Secondo studi internazionali, tè e caffè hanno effetti positivi nella prevenzione del diabete di tipo 2: tre o quattro tazze al giorno di tè o caffè sembrano in grado di ridurre il rischio di sviluppare la patologia.

Per valutare la relazione esistente fra il consumo di caffè, caffè decaffeinato e tè e la comparsa di diabete di tipo 2, la dottoressa Rachel Huxley del George institute for international health della Università di Sydney, in collaborazione con alcuni colleghi europei e americani, ha compiuto una meta-analisi di 18 studi comprendenti circa 450.000 soggetti, seguiti per periodi medi di follow up da 2 a 20 anni. I casi di diabete complessivamente registrati durante gli studi sono stati circa 2.000.

Il consumo di 3-4 tazze al giorno di tè o caffè si associa a im più basso rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 rispetto a chi non consuma queste bevande o ne consuma di meno.

Lo studio ha dimostrato che tè e caffè hanno effetti protettivi nei confronti del diabete. Bere 3-4 tazze di caffè al giorno è, infatti, associato a una riduzione di circa il 25% del rischio di sviluppare diabete rispetto a un consumo inferiore (2 tazze) o nullo.

Sei studi hanno analizzato l’associazione fra consumo di caffè decaffeinato e rischio di diabete, riconoscendo che i soggetti che bevevano più di 3-4 tazze di caffè decaffeinato al giorno presentavano un rischio ridotto di un terzo rispetto a chi non ne consumava.

Infine, sette studi sono stati dedicati al consumo di e, anche in questo caso, chi assumeva 3 o 4 tazze di tè ogni giorno aveva un rischio di sviluppare il diabete ridotto del 18%. Questo vantaggio si manteneva anche dopo aggiustamento per altre variabili.

Si ritiene che questo effetto protettivo non sia da attribuire soltanto alla caffeina, bensì a un’ampia serie di costituenti chimici presenti in queste bevande, come lignani, acido clorogenico, polifenoli, di cui conosciamo la capacità di interferire con il metabolismo del glucosio e la sensibilità all’insulina. È stato anche ipotizzato un effetto di protezione delle catechine presenti nel tè sulle cellule beta-pancreatiche.

Per approfondire: Huxley R et al.- Coffee, decaffeinated coffee, and tea consumption in relation to incident type 2 diabetes mellitus. A systematic review with meta-analysis. Arch Intern Med. 2009;169(22):2053-2063. (PB)

Uno studio Inran: una tazzina di salute

Anche l’italiano Inran, Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, ha condotto una ricerca mirata sul caffè. Si tratta di uno studio intitolato “Un possibile meccanismo d’azione del caffé nella prevenzione del diabete”, curato da Fausta Natella, Guido Leoni, Angela Viglianti e Cristina Scaccini.

I  ricercatori Inran hanno lavorato sull’ipotesi che i fenoli presenti nel caffè abbiano un meccanismo d’azione simile ad alcuni farmaci antidiabetogeni, siano in grado cioè di inibire gli enzimi coinvolti nella digestione dei carboidrati.

Spiega Fausta Natella: “Seppur numerosi studi epidemiologici evidenzino quanto un moderato e prolungato consumo di caffè (normale o decaffeinato) sia associato alla riduzione del rischio di diabete di tipo 2, il meccanismo attraverso cui il caffè agisca nel prevenire il diabete non è chiaro. Ma un recente studio epidemiologico (Differential effects of coffee on the risk of type 2 diabetes according to meal consumption in a french color of women: the E3N/Epic study – Sartorelli et al Am J Clin Nutr 2010), che sottolinea quanto l’associazione inversa tra consumo di caffè e diabete sia più forte per quegli individui che bevono regolarmente caffè all’ora di pranzo, suggerisce un possibile meccanismo d’azione: il consumo di caffè potrebbe proteggere dal diabete interferendo con la digestione e il metabolismo dei carboidrati assunti con il pasto”.

“Noi abbiamo dimostrato -conclude Natella- che i composti fenolici presenti nel caffè (acido clorogenico, acido ferulico e acido caffeico) sono in grado di inibire alcuni enzimi coinvolti nella digestione dei carboidrati (alfa-glucosidasi), mentre la caffeina non mostra alcuna attività inibitoria nei confronti di questi enzimi. I composti fenolici del caffè sembrerebbero, in grado di bloccare i residui del sito attivo dell’enzima, responsabili dell’idrolisi degli oligosaccaridi”.