Non solo diabete di tipo 1 o di tipo 2: ne esiste una terza forma che, per le sue caratteristiche, nel linguaggio comune è soprannominato ‘diabete 1.5’. Il suo nome scientifico è LADA (Latent Autoimmune Diabetes in Adults) e l’acronimo riassume le sue principali peculiarità: si tratta di una forma latente e a lenta progressione dell’adulto che in Italia interessa il 5% delle persone con diabete di tipo 2. È un diabete autoimmune che esordisce in età adulta, in genere dopo i 30 anni. La funzione delle beta cellule del pancreas non richiede trattamento insulinico entro sei mesi dalla diagnosi. Rispetto alle persone con diabete di tipo 2, le persone con LADA hanno una ridotta prevalenza di obesità e di sindrome metabolica. I fenotipi clinici del LADA sono diversi per livelli di auto-anticorpi, insulino-resistenza e livello di secrezione insulinica endogena.
LE DIFFICOLTA’ DIAGNOSTICHE E TERAPEUTICHE
Questa eterogeneità pone al diabetologo difficoltà sia diagnostiche che terapeutiche: “Il LADA condivide caratteristiche genetiche con entrambi i tipi di diabete, una suscettibilità legata ai geni HLA e non solo. Come nel diabete di tipo 1 anche il LADA ha come caratteristica l’insulite, ossia il processo infiammatorio che distrugge le beta cellule. Per la diagnosi si ricorre al dosaggio di uno specifico auto-anticorpo chiamato GADA (anti-decarbossilasi dell’acido glutammico), i cui livelli identificano due sottopopolazioni: a basso o ad alto titolo anticorpale”, spiega la Prof.ssa Raffaella Buzzetti, Presidente Eletto della SID, la Società Italiana di Diabetologia, che ha firmato numerosi studi sull’argomento.
LA FISIOPATOLOGIA DEL LADA, LO STUDIO
Tra questi, uno in particolare si è focalizzato sulla fisiopatologia del LADA , spesso, erroneamente diagnosticato come diabete di tipo 2. “Poiché la sua presentazione clinica varia notevolmente e i marcatori immunitari spesso mancano di specificità – si legge nell’abstract della ricerca – è difficile classificare ciascun caso ad hoc, soprattutto quando il trattamento con insulina non è richiesto alla diagnosi. Una cura adeguata del LADA mira a prevenire complicanze e a migliorare la qualità della vita e l’aspettativa di vita. Per raggiungere questi obiettivi è opportuno prestare attenzione ai fattori legati allo stile di vita, con l’ausilio di terapie farmacologiche opportunamente adattate al singolo contesto clinico. Data l’eterogeneità della malattia, scegliere la giusta terapia per questa forma di diabete è impegnativo”.
LE CARATTERISTICHE DEI PAZIENTI CON LADA
“La maggior parte dei soggetti con LADA è inizialmente inquadrata come affetta da tipo 2 — sottolinea Buzzetti – ciò espone queste persone ad una terapia spesso non adeguata alle loro caratteristiche. Oltre alla positività degli autoanticorpi che andrebbe ricercata, se non in tutti, almeno nei soggetti con diabete di tipo 2 con familiarità e/o presenza di altre malattie autoimmuni, scompenso metabolico importante, BMI (indice di massa corporea) normale o lievemente aumentato, nei soggetti con LADA andrebbe dosato il C-peptide marcatore di funzionalità beta-cellulare. Sulla base dei livelli di C-peptide (da < 0,3 nmoL/L a > 0,7 nmoL/L) si potrebbe definire la terapia, insulinica o con altri farmaci, più consona ad ogni persona affetta da LADA. I pazienti con elevati livelli di auto-anticorpi GADA sono in genere normopeso, hanno un peggiore compenso glicemico, minore sindrome metabolica e progrediscono più rapidamente verso la necessità di trattamento insulinico rispetto ai soggetti con bassi livelli di GADA. Alti anticorpi come gli IA-2 (antitirosina fosfatasi) sempre diagnostici di diabete autoimmune possono essere presenti nei soggetti LADA e, a seconda del tipo, caratterizzano diversi fenotipi di LADA”.
Il CONSENSUS
In un ulteriore studio, al quale ha preso parte la Prof.ssa Raffaella Buzzetti, è stata espressa una dichiarazione di consenso sull’approccio terapeutico. “Una percentuale sostanziale di pazienti con diabete ad esordio in età adulta condivide caratteristiche sia del diabete di tipo 1 che del diabete di tipo 2 – spiegano gli autori della ricerca nell’introduzione della pubblicazione -. Questi individui, al momento della diagnosi, assomigliano clinicamente ai pazienti con diabete di tipo 2 non necessitando di trattamento con insulina, ma presentano marcatori immunogenetici associati al diabet di tipo1. Questa forma di diabete autoimmune a lenta evoluzione, descritta come diabete autoimmune latente degli adulti (LADA), rappresenta il 2-12% di tutti i pazienti con diabete ad esordio in età adulta, sebbene mostrino una notevole variabilità a seconda dei dati demografici e della modalità di accertamento. Mentre le strategie terapeutiche mirano al controllo metabolico e alla preservazione della capacità secretiva residua dell’insulina, l’eterogeneità dell’endotipo all’interno della LADA implica un approccio personalizzato al trattamento”. Di fronte alla scarsità di studi clinici su larga scala, il gruppo di esperti che ha firmato lo studio ha esaminato i dati e delineato un approccio terapeutico, basandosi sul consenso del 2020 dell’American Diabetes Association (ADA) e del’European Association for the Study of Diabetes (EASD) per il diabete di tipo 2.
L’IMPORTANZA DI TERAPIE ‘CUCITE SU MISURA’
La necessità di un trattamento personalizzato per i pazienti affetti da Leda è stato ribadito in un ulteriore studio che, ancora una volta, vede tra le firme quella del Presidente Eletto della SID. “L’esistenza di fenotipi eterogenei nella LADA – scrivono gli autori dello studio – rende difficile stabilire un algoritmo di trattamento a priori e, pertanto, è necessario un approccio di medicina personalizzata. In questa revisione, discutiamo l’attuale comprensione e le lacune nelle conoscenze riguardanti la fisiopatologia e le caratteristiche cliniche del diabete autoimmune ad esordio nell’adulto ed evidenziamo le somiglianze e le differenze con il diabete mellito classico del diabete di tipo 1 e di tipo 2”. Il LADA si caratterizza per una grande eterogeneità genetica, fisiopatologia e clinica, per questo, conclude la professoressa Buzzetti, “l’obiettivo terapeutico del diabetologo è quello di ottenere un buon controllo metabolico e preservare la funzione delle beta cellule al fine di prevenire le complicanze micro e macrovascolari”.
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