Si chiama Lada, diabete autoimmune latente dell’adulto, e non è propriamente né diabete di tipo 1 né diabete di tipo 2. È una sorta di sottotipo di diabete ancora poco conosciuto, ma non raro, che richiede di essere individuato con una diagnosi precisa e gestito con un trattamento specifico e personalizzato.

Il tema è sotto i riflettori della comunità scientifica in questo periodo, data la recente pubblicazione, sulla rivista Diabetes della American diabetes association, di un importante documento elaborato da un gruppo internazionale di esperti dedicato proprio alla gestione del Lada, a cui hanno partecipato anche autori italiani e il Progetto di ricerca Nirad (Non insulin requiring autoimmune diabetes), finanziato dalla Fondazione Diabete Ricerca e dalla Società italiana di diabetologia e coordinato dalla professoressa Raffaella Buzzetti.

Il documento si intitola “Management of Latent autoimmune diabetes in adults: A consensus statement from an international expert panel” – Autori: Raffaella Buzzetti, Tiinamaija Tuomi, Didac Mauricio, Massimo Pietropaolo, Zhiguang Zhou, Paolo Pozzilli, Richard David Leslie

Uno studio internazionale affronta il tema del diabete Lada, diabete autoimmune latente dell’adulto, una forma della patologia poco nota, che sta quasi a metà tra il diabete di tipo 1 e il diabete di tipo 2: spesso è diagnosticato all’inizio come tipo 2 e trattato con dieta e farmaci ipoglicemizzanti, ma poi si evolve lentamente verso l’insulinodipendenza, con meccanismi simili a quelli del diabete di tipo 1.

Secondo gli “Standard italiani per la cura del diabete mellito” di Sid e Amd, un certo numero di “pazienti inizialmente definiti come diabete tipo 2 è in realtà affetto da una forma di diabete autoimmune a lenta evoluzione verso l’insulinodipendenza, definito Lada (Latent autoimmune diabetes in adults)”.

“Utilizzando il criterio clinico -spiegano gli Standard- tali pazienti sono classificati come diabete tipo 2 e iniziano il trattamento con dieta e ipoglicemizzanti orali, ma nell’arco di 2-6 anni manifestano un deterioramento della funzione beta-cellulare tale da richiedere terapia insulinica. Gli aspetti epidemiologici, genetici e fisiopatologici di questa condizione non sono completamente chiariti e alcuni autori ritengono che il Lada rappresenti in realtà il diabete tipo 1 dell’adulto”.

Vista la particolare natura di questo diabete, il primo problema da porsi è quello di come riconoscere il Lada. Secondo gli Standard, “dal punto di vista clinico il Lada va sospettato se sono presenti una o più tra le seguenti caratteristiche: età maggiore di 50 anni; indice di massa corporea inferiore a 25 kg/m2; anamnesi positiva per malattie autoimmuni, familiarità positiva per diabete tipo 1 o malattie autoimmuni; necessità di terapia insulinica entro 6-12 mesi dalla diagnosi”.

Data però la “mancanza di criteri diagnostici standardizzati” -avvertono le società scientifiche- “l’età di esordio prima dei 50 anni e la presenza di sovrappeso non devono portare a escludere a priori la diagnosi di Lada quando gli altri criteri siano soddisfatti”.

Il documento pubblicato questa estate su Diabetes approfondisce la conoscenza sui modi di individuare e trattare il Lada.

Il documento pubblicato questa estate su Diabetes approfondisce la conoscenza sul modo di individuare e trattare il Lada. Il panel di esperti ha rivisitato i dati disponibili e ha delineato un approccio terapeutico per il diabete autoimmune dell’adulto.

Lo studio premette che una porzione significativa di pazienti con diabete insorto in età adulta mostra segni di entrambi i tipi di diabete, 1 e 2. Questi soggetti, alla diagnosi sembrano pazienti di tipo 2, per il fatto di non richiedere trattamento insulinico, tuttavia hanno marcatori immunogenetici associati al diabete di tipo 1. Questa forma di diabete autoimmune a lenta evoluzione descritta come latente diabete autoimmune dell’adulto, Lada, riguarda tra il 2 e il 12% di tutti i pazienti con diabete emerso in età adulta.

