L’alimentazione sana, unita a una regolare attività fisica, è imprescindibile per prevenire il diabete, per gestirlo bene quando ne si è affetti e per tenere lontane le complicanze.

È un principio cardine del rapporto tra diabete e stili di vita e della cura del diabete, sia di tipo 1 sia di tipo 2, che nessuno contesta o mette in dubbio. Altrettanto accettata da tutti è la considerazione dell’importanza dell’educazione del paziente sui principi del mangiar sano e di una dieta equilibrata e sui criteri per praticare un salutare esercizio fisico quotidiano al fine di tenere sotto controllo glicemia, peso e compenso metabolico.

Siamo tutti d’accordo su questo, ma mettere in pratica i buoni principi e tenere in armonica relazione diabete e stili di vita non è sempre facile. Infatti, tra le ragioni per cui il diabete di tipo 2 si sta diffondendo con intensità crescente (oggi le stime più aggiornate dicono che in Italia si è arrivati a quota 4 milioni di persone, il 90% con diabete di tipo 2), vi è il persistere di stili di vita sbagliati e poco salutari: mangiamo troppo e male, siamo troppo sedentari e, anche quando siamo bene informati sui rischi che corriamo, facciamo fatica a cambiare le nostre cattive abitudini.

Enzo Bonora, presidente della Sid: “Le cattive abitudini sono un problema psicosociale”.

Accade troppo spesso che cura e prevenzione del diabete e stili di vita squilibrati di cui stentiamo a liberarci entrino in rotta di collisione. Lo ha ricordato recentemente il professor Enzo Bonora, presidente della Sid-Società italiana di diabetologia, intervenuto a Milano alla presentazione del Progetto “La Salute vien mangiando! Piatti sani per il diabete e non solo…- Expo 2015”, campagna di sensibilizzazione voluta dal Ministero della Salute con la Fondazione “Salute e Benessere”, da “Le Università per Expo 2015 – Comitato Scientifico del Comune di Milano”, dalle istituzioni sanitarie, dalle società scientifiche, dalle università e dalle associazioni dei pazienti, in corso nei prossimi mesi. Si tratta di una campagna che ha proprio per scopo di costruire un rapporto virtuoso tra diabete e stili di vita, insegnando alla popolazione a mangiare sano e a fare attività fisica.

“L’empowerment del paziente in materia di sana alimentazione è fondamentale -argomenta Bonora- ma si scontra con le difficoltà poste dalla nostra psiche da una parte e dal contesto sociale dall’altra, che influenzano il nostro rapporto con il cibo”.

Il diabetologo spiega le ragioni psicosociali che ostacolano il diffondersi di una alimentazione sana: “Il nostro cervello cerca sempre una ricompensa, una gratificazione, e lo fa in vari modi, anche attraverso il cibo, che è una delle vie più semplici, almeno al giorno d’oggi. Infatti, i nostri frigoriferi sono assai più pieni di quanto fossero negli anni Cinquanta e Sessanta. Il cibo è disponibile, è lì, ci basta allungare una mano per prenderlo e costa relativamente poco: è una ricompensa facile e non è difficile abusarne. Se in passato si mangiava due-tre volte al giorno, ormai si è imposta l’abitudine di farlo cinque o sei, e c’è chi tendenzialmente mangerebbe addirittura 24 ore su 24, se potesse. Siamo molto mutati negli ultimi decenni. Proprio per questo dobbiamo cambiare ancora e correggere il nostro modo di porci nei riguardi del cibo”.

Ma le cattive abitudini non nascono soltanto nella nostra testa. C’è anche, come sottolinea il professor Bonora, il contesto sociale, che ci spinge a fare cose sbagliate e anche dannose, come il mangiare troppo e muoversi troppo poco: “Lo sappiamo: l’uomo non è un’isola, non vive da solo, ma in un ambiente, al quale si adatta sulla base di quello che fanno gli altri. E comincia sin da piccolo: se, per esempio, il bambino non vede in famiglia nessuno che fa attività fisica, come spesso accade, non gli verrà in mente di farla. Spesso poi il contesto ci propone tentazioni che, se assecondate, danno origine a comportamenti sbagliati”.

Piccoli cambiamenti quotidiani costanti alla lunga producono un grande cambiamento generale delle nostre abitudini.

Bonora invita dunque i medici e le istituzioni scientifiche a tenere sempre ben presenti questi elementi, se si vuole far passare il basilare messaggio che è necessario cambiare le proprie abitudini per adottare uno stile di vita più sano, sia in caso di diabete sia per prevenirne l’insorgenza. “Il cambiamento che vogliamo attuare deve essere compatibile con il contesto in cui l’individuo vive -raccomanda il diabetologo- Non serve pretendere una rivoluzione da un giorno all’altro, perché in questo caso la gente non ci riesce. Cominciamo con piccoli cambiamenti quotidiani, che, se rispettati giorno dopo giorno, alla lunga produrranno un grande cambiamento. Bisogna spiegare bene che cosa non va fatto e perché, e insieme, dare suggerimenti e consigli che siano praticabili”.