Tenere l’emoglobina glicata sotto controllo nel lungo periodo è molto importante per contrastare lo sviluppo delle complicanze nel diabete di tipo 1, in particolare quelle a danno di occhi e reni. Si tratta di un principio già noto, a cui però ha dato recentemente conferma uno studio mirato dell’Università di Linköping, in Svezia, pubblicato dalla rivista “Diabetes Care”, dell’autorevole American diabetes association.

Uno studio svedese ha seguito nel lungo periodo circa 450 persone con diabete di tipo 1 per valutare quanto riuscire a tenere la emoglobina glicata sotto controllo costante, con valori medi vicini alla norma, sia importante per prevenire le complicanze agli occhi e ai reni.

Lo studio -edito a metà settembre 2022- si intitola “Impact of HbA1c Followed 32 Years From Diagnosis of Type 1 Diabetes on Development of Severe Retinopathy and Nephropathy” (“L’impatto della emoglobina glicata, seguita per 32 anni dalla diagnosi di diabete di tipo 1, sullo sviluppo di retinopatia severa e nefropatia”).

Gli autori (primo firmatario Hans J. Arnqvist) si sono posti l’obiettivo di valutare quanto l’andamento dell’emoglobina glicata consenta di prevedere le possibilità di sviluppo di retinopatia diabetica proliferante (la forma più grave) e di nefropatia.

La ricerca ha quindi messo sotto osservazione 447 diabetici di tipo 1, diagnosticati tra il 1983 e il 1987, e li ha seguiti dalla diagnosi sino al 2019.

A distanza di 32 anni, il 9% dei soggetti non aveva retinopatia, il 64% non aveva retinopatia proliferante, il 27% aveva retinopatia grave. Per quanto riguarda le complicazioni renali, l’83% non aveva microalbuminuria (segnale di possibile nefropatia), il 9% invece sì e l’8% aveva macroalbuminuria (indice di danno renale)

Confrontando queste percentuali con i valori medi ponderati della emoglobina glicata, si è visto che i pazienti con valori vicini alla norma non hanno sviluppato né retinopatia diabetica proliferante, né nefropatia.

Invece, la presenza di retinopatia severa e macroalbuminuria cresceva con l’innalzarsi dei valori medi ponderati di emoglobina glicata. Nel gruppo con livelli di glicata alti, superiori al 9,5%, il 74% mostrava retinopatia proliferante e il 44% nefropatia.

Secondo i ricercatori, una emoglobina glicata inferiore al 7% e il più posssibile vicina alla norma è da raccomandare per i diabetici di tipo 1 per evitare lo sviluppo di retinopatia severa e nefropatia.

I ricercatori concludono che l’emoglobina glicata seguita sin dalla diagnosi è un forte marcatore ed evidenziatore dello sviluppo delle due complicanze studiate. E suggeriscono che, per evitare la retinopatia grave e la macroalbuminuria in pazienti diabetici di tipo 1, una emoglobina glicata inferiore al 7% e la più vicina possibile alla norma dovrebbe essere raccomandata sempre, quando è raggiungibile senza problemi seri di ipoglicemia e mantenendo una buona qualità di vita.

I valori di riferimento della emoglobina glicata sono questi: normali se inferiori al 5,7%; si parla di prediabete tra 5,7 e 6,4% (con alto rischio di diabete per chi supera il 6%); indicativi di diabete i valori superiori a 6,4%.

Secondo le società scientifiche diabetologiche, in caso di diabete di tipo 1 il valore di emoglobina glicata a cui tendere è il 6,5% se non vi sono complicanze, elevabile al 7% se ve ne sono.

Nel caso di diabete di tipo 2, l’obiettivo del 6,5% resta valido, ma si consiglia di adottare all’occorrenza una certa flessibilità, necessaria in alcuni casi per evitare i rischi di ipoglicemia. Gli obiettivi da raggiungere vanno sempre valutati dal medico a misura della condizione di ogni singolo paziente. (SV)

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