Il diabete Lada ha comunque una significativa variabilità di manifestazioni e caratteristiche cliniche. Pertanto, secondo gli esperti, necessita di un approccio terapeutico personalizzato.

Raffaella Buzzetti, prima firmataria dello studio: il diabete Lada è “una forma particolare di diabete che insorge in età adulta, ma riconosce una patogenesi autoimmune, simile al diabete tipo 1 a insorgenza giovanile, in quanto determinato dalla distruzione delle cellule pancreatiche che producono insulina da parte del proprio sistema immunitario”.

Come spiega la professoressa Raffaella Buzzetti (docente di endocrinologia presso l’Università La Sapienza di Roma e prima firmataria del documento pubblicato su Diabetes), “si tratta di una forma particolare di diabete che insorge in età adulta, ma riconosce una patogenesi autoimmune, simile al diabete tipo 1 a insorgenza giovanile, in quanto determinato dalla distruzione delle cellule pancreatiche che producono insulina da parte del proprio sistema immunitario”.

A differenza del diabete di tipo 1, però, il Lada ha una evoluzione più lenta, tanto che chi ne è affetto può arrivare alla terapia con insulina anche dopo diversi anni dalla diagnosi (come detto sopra, da due a sei, secondo gli Standard di cura Sid-Amd). E rispetto al diabete di tipo 2 richiede un trattamento differente.

Raffaella Buzzetti sottolinea quindi la preminente importanza di diagnosticarlo presto e con certezza. “Per porre diagnosi di Lada, cosa certamente rilevante in quanto il trattamento di questa forma di diabete è diverso da quello del diabete tipo 2, è necessario evidenziare la presenza degli autoanticorpi diretti verso le cellule pancreatiche che producono insulina (si fa attraverso un esame del sangue)”.

Buzzetti: “Riconoscere il Lada in un soggetto precedentemente considerato affetto da diabete tipo 2, può comportare un cambiamento anche sostanziale della sua terapia, che consentirà di ottenere un significativo miglioramento del controllo metabolico e di fare una corretta prevenzione delle complicanze croniche”.

Chiarisce infatti Buzzetti: “È molto importante porre una corretta diagnosi del tipo di diabete: in particolare, riconoscere il Lada in un soggetto precedentemente considerato affetto da diabete tipo 2, può comportare un cambiamento anche sostanziale della sua terapia, che consentirà di ottenere un significativo miglioramento del controllo metabolico e di fare una corretta prevenzione delle complicanze croniche”.

Gli autori del documento (tecnicamente chiamato “consensus statement”, dichiarazione di consenso) hanno definito dunque un algoritmo del Lada, basato “sulla valutazione della riserva insulinica del soggetto con diabete autoimmune, ottenibile con un semplice dosaggio su prelievo di sangue”, che permette poi di formulare la terapia più appropriata per il singolo paziente. Il metodo si fonda sull’analisi del peptide C, una molecola rilasciata dalle cellule betapancreatiche i cui valori indicano la capacità dell’organismo di produrre insulina (per approfondire, si può consultare il sito di Diabetes).

Buzzetti: “Nel caso del Lada, il trattamento prevede in una prima fase l’utilizzo di farmaci ipoglicemizzanti in grado di preservare la funzione delle cellule pancreatiche che producono insulina; sarà quindi necessario ricorrere alla terapia insulinica, il più precocemente possibile, qualora la funzione delle cellule beta-pancreatiche risulti già compromessa”.

Ottenuta la diagnosi, si tratta di passare alla terapia più adatta alla singola persona. Commenta in proposito la professoressa Buzzetti: “Attualmente sono molte le classi di farmaci a disposizione del diabetologo per la cura del diabete, ma soltanto una diagnosi precisa permette di prescrivere al paziente una terapia personalizzata. Nel caso del Lada, il trattamento prevede in una prima fase l’utilizzo di farmaci ipoglicemizzanti in grado di preservare la funzione delle cellule pancreatiche che producono insulina; sarà quindi necessario ricorrere alla terapia insulinica, il più precocemente possibile, qualora la funzione delle cellule beta-pancreatiche risulti già compromessa. In questo modo sarà possibile prevenire le complicanze del diabete quali infarto, ictus, insufficienza renale”.