L’ipertensione notturna rappresenta un rischio da non sottovalutare per chi ha il diabete. Si tratta di un fenomeno che riguarda una persona diabetica su dieci e che raddoppia il rischio di morte per qualsiasi causa dopo 21 anni. È quanto affermano i ricercatori dell’Università di Pisa, che hanno elaborato uno studio selezionato come finalista per il premio “Hypertension Early Career Award” dedicato agli abstract presentati al congresso internazionale dell’American Heart Association “Hypertension Scientific Sessions 2021”.

Un diabetico su dieci soffre di ipertensione notturna, un insidioso fattore di rischio da tenere sotto controllo. Uno studio dell’Università di Pisa ha approfondito l’argomento.

Lo studio pisano si intitola “Prognostic value of 24-hour ambulatory blood pressure patterns and heart rate variability in diabetes: a 21-year longitudinal study – Champ1on Study” (“Valore prognostico della variabilità pressoria e della frequenza cardiaca nelle 24 ore nel diabete: studio longitudinale lungo 21 anni – Studio Champ1on”).

Lo ha realizzato un gruppo di ricercatori, coordinato dal dottor Domenico Tricò, e composto da medici e biologi delle strutture di Dietologia universitaria, Medicina interna 1 e Medicina interna 5 dell’Aoup (Azienda ospedaliero universitaria pisana): Martina Chiriacò, Luca Sacchetta, Giovanna Forotti, Simone Leonetti, Lorenzo Nesti, Stefano Taddei, Andrea Natali, Anna Solini.

Dipping, non dipping, reverse dipping: come possono variare i valori della pressione notturna

La ricerca sottolinea che solitamente la pressione arteriosa si abbassa durante il sonno, ma in alcune patologie -come il diabete e la ipertensione resistente- non soltanto non cala o scende poco, ma in alcuni casi può addirittura salire, aumentando così i rischi per la salute cardiovascolare e renale e il rischio di morte prematura.

Esiste anche una classificazione precisa per definire le diverse reazioni dell’organismo, dal verbo inglese “to dip”, che significa immergersi, tuffarsi, ma anche scendere o abbassarsi.

Si chiama dipping la situazione in cui durante il sonno la pressione scende di più del 10% rispetto alle ore diurne

Non dipping è la condizione in cui la pressione notturna scende, ma non in misura adeguata (quindi meno del 10%)

Reverse dipping è invece il caso in cui la pressione arteriosa media notturna è superiore ai valori diurni

Lo studio Champ1on ha inteso valutare che cosa accade in persone con diabete e quali sono i rischi di mortalità legati alla ipertensione notturna, rilevando che molti soggetti diabetici si trovano nelle condizioni “non dipping” e “reverse dipping”.

Sono stati dunque messi sotto osservazione 349 pazienti con diabete di tipo 1 e 2, sottoposti a monitoraggio ambulatoriale della pressione nelle 24 ore ed è stata analizzata la loro sopravvivenza 21 anni dopo. La maggior parte di loro soffriva di diabete mellito di tipo 2 (81%) e di ipertensione (82%).

L’indagine ha individuato nel campione il 52% di soggetti con pressione arteriosa non dipping (in cui, cioè, la pressione non cala oppure non scende adeguatamente durante la notte); inoltre, il 20% di loro erano reverse dipper (la pressione si alza durante la notte al di sopra dei livelli diurni).

I ricercatori hanno rilevato che i reverse dipper, la categoria più a rischio, erano “più frequentemente trattati per ipertensione, mostravano un rimodellamento cardiaco di tipo concentrico -che è un segno di danno cardiaco mediato dall’ipertensione- e soffrivano più spesso di neuropatia autonomica cardiaca”, una complicanza del diabete “che causa una compromissione del controllo del sistema cardiovascolare, compresa l’alterata regolazione della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, ed è riconosciuta come un fattore di rischio indipendente per mortalità ed eventi cardiovascolari nel diabete”.

Chi soffre di ipertensione notturna va incontro a un rischio di morte più che doppio rispetto a chi ha un adeguato abbassamento della pressione durante la notte.

Gli autori dello studio osservano che precedenti ricerche hanno già mostrato una associazione tra reverse dipping (ipertensione notturna) e patologie cardiovascolari e renali.

Ora da questo studio sul lungo periodo emerge che il  rischio di morte per coloro che soffrono di ipertensione notturna (reverse dipper) risulta più che doppio rispetto ai dipper (quelli in cui la pressione si abbassa adeguatamente nella notte) e 1.9 volte più alto rispetto ai non dipper. Per i soggetti reverse dipper si registra una riduzione media della sopravvivenza, rispetto ai dipper, di 2,5 anni.

Inoltre, i pazienti con ipertensione notturna isolata (cioè con valori di pressione arteriosa elevati solo durante la notte) mostrano una riduzione della sopravvivenza simile a quella dei pazienti con ipertensione presente durante le 24 ore, e sono caratterizzati da una riduzione media di 1.2 anni di vita.

La presentazione dello studio sintetizza quindi così i risultati della ricerca: “Un paziente diabetico su 10 è un reverse dipper e questa condizione raddoppia il rischio di morte per qualsiasi causa a 21 anni, indipendentemente dal controllo della pressione arteriosa”.

Che cosa si può fare per contrastare e prevenire il problema?

Innanzitutto, raccomandano i ricercatori, è “fondamentale che i medici di medicina generale e i diabetologi utilizzino il monitoraggio pressorio delle 24 ore per evidenziare un alterato controllo pressorio notturno, che non sarebbe altrimenti evidente durante le normali visite ambulatoriali, al fine di ottimizzare il trattamento e la gestione dei pazienti con diabete”.

In secondo luogo, “ci sono alcune strategie per ridurre la pressione arteriosa di notte, fra cui la somministrazione serale di farmaci anti-ipertensivi (la più efficace e comprovata). Inoltre, una nuova classe di farmaci ipoglicemizzanti, gli Sglt2-inibitori, sembrano ridurre l’eccessiva attivazione del sistema nervoso simpatico, un possibile meccanismo di reverse dipping”.

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