Qual è la dieta ideale per il diabete? È una domanda decisiva che ci si pone da sempre, data l’importanza fondamentale della corretta alimentazione nella gestione della patologia, e che è stata tra i temi principali del recente 81° Congresso annuale dell’autorevole American diabetes association (Ada), che la Sid ha seguito da vicino con i propri esperti. La prima risposta che emerge dalle analisi sul tema è che la dieta deve essere personalizzata, modulata secondo le specifiche caratteristiche del paziente: il suo tipo di diabete, il suo stato clinico-medico, ma anche le sue condizioni economico-sociali.

La dieta ideale per il diabete deve essere personalizzata, modulata secondo le caratteristiche specifiche del paziente, tenendo conto sia del suo tipo di diabete, sia del suo stato di compenso glicometabolico, sia delle sue condizioni economico-sociali e culturali. Il tema analizzato durante il Congresso dell’Ada 2021.

La professoressa Olga Vaccaro, endocrinologa presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II (e Uoc di diabetologia dell’Azienda ospedaliera), ha seguito le sessioni del congresso americano sugli aspetti dietetici per la terapia e la prevenzione del diabete e il suo commento è stato messo a disposizione della stampa dalla Sid. Ne riportiamo qui le principali riflessioni.

Innanzitutto, viene ribadita “l’assoluta necessità della personalizzazione della dieta (che deve tenere conto anche delle diverse culture e condizioni socio-economiche), accanto all’implementazione degli aspetti educazionali, anche con il supporto di tecnologie digitali”.

Si è anche sottolineato che l’intervento precoce e accurato sugli stili di vita, e in particolare proprio sull’alimentazione, dei soggetti a rischio è in grado di prevenire circa il 50% di nuovi casi di diabete di tipo 2.

Le percentuali accettabili di carboidrati

Il commento della professoressa Vaccaro sottolinea come nel tempo tante proibizioni siano cadute e ci si sia progressivamente orientati verso una “liberalizzazione della dieta per renderla più simile a quella delle persone non diabetiche”.

“A fine anni 70 -ricorda la relazione- emerge il concetto che gli effetti metabolici dei carboidrati variano a seconda dell’alimento che li contiene (per esempio, contenuto di fibre, struttura fisica eccetera). Si riconosce anche il ruolo negativo dei grassi della dieta -particolarmente quelli di origine animale – sul profilo lipidico, e si propone dunque di aumentare la quota di carboidrati per ridurre la quota di grassi. Oggi sono considerate accettabili percentuali di carboidrati dal 45 al 65% della quota calorica”.

Più attenzione agli alimenti che ai nutrienti

“Un approccio nutrizionale più moderno è centrato sugli alimenti, piuttosto che sui nutrienti, poiché si è compreso che gli effetti metabolici di un alimento non sono solo spiegati dalla somma dei nutrienti che lo compongono, ma sono anche modulati dalla matrice in cui questi nutrienti sono contenuti. Anche combinare tra loro diversi alimenti contribuisce a modulare gli effetti metabolici: per questo oggi si dà molta importanza al ‘modello’ alimentare nel suo complesso”.

I pregi della dieta mediterranea

In termini generali, l’obiettivo di una dieta ideale per il diabete è raggiungibile seguendo un modello di riferimento che continua a essere più valido degli altri: la dieta mediterranea, basata prevalentemente su alimenti di origine vegetale, non processati, e sull’olio di oliva.

Infatti, anche alla luce delle discussioni del congresso americano, quello mediterraneo “si conferma il modello alimentare più salutare sia per il trattamento del diabete sia per la prevenzione delle malattie cardiovascolari ed è vincente, peraltro, anche dal punto di vista della sostenibilità economica e ambientale”.

Nutrizione personalizzata

“Sulla base delle conoscenze attuali, la terapia nutrizionale del diabete deve rappresentare un approccio globale alla salute della persona (per esempio, trattamento del diabete, ma anche prevenzione delle malattie cardiovascolari e di altre patologie croniche degenerative) e deve essere anche economicamente accessibile per le persone ed ecologicamente sostenibile”.

“Così come la risposta ai farmaci -prosegue la relazione- anche la risposta alla dieta è determinata da fattori individuali (antropometria, assetto ormonale, patrimonio genetico, microbiota intestinale, eccetera); una stessa dieta non ha gli stessi effetti su tutte le persone”.

Infatti, “diversi studi hanno evidenziato che le persone esposte allo stesso alimento hanno una risposta metabolica diversa (per esempio, livelli post-prandiali di glucosio, lipidi, insulina eccetera) e addirittura la stessa persona, esposta a uno stesso pasto in occasioni diverse, presenta risposte metaboliche differenti”. Si parla quindi sempre più di “nutrizione personalizzata”.

La ricerca sui fattori genetici

La ricerca si sta impegnando su questo fronte per una definizione e profilazione precisa del cosiddetto metabotipo, che tenga conto con precisione di tutti gli elementi in gioco per una nutrizione personalizzata sempre più accurata, compresi i fattori genetici.

A quanto risulta allo stato attuale, “è possibile effettuarla, per esempio, nel trattamento delle malattie congenite del metabolismo, dovute a difetti genetici noti che interessano generalmente un solo gene. Tuttavia, la grande variabilità della risposta metabolica agli alimenti è controllata da fattori genetici che coinvolgono una molteplicità di geni, non tutti noti, ed è anche potentemente modulata da stile di vita e altre esposizioni ambientali. Al momento le conoscenze sui determinanti di questa grande variabilità biologica non sono sufficienti per permettere una identificazione precisa dei diversi ‘metabotipi’ e un’applicazione clinica su larga scala. Le metodologie di studio a nostra disposizione sono ancora inadeguate e occorre sviluppare metodi più precisi per misurare gli introiti e gli effetti”.

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