Buone notizie per i pazienti con diabete di tipo 1 che si sono sottoposti al trapianto di isole pancreatiche o intendono farlo: il trattamento migliora la sopravvivenza ed offre una maggiore indipendenza dall’insulina. Lo dimostra uno studio pubblicato su The Lancet Diabetes & Endocrinology e coordinato da Lorenzo Piemonti, primario dell’Unità di Medicina Rigenerativa e dei Trapianti, e direttore del Diabetes Research Institute dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano. “Il trapianto di isole pancreatiche, ripristinando la produzione endogena di insulina, ha il potenziale per curare il diabete di tipo 1 – scrivono gli autori nell’introduzione della ricerca -. Tuttavia, il suo successo si basa sul bilanciamento del miglioramento del controllo glicemico con i rischi della terapia immunosoppressiva”, aggiungono gli scienziati, specificando come questo studio mirasse proprio a valutare gli esiti a lungo termine “soppesando i benefici del controllo glicemico rispetto ai rischi della terapia immunosoppressiva”.
CHE COS’E’ IL TRAPIANTO DI ISOLE PANCREATICHE
Il trapianto di isole pancreatiche per il trattamento del diabete di tipo 1 consiste in un programma multi-specialistico che richiede la collaborazione di diverse équipe, tra cui quella di diabetologia, nefrologia, lo staff dei trapianti e gli anestesisti. Il trattamento prevede il prelievo delle cellule deputate alla produzione di insulina dal pancreas di un donatore ed il trapianto delle stesse nel paziente con diabete di tipo 1, dopo una procedura di separazione e di purificazione che avviene in laboratorio. Una volta pronte, vengono impiantate mediante un’iniezione, nella vena porta, nel fegato. Qui attecchiscono e incominciano a produrre insulina. Inoltre per evitare il rigetto, il paziente inizia ad essere trattato con una terapia immunosoppressiva.
STUDIO E RISULTATI
Lo studio, che riguarda pazienti con diabete di tipo 1 trattati presso l’Ospedale San Raffaele dal 2001 al 2023, rappresenta una delle analisi retrospettive per un singolo centro più ampie al mondo, con un follow-up di vent’anni, e fornisce importanti indicazioni per le future terapie di sostituzione delle cellule beta nei pazienti con diabete di tipo 1. L’analisi ha coinvolto 79 pazienti di età compresa tra i 18 e i 67 anni, rivelando che nei soggetti con diabete di tipo 1 trattati con una dose di isole pancreatiche di almeno 10mila IEQ/kg e il protocollo immunosoppressivo, si è ottenuto un significativo miglioramento nella sopravvivenza del trapianto e una maggiore indipendenza dall’insulina. In questo gruppo, la sopravvivenza mediana delle isole è stata di 9,7 anni, con il 72,7% dei pazienti che ha mantenuto l’indipendenza dall’insulina per un periodo tra i sei e i sette anni. I dati complessivi mostrano una sopravvivenza del trapianto dell’86% a un anno, del 65% a cinque anni e del 40% a vent’anni, a conferma dell’efficacia a lungo termine del trattamento.
GLI EFFETTI COLLATERALI DELLA TERAPIA IMMUNODEPRESSIVA
La ricerca ha evidenziato, di contro, anche alcuni effetti collaterali associati alla terapia immunosoppressiva, come infezioni e riduzione della funzionalità renale, che richiedono un attento monitoraggio e interventi mirati per garantire la sicurezza a lungo termine dei pazienti. “Questo studio evidenzia il potenziale del trapianto di isole nel migliorare la qualità della vita dei pazienti con diabete a lungo termine, fornendo al contempo preziose indicazioni per ottimizzare le future terapie cellulari, in particolare quelle basate sul differenziamento delle isole pancreatiche a partire da cellule staminali – afferma Piemonti -. I risultati ottenuti non solo aiutano a comprendere meglio gli effetti dell’immunosoppressione, ma anche a determinare le dosi ottimali di isole per garantire trapianti sicuri ed efficaci. Questi dati sottolineano l’importanza di proseguire la ricerca per migliorare e perfezionare le terapie cellulari destinate ai pazienti con diabete di tipo 1, per garantire trattamenti sempre più efficaci e sostenibili nel lungo periodo”, conclude l’autore dello studio.
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