata erano superiori all’8% da oltre un anno, quindi con ritardo. E a distanza di 1 o 2 anni dall’aggiunta del farmaco, il 25% dei pazienti continua ad avere una glicata superiore all’8%. Quindi, non solo ci sono ritardi nell’iniziare una nuova terapia, ma anche nell’intensificarla se necessario. L’inerzia è ancora maggiore quando si tratta di avviare la terapia con insulina e di titolarla correttamente: un terzo dei pazienti che la inizia aveva valori di emoglobina glicata superiori all’8% già da 3 anni e il 40% continua ad averli 1 o 2 anni dopo l’inizio della terapia”.
La pandemia non poteva certo essere un aiuto in questo scenario e ci sono da temere ulteriori elementi negativi come risultato di questa lunga fase di “diabete in tempi di Covid”: “Ci aspettiamo, purtroppo, un peggioramento di questi dati con l’emergenza da Coronavirus -prosegue infatti Nicolucci- Se consideriamo che nel 2019 mediamente in un mese venivano effettuate più di 216.000 visite diabetologiche e che, proprio a causa della pandemia, sono state ridotte del 90%, negli ultimi tre mesi si stima ne siano saltate più di 580.000, di cui 20.000 prime visite, che sono cruciali, perché da come viene avviata la terapia nella prima fase della malattia dipenderà moltissimo il suo andamento futuro e il rischio di sviluppare complicanze. Il timore è che questi 20.000 nuovi casi restino in uno stato di cattivo controllo metabolico ancora a lungo”.
Indagine conoscitiva di Amd: inerzia terapeutica e diabete in tempi di Covid
L’indagine conoscitiva avviata da Amd (con il contributo non condizionato di Novo Nordisk) ha dunque per scopo sia di studiare le diverse cause dell’inerzia clinica sia di “disegnare specifici interventi risolutivi”. Particolare attenzione sarà dedicata proprio al diabete in tempi di Covid con l’obiettivo di capire l’impatto che il Coronavirus, con la riduzione delle attività ambulatoriali e il diradarsi dei contatti fra pazienti e medici, ha avuto sul problema, aggravandolo.
Le tre fasi della indagine sono così spiegate da Domenico Mannino, presidente di Fondazione Amd. “La prima prevede una fotografia dell’inerzia clinica nel 2019, prima dell’insorgenza della pandemia Covid-19, a partire dai dati degli Annali Amd. Nella seconda fase verrà attivata una survey che indagherà le principali ragioni dell’inerzia dal punto di vista dell’operatore sanitario e del paziente e che conterrà anche domande volte a rilevare l’impatto dell’emergenza Coronavirus sulla gestione del diabete. Parallelamente verrà attivato un osservatorio sulle politiche regionali riguardo all’assistenza diabetologica durante e dopo la pandemia. Infine, nel mese di dicembre 2020, si procederà a una nuova analisi dei dati degli Annali Amd, per verificare quanto l’emergenza sanitaria abbia influenzato i volumi di attività delle diabetologie italiane e misurare nuovamente l’inerzia terapeutica. Il nostro auspicio è che i risultati delle tre fasi del progetto ci consentano di produrre documenti utili ad animare il dibattito con le istituzioni nazionali e regionali, con i diabetologi e con le associazioni dei pazienti, e di implementare soluzioni operative atte a garantire alle persone con diabete cure appropriate e in grado di ridurre il peso clinico, umano, sociale ed economico della malattia”.
Dialogo con le istituzioni
Una prima risposta positiva dalle istituzioni arriva dall’onorevole Roberto Pella, presidente dell’Intergruppo Parlamentare Obesità & Diabete, secondo il quale “l’inerzia è un concetto che, in senso lato, possiamo estendere anche al punto di vista politico-istituzionale, assimilandolo al costo dell’inazione”. Pertanto, “i dati e le considerazioni emerse dallo studio condotto da Amd consentiranno di porre all’attenzione dei decisori pubblici, a tutti i livelli, le conseguenze dell’inerzia sulla qualità di vita delle persone con diabete e dei loro famigliari. Come presidente dell’intergruppo parlamentare Obesità e Diabete continuerò a impegnarmi, insieme ai colleghi, per promuovere un’azione quanto più efficace di informazione e interlocuzione con il Ministero e gli organismi istituzionali che si occupano di salute nel nostro Paese”